Al tavolo della vita il menù non si può quasi mai scegliere. Ad alcuni tocca Pane e strada, come nel romanzo d’esordio di Manuela Rosa, edito da Zona. E allora, come per Ilaria, la protagonista, i primi ricordi sono una casa inondata da un sole giallo ocra e intenso. Poi la vita, con la sua trama imprevedibile, si trasforma in un sogno in bianco e nero, dai tratti duri ma realisti.
Manuela Rosa, giornalista e musicista, scruta una periferia romana grigia e a volte disumanizzante, attraverso lo sguardo di Ilaria, una ragazza con la lotta nel sangue, “nata prematura, disidratata, ma con gli occhi già aperti”.
Rimane invece sempre al centro, l’autrice, del mondo interiore dei personaggi, intenso e sofferto. Realtà personale in cui si rispecchia un’intera generazione: “Ci era stato promesso il sogno del successo e della carriera, e invece lavoriamo con contratti a tempo determinato e part-time e viviamo con seicento euro al mese. Ma quel sogno c’è entrato nel cuore, ci hanno detto che nessuna meta è lontana, basta volerlo …”
Nascono, le parole di Manuela Rosa nelle pagine di Pane e strada, come fili d’erba tra le crepe dei marciapiedi, con ostinata poesia, perché “per strada non ti puoi perdere, poi se ti perdi dentro ti ritrovi in un libro o in un sogno nel cassetto”.
Manuela, il suo libro è un boccone a volte difficile da digerire. La protagonista, Ilaria, ne dà subito un assaggio, quando della propria infanzia ricorda: “Ero la più piccola della comitiva di via dei Platani, una comitiva di ragazzini violenti e io divenni la loro sorellina da educare alla strada. Per forgiarmi mi accoltellavano i palloni, infilzavano i miei giocattoli nelle punte dei cancelli, mi prendevano a botte se non portavo avanti le loro commissioni”.
Una realtà non peggiore di quella che Ilaria vive a casa. Ci sono degli elementi autobiografici? E perché ha deciso di non risparmiare niente al lettore?
Letteratura è conoscenza, conoscere significa capire la realtà e il mondo prima che ci colga alla sprovvista. Il pane nutre e cresce ma anche la strada. Io voglio insegnare al mio lettore a scendere in strada conoscendo la strada. Mi chiamo Manuela Rosa ma il mio nome completo è Manuela Ilaria Pamela Rosa, e ho dato Il nome Ilaria alla protagonista di Pane e strada perché è uno dei miei alter ego.
Degli anni Novanta lei scrive: “Multiculturale: al solo suono di questa parola a Sociologia ci sentivamo vibrare, erano tempi non sospetti, giorni in cui si poteva fare, si poteva realizzare in questa grande metropoli come Roma.” Poi però continua: “Roma ormai è invivibile, siamo in molti a pensarlo. E’ una città da imbottire di gocce contro l’ansia”.
Come ha visto cambiare la sua città negli ultimi anni?
Non credo ci sia una incoerenza fra i due concetti, quando parlo di innaffiare Roma di paroxetina contro il panico mi riferisco allo smog, il traffico, e alle spinte in metropolitane affollate. Quando penso alla multiculturalita’ di cui si parlava in Facoltà a Sociologia intendo dire lo stare insieme agli immigrati e non soltanto per chiedergli magari il fumo in un centro sociale, ma anche per esempio invitandoli ad andare a mangiare una pizza insieme.
Pane e strada non è solo la storia di una ragazza, ma di un’intera generazione nata, come lei, intorno agli anni ’80: “Alla nostra generazione era stato promesso il sogno del successo e della carriera, e invece lavoriamo con contratti a tempo determinato e part-time e viviamo con seicento euro al mese”. “Ma quel sogno c’è entrato nel cuore, ci hanno detto che nessuna meta è lontana, basta volerlo”.
Che ne è di quel sogno?
Mi viene da rispondere sveglia! Quel sogno oggi si chiama Spraed come minaccia per avere in tutta l’Europa governi tecnici fatti da bancari mancati. E oggi ci accontentiamo di lavorare in call centers ma non tralasciamo di comprarci macchine e cellulari …
Di due momenti distanti della sua vita Ilaria racconta: “La casa del sole io me la ricordo. Avevo diciott’anni, i pomeriggi d’inverno li passavo in camera mia a dipingere. Il sole era intenso e caldo, m’inondava di giallo ocra ed era un sentire meraviglioso.” (…) “Il sole non è più giallo, qui è bianco e io una casa non ce l’ho, la sto ancora cercando …”
Come ci si fa strada in un mondo dove le coordinate sono completamente cambiate?
Le coordinate sono cambiate e forse anche quelle del Sole, ma i giovani adolescenti del duemila lo sanno molto bene, leggono soprattutto riviste sull’ambiente e obbligano le madri a fare la raccolta differenziata e quando guardano il sole lo fanno, per questa ragione, con molta speranza!
“L’esperienza non è eccesso, ma conoscenza e non tutto quello che impari sulla tua pelle ti dà significato. Le esperienze estreme ti fanno entrare in un tunnel e nel tunnel non c’è mai la luce, ma il buio, bisogna camminare molto e imparare a tornare sui propri passi prima di rivedere la luce e potersi sentire non una persona diversa, ma migliore.”
Pensa che nella vita certe difficoltà particolarmente aspre si trasformino in una zavorra o in un’arma in più?
Carina a farmi questa domanda, mi fa venire voglia di riflettere su cose che ancora non ho capito o forse che ancora non ho assimilato nella vita, ma ora penso che in realtà non sia né l’una ne l’altra, solo penso che sia la realtà, la dura realtà. Ha significato se ti fa diventare una persona migliore ma non diversa.
Pane e strada
di Manuela Rosa
Casa Editrice Zona