La carriera giornalistica di Marco Paraldi è finita dopo una scazzottata col ministro dell’Interno.
Gli si era proprio accesa la miccia in quell’occasione, quando il politico aveva tirato in ballo sua madre. Così, dopo aver fatto il cronista per trent’anni, ora Paraldi è l’oste dell’enoteca Mezzolitro, dietro Campo de’ Fiori. Certe micce però, si riaccendono, e quando un amico sacerdote gli parla di un bambino scomparso da un campo rom della Magliana, l’istinto del cronista arde di nuovo.
La ricerca attraversa tutta Roma e costituisce l’impianto narrativo di La paura ti trova, esordio narrativo di Fabrizio Roncone edito da Rizzoli. Dagli attici del centro storico alle spiagge di Capocotta, dalle palestre vip dei Parioli ai casermoni del Tuscolano, la capitale appare appiattita sui propri molti vizi e le ormai poche virtù. Lontana dai picchi criminali della Banda della Magliana e scesa dalle terrazze del divertimento forzato tipo “La grande bellezza”, è ora una “città orizzontale”.
Si riconosce la penna di Roncone in questi scatti crudi e veri. L’incisività dell’inviato del Corriere che ha cominciato come cronista di nera sulle pagine di Paese Sera. E’ sua la passione un po’ disincantata con cui Marco Paraldi si aggira per la città: “Faccio l’oste. Facevo il cronista. Hai presente quando pensi di aver cambiato vita? Be’, noi non decidiamo niente. Decide il destino. Nelle storie d’amore. E anche quelle di morte.”
Fabrizio Roncone, nei suoi trent’anni di carriera da giornalista ha sempre detto di non voler scrivere romanzi. Cosa le ha fatto cambiare idea?
FR: E’ colpa di un editor della Rizzoli: mi chiese di scrivere un saggio di politica. Gli dissi che i saggi mi annoiano: e che quindi era escluso ne scrivessi uno. Rimase vagamente seccato. “Perciò lei non scriverà mai un libro in vita sua?”. Eventualmente, risposi, un giallo.
Marco Paraldi, il protagonista, fa l’oste ma ha alle spalle una carriera trentennale da cronista. Irascibile, romantico, con un incontenibile senso della giustizia. Qualcosa in comune tra voi due?
FR: Qualcosa, può darsi. Certo l’idea di aprire una vineria quando questa avventura del giornalismo sarà finita, non mi dispiace.
Perché la Roma del suo romanzo è “città orizzontale”?
FR: Perché è la Roma di oggi, quella che attraversiamo tutti i giorni. Per anni, Roma ha avuto due chiavi di narrazione. La Roma raccontata in Romanzo Criminale – prima nel libro e poi al cinema e nella serie tv – una città dove imperversava la Banda della Magliana: però quella Roma è una città vecchia di quarant’anni, che non esiste più. La Banda della Magliana nasce a metà degli anni Settanta da una batteria di giovanissimi criminali di Testaccio, ma già a metà degli anni Ottanta non c’è più, ormai estinta omicidio dopo omicidio. Insomma: se oggi entri in un bar, non trovi di certo Libanese o il Freddo. Poi c’è stata un’altra Roma, che ha scatenato molte suggestioni: quella raccontata al cinema da quel fuoriclasse di Paolo Sorrentino nel film “La grande bellezza”. Ma anche quella Roma lì, una Roma di feste decadenti, con suore finte e nani, non esiste più. E’ la Roma di vent’anni fa, quella che fece da palcoscenico alla fine della Prima Repubblica. La Roma d’oggi è invece una città orizzontale, senza alto né basso, dove il male e il bene si incontrano e sovrappongono in una piccola quotidianità faticosa e miserabile.
I suoi sono personaggi descritti a tratti energici, caratterizzanti. Quali autori l’hanno maggiormente influenzata?
FR: E’ possibile che aver letto e riletto i libri di Chandler ed Hemingway, e l’aspettare con ansia l’uscita dell’ultimo Dan Winslow, qualche traccia me l’abbia lasciata.
Quando “la paura ti trova”, cosa succede?
FR: Trascorriamo la nostra esistenza a cercare di sottrarci alla paura: ma poi arriva. Sempre. L’unica cosa che possiamo fare, allora, è provare a dominarla.
La paura ti trova
di Fabrizio Roncone
Ed. Rizzoli