“Accenni a Roma, e, immediatamente, l’attenzione si sposta dalla natura morta dell’architettura alla natura vivissima dell’antropologia romana”, scrive Angelo Mellone nell’introduzione del suo ultimo godibilissimo libro Romani, edito da Marsilio.
In effetti, come spiega l’autore, se si può parlare di Parigi o di Londra tralasciando gli abitanti, è impossibile parlare di Roma senza parlare dei romani. Ma esistono ancora?
La romanità è ormai un brand che fa scorrere le immagini dei fasti imperiali, di Vacanze romane, di uno stile di vita di ieri che sopravvive ancora oggi. Hollywood e Cinecittà, ma anche fiction tv e Youtube. La forte mediatizzazione, prosegue Mellone – professore di Comunicazione politica presso la Luiss di Roma – ha trasformato la romanità in romanismo, una dimensione iperreale in cui si collocano luoghi comuni, stereotipi e idealtipi. Alcuni di questi? Mario il Legionario, il Cesarone, il Neo-Coatto e il Tifoso Assatanato.
Iperreali? Sì, ma per le vie di Roma le loro controfigure “vivono e sparlano in mezzo a noi…”
Professor Mellone, dopo vent’anni a Roma, lei, tarantino di nascita, pubblica il libro “Romani. Guida immaginaria agli abitanti della Capitale“. Citando le sue parole: “La romanità esiste, sì, lo si scrive e lo si teorizza. E’ un’attribuzione sfuggente, indefinita…”
Nell’impero attuale, quello della globalizzazione, lo “spirito romano” ha ancora cittadinanza? E, vien da dire, come si manifesta?
Lo spirito romano, si può dire, vive e lotta in mezzo a noi che abitiamo a Roma. È la nuova romanità, quella che circola su Youtube e fa milioni di contatti, quella che deborda con i comici e i film di cassetta, quella che va in prima serata. Una romanità più facile, che ha già trasformato il dialetto in uno slang facilmente assimilabile, e che rende gustoso e tutto sommato molto agevole diventare romano per chi non lo è dalla nascita. Io l’ho fatto, ho sommato identità meridionale a identità neoromana, e devo dire che le due convivono alla perfezione, contando che considero Roma una città meridionale, la più bella e grande città del Sud.
Gli abitanti della Capitale sono stati i protagonisti dei capolavori di letterati e registi, da Gogol’ a Pasolini, da De Sica ad Allen, in una lista infinita di opere. Negli ultimi anni, lo stereotipo del romano fanfarone, in fondo buono, sempre un po’ cinico, è stato, come dice lei, ulteriormente mediatizzato, “cesaronizzato“, spesso proposto come il “neo-coatto“. Perché alla fine piace sempre così tanto?
Per la stessa ragione per cui si dice che Alberto Sordi rappresentasse l’italiano medio. Il romano ancora oggi è la raffigurazione di un tipo antropologico che fa somma di vizi e virtù dell’italiano, a cui aggiunge una cinica propensione alla battuta, e ciò lo rende un animale sociale perfettamente mediatico.
Roma stessa, per un certo turismo, ha subito, come lei sottolinea, un processo di “disneyzzazione“, fatto di finti legionari, finti stornellatori, finto cibo romano. Pensa che l’immaginario abbia più presa della storia?
Non esiste immaginario senza storia. E, senza saperlo, anche i contraffattori dell’identità romana tradizionale spingono – magari con una fiction o un film “sporco” per gli storiografi – a tornare al passato glorioso di Roma, repubblicana e imperiale. Va bene i Cesaroni, ma senza dimenticare i Cesari, insomma…
A proposito di “tipi immaginari“, come non citare, usando una sua espressione, “il tifoso assatanato“. Se è romanista “l’aquila è un corvo spennacchiato“, se è laziale “la lupa è una cagnetta spelacchiata“. Anche se per chi vive a Roma, questo tipo è più reale che mai, come dire, “è vivo e sparla in mezzo a noi“…
Non può fare questa domanda a un tifoso della prima squadra della Capitale, ovvero la SS LAZIO Millenovecento. Ho già fatto grande sforzo in quel capitolo per essere il più obiettivo possibile, e purtroppo penso di esserci riuscito.
Romani. Guida immaginaria agli abitanti della Capitale
di Angelo Mellone
Marsilio Editori