E’ davvero una storia nera, quella che racconta Antonella Lattanzi nel suo ultimo libro edito da Mondadori. Nerissima sin dalla festa di compleanno della piccola Mara, in un casermone di via Prenestina, quartiere della periferia romana, la sera del 6 agosto 2012.
Vito e Carla hanno divorziato, hanno entrambi un’altra relazione, e si ritrovano assieme ai due figli maggiori Nicola e Rosa attorno a una torta. L’aria è irrespirabile, e non solo a causa dell’afa che soffoca la città. Mara ha chiesto che ci fosse anche il papà, ma Vito non è solo un padre, ma anche un ex-marito violento, e invitarlo vuol dire pericolo. La festicciola si svolge sul filo del rasoio: solo quando sarà finita Carla sarà salva, perché “papà spacca tutto, anche la mamma”.
E invece, il giorno seguente, a sparire nel nulla è Vito. In un clima di violenza domestica che sembra non possa che concludersi con un femminicidio, Lattanzi toglie il tappeto sotto i piedi del lettore. La narrazione viene interrotta, e il treno dei pensieri torna alla stazione di partenza dove tutto è cominciato, tanti anni prima.
Vito e Carla si sono conosciuti quando lui aveva quindici anni e lei dieci, appena una bambina. E non si sono più lasciati. Se ne sono andati dalla loro Puglia, si sono trasferiti a Roma, si sono sposati. Vito è diventato un marcantonio di cento chili alto due metri, un orco che anche dopo il divorzio dice: “Mia moglie è mia finché morte non ci separi.” A niente sono servite le segnalazioni alla polizia, perché le botte, le urla e le minacce sono continuate. E lui l’ha promesso: “Giuro che ti ammazzo Carla, ti sgozzo come un porco, e ammazzo pure i nostri figli.”
Ma Vito i suoi tre figli non li ha mai toccati. E’ scomparso, inghiottito da una notte d’agosto, in una Roma dove l’aria bollente si mischiava alla polvere. Di lui non c’è traccia, ma la sua assenza ne rievoca la memoria, di continuo, smussando gli angoli dei ricordi più spigolosi. Carla pensa: “Chi mi protegge, ora? E Vito le mancava, le veniva in mente solo il Vito buono”. Nicola e Rosa sentono il vuoto di “un’infanzia argentea e bellissima, un paradiso d’amore e sicurezza da cui le botte, le urla e le minacce erano state cancellate e nessuno ricordava nemmeno che fossero esistite.”
E’ difficile provare empatia per i componenti di questa famiglia, per questa “piccola donna incapace di qualunque cosa, di badare ai figli, di contraddire davvero suo marito, di ribellarsi alle botte”. Ma l’autrice, con grande abilità, chiede al lettore di andare oltre il sentimento istintivo ripercorrendo con lui le dinamiche della dipendenza. I personaggi vengono visti da angolazioni nuove, la storia riletta con una sensibilità diversa. Per la scomparsa di Vito, si apre un processo con grande eco mediatica che ribalterà i ruoli di vittima e carnefice sotto interrogatori pressanti, prove inaspettate.
Antonella Lattanzi mette in scena un gioco delle parti dal ritmo incalzante, dove le singole voci dei personaggi si uniscono al coro della verità. Il racconto si tinge di nero, di giallo, e lascia in bocca il sapore agrodolce dei ricordi. Una Roma decadente, dove attorno ai volantini con la foto di Vito volteggiano gabbiani sempre più grandi, fa da sfondo a una vicenda che inquieta e appassiona fino all’ultima pagina, e da cui verrà tratto un film di cui l’autrice sarà co-sceneggiatrice.
Una storia nera
di Antonella Lattanzi
Edizioni Mondadori
Antonella Lattanzi è nata a Bari nel 1979 ma vive a Roma. Devozione e Prima che tu mi tradisca sono i suoi precedenti romanzi, pubblicati da Einaudi Stile Libero. Scrive su Tuttolibri e Il Venerdì di Repubblica. Per il cinema ha scritto le sceneggiature di Fiore di Claudio Giovannesi (nella Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2016) e di 2night di Ivan Silvestrini, in concorso alla Festa del Cinema di Roma nel 2016.