Gli eroi si baciano, l’ultimo romanzo di Filippo Nicosia (Mondadori) è un’intensa favola metropolitana, dove la narrazione si insinua nelle crepe della contemporaneità, lasciando trasparire il bagliore della speranza.
In una Roma sempre in moto, dove gli autobus sembrano zucche metalliche, i personaggi si muovono frenetici, avidi di vita, come se temessero lo scoccare di una mezzanotte esistenziale, dopo la quale niente sarà più uguale a prima. Dai Parioli a San Lorenzo, dal Lungotevere al Luneur, Jérôme, Cecilia, Bernardo, Nina e Antonio, assieme ad altri amici, si aggirano in preda a “frustrazioni e desideri”, tra un lavoro in banca e un vernissage, un photoshooting e una rissa che finisce al Pronto Soccorso.
Con penna stringata e tagliente, Nicosia mette in scena la generazione degli anni zero, – cinica ma capace di camminare “come un poeta” -, consapevole che compito dello scrittore è fermarsi “a un centimetro dal baratro, a osservare il vuoto lasciato dal salto di qualcun altro”.
Filippo Nicosia, che cosa accomuna i suoi personaggi?
FN: La giovinezza e Roma, nonostante tutto sembrano dividerli, alla fine l’età e il luogo che abitano fanno in modo che in circostanze più o meno pericolose, queste persone si incontrino.
Forse in fondo condividono la frase di Hannah Arendt citata da uno di loro, secondo la quale “quando pensiamo siamo soli” ?
FN: Sì, è così. Banalizzando un altro grande filosofo si può dire che il pensiero è il segno irriducibile dell’esistenza: per il solo fatto di pensare esistiamo ed esistiamo da soli. Non è la relazione con l’altro a farci esistere.
Perché ha deciso di ambientare il suo romanzo tra due eventi tragici, un agguato fascista del 2005 e l’attentato al Bataclan del 2015?
FN: Non ci avevo pensato. Sono due fatti, uno privato, l’altro di portata collettiva. Sono terrorizzato dalla violenza e in ogni mio romanzo cerco di metterla in scena per disinnescarla. La tragedia, il susseguirsi di tragedie cui siamo quotidianamente sottoposti ci rende insicuri, spaventati e invece di empatizzare con le vittime, ci fa costruire ancora più muri e barriere di protezione, ci isola. Nelle tragedie che metto in scena succede il contrario, le persone ritrovano la loro umanità.
Dal centro alla periferia, Roma sfreccia frenetica accanto alle vicende dei protagonisti. Che ruolo ha la città?
FN: Roma ha un ruolo centrale, non tanto perché – come a volte si dice – è uno dei protagonisti del romanzo, ma perché è una città che non si lascia cogliere. È un grande incubatore di storie, di vite con il loro carico di casualità e disordine. Ho provato a riprodurre questa sovrapproduzione di vita senza per forza darle un senso.
Vincenzo, di professione editore, a un certo punto riflette su “cosa spinge migliaia di persone a voler lasciare un segno sulla carta”. Lei da scrittore se l’è mai chiesto?
FN: Sì, me lo chiedo tutti i giorni. Scrivo per dare forma alle domande a cui non so rispondere.
Un’ultima domanda: perché il titolo “Gli eroi si baciano”?
FN: Il titolo è riferito a una canzone di Bowie, “Heroes”. Bowie canta che si può essere eroi anche solo per un giorno e io credo che abbia ragione, anche la vita più ordinaria, infatti, ha un potenziale straordinario e basta un piccolo gesto, un incontro fortuito, un pensiero obliquo a farne qualcosa che valga la pena di essere vissuta.
Gli eroi si baciano
di Filippo Nicosia
Mondadori Libri
Filippo Nicosia è nato a Messina nel 1983. É scrittore e autore televisivo.
Nel 2013 ha fondato la libreria itinerante “Pianissimo” (premio Gutenberg 2014, premio Fiesole 2015) e nello stesso anno ha pubblicato il reportage Pianissimo libri sulla strada – a 20 km orari per amore della lettura (Terre di Mezzo Editore).
Ha esordito nella narrativa nel 2017 con Un’invincibile estate (Giunti), selezionato al premio Città di Cuneo per il primo romanzo e finalista al premio Zocca Giovani. Nel 2020 è uscito per Mondadori Come un animale. È cofondatore della libreria Malaparte a Firenze.