Lo scorso 9 aprile, è stato presentato a Roma, rispettivamente nella sede di Radio 3 durante la diretta delle 15.00 del programma Fahrenheit condotto da Marino Sinibaldi, e nella sede di La7 nel corso dell’approfondimento del Tg delle 20:00, l’ultima fatica della trilogia della giovane firma di Repubblica, Concetto Vecchio.
Concetto Vecchio, 38 anni, è giornalista alla redazione politica de “la Repubblica”. Vive a Roma. E’ autore di Vietato Obbedire sul ’68 alla facoltà di sociologia di Trento e Ali di Piombo sul movimento del 1977 e il delitto Casalegno. Ha vinto i premi Capalbio e Pannunzio.
Qui a compimento di un percorso ci propone un reportage amaro, vivido, pieno di voci e storie, che fotografa il Paese reale.
Un’inchiesta che parte da Roma, dove il giornalista vive e lavora, e da dove inizia ad avere i primi contatti ed i primi slanci per iniziare il suo viaggio, un tour fisico ed ideologico che lo porta a viaggiare in tutta Italia.
Il testo ci rimanda ad un paese, unico in Europa, in cui i trentenni ritornano a casa dai genitori. A Roma l’unico rimborso per i praticanti avvocati è la benzina per lo scooter. Al sud dopo la laurea si studia per fare concorsi. I ricercatori, nessuno dei quali figlio di papà, gettano la spugna e se ne vanno. Uomini e donne, di buona istruzione e aspetto gradevole, usano la chat come unico mezzo per ovviare alla solitudine e ad un sicuro destino da single.
Concetto Vecchio, firma di uno dei più autorevoli quotidiani nazionali, anch’egli meridionale di Catania emigrato al nord, nel 2008 partendo da Roma, ha compiuto un viaggio lungo un anno da Nord a Sud, durante l’anno che ha preceduto quello in corso, quello precrisi.
Vecchio, viaggiando in treni pieni di giovani studenti e pendolari, ha raggiunto città come Verona, Milano passando per Roma e la sua Catania, confrontandosi con nuove leve che non riescono ad imporsi come classe dirigente, anche perché quella che c’è ora, nonostante sia attempata, non ha la minima intenzione di farsi indietro.
Di qui la cronaca, Giovani e belli, ricca di voci e storie.
Il suo merito è senza dubbio quello di essere riuscito a carpire tante confidenze, anche molto personali, ai suoi intervistati. Interviste ben comprensibili e strutturate ma al tempo stesso personali e raffinate alle trentenni single, a giovani uomini in carriera che preferiscono saltare del tutto la fase corteggiamento ed abbonarsi a siti dove poter conoscere qualche signorina senza tanti convenevoli; si reca alla Bocconi di Milano dove gli studenti si fanno accompagnare dai genitori per il primo giorno di lezione, intervista giovani avvocati pagati 350 euro al mese, e giornaliste che dopo 10 ore in redazione percepiscono uno stipendio di 500 euro.
Sembra quasi che l’amarezza e la rinuncia di questi giovani, si dissolva solo espatriando, ritirando fuori da una scatola i propri sogni solo aldilà dei confini del nostro paese.
Ecco cosa mi dice Concetto Vecchio, con il quale ho avuto il piacere di collaborare, e del cui libro ho avuto l’onore di essere uno dei personaggi, sottoposto ad alcune mie domande:
Si è molto parlato dei giovani italiani laureati, delle difficoltà di trovare lavoro e una volta trovato di arrivare a fine mese. Quale era il suo intento quando ha deciso di scrivere questo libro?
Il mio intento, era quello di rendere il quadro di un paese che amo, ma che non ho mai visto così sfiduciato. Non volevo produrre l’ennesimo saggio sociologico sulla “generazione mille euro”, ma un’inchiesta sul campo e chiudere la mia ideale trilogia, dopo aver preso in esame i giovani del Sessantotto e quelli del Settantasette, avevo voglia di mettermi a confronto con l’attualità dei miei quasi coetanei.
Così ho deciso, di girare prima per Roma a bordo del mio motorino, per incontrare le tante realtà a me più vicine, per poi iniziare un viaggio che mi ha portato in su è in giù per l’Italia.
Come si è approcciato a questi giovani?
Ho cercato di entrare nel loro vissuto disegnando una serie di personaggi che pur intriganti e spassosi risultassero persone concrete, con i loro sogni (pochi, sono crollate le ideologie) e le loro (tante) frustrazioni. La cosa più difficile non è stato convincere tutti loro a confidarsi, anche se di questo ringrazio tutti di cuore, bensì evitare che fossero resi riconoscibili, poiché una qualsiasi forma di identificazione avrebbe potuto metterli in difficoltà e creare loro qualche danno, anche se tutto ciò non collima propriamente con ciò che richiede la tecnica giornalistica, cioè precisione e dati certi.
C’è qualcosa, qualche esperienza con cui, essendo di poco più grande, si è rispecchiato o con cui si è trovato particolarmente d’accordo?
Nell’inseguimento del sogno e nella convinzione che il nostro paese, tra tutto manchi di meritocrazia. Sono nato e cresciuto a Catania, nel profondo sud, con un padre vigile urbano e una madre casalinga. Quando alla fine delle scuole superiori dissi a mio padre che volevo andare al nord a fare il giornalista lui mi rispose: “Sei un presuntoso”. Ma sogno o presunzione che fosse stata, era la mia vocazione e l’ho inseguita come i giovani da me incontrati, di una generazione circa più giovani di me, vanno all’estero per inseguire la loro. Sono anche fermamente convinto, e ne do segno in alcuni capitoli del libro che in Italia ci sia una totale mancanza di meritocrazia, e che in alcuni settori si vada avanti solo perché si è giovani e belli… per scoprire dove e perché vi lascio alla lettura del libro.
“Giovani e belli” di Concetto Vecchio
Editore Chiarelettere
Collana: Principio Attivo
Pagine 193 – 14 euro
In libreria dal 9 aprile