Due ragazzi, uno italiano, Giuseppe, e l’altro senegalese, Malik, si conoscono durante una giornata d’estate in un paese della costa calabrese. I loro mondi apparentemente distanti si incrociano, ed è in quel territorio, tra l’ieri e il domani, il sogno e la paura, che è ambientato L’incontro, scritto da Erminio Amelio e pubblicato da Pellegrini Editore.
Il romanzo è il punto d’incontro tra la storia personale e quella con la “esse maiuscola”, un percorso reso possibile anche grazie all’età dei due protagonisti, ancora liberi da pregiudizi e condizionamenti. Ieri le lettere amare del nonno di Giuseppe, emigrante in Argentina. Oggi i racconti di Malik sul suo tragico viaggio della speranza a bordo di un gommone. Un passato che si ripete nel presente, con lo stesso dolore, la stessa disperazione.
“Siamo ritornati indietro o non siamo mai andati avanti?”, chiede l’autore, spiegando che senza muri gli orizzonti sono più ampi.
Erminio Amelio, sostituto procuratore a Roma, dopo i saggi IH 870 – Il volo spezzato (Editori Riuniti, 2005) e L’omicidio di Nicola Calipari (Rubbettino editore, 2012), firma il suo primo romanzo, un’opera di denuncia e di impegno civile. EZ Rome, in occasione della prima giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita il 3 ottobre per ricordare la strage di Lampedusa di tre anni fa dove morirono 386 persone, intervista l’autore, che però avverte: “Basta con la falsità del minuto di silenzio ogni volta che muoiono i migranti, forse è meglio urlare forte tutto lo sdegno che si sente dentro.”
Procuratore Amelio, dopo i suoi due saggi su Ustica e l’omicidio Calipari, L’incontro è il suo primo romanzo. Cosa l’ha spinta verso un nuovo genere di scrittura?
EA: Seppur nel contesto del Saggio, anche i due libri su Ustica e Calipari, in realtà, contengono aspetti di pura narrativa, che è stata molto apprezzata dai lettori per la sua carica emozionale e umana. Avevo però la necessità di esprimermi fuori dai limiti intrinseci della saggistica e di liberare, in modo più profondo, le emozioni, le sensazioni, la rabbia, la delusione che ci assale in fatti di vita quotidiani da noi e da altri vissuti. Ho sentito la necessità di parlare di amore, di amicizia, di solidarietà fra le persone e, soprattutto, fra ragazzi, la parte più vera della società, il nostro futuro. L’Incontro è questo e altro, un vissuto di esperienze personali e non che – con la loro carica umana – rompono e vogliono prepotentemente contrapporsi a quanto di brutto e negativo c’è stato e c’è. Nel romanzo ci sono solo protagonisti buoni e mancano i cattivi. Ciò è stata una precisa scelta perché non c’era bisogno, da punto di vista drammaturgico, di inserire persone cattive perché cattivo è tutto il contesto in cui si vive la storia. E’, quindi, un contrapporsi non fra soggetti, ma fra soggetti e la realtà vissuta come esigenza per cambiarla o, almeno, per provarci. Un confronto fra società “malata” e giovani che a questa realtà si affacciano e la subiscono.
Quello tra i due protagonisti, Malik e Giuseppe, è il confronto tra due migrazioni avvenute in epoche diverse. Che cosa però le rende simili?
EA: Anche se le migrazioni che si rivivono nel delicato e struggente Incontro fra Giuseppe e Malik sono vissute in tempi diversi e lontani fra loro, le similitudini sono tantissime e direi fondamentali: la discriminazione, l’odio per l’altro, la paura per quello che identifichiamo come diverso, la sopraffazione nei confronti dei deboli e così via. Provocatoriamente, ma forse non troppo, ho fatto una similitudine fra i campi di concentramento nazisti e i Centri di Identificazione ed Espulsione: in entrambi le persone erano e sono un numero non dei soggetti ai quali deve essere negata la vita nel senso più pieno e vero del termine. L’unica differenza è il periodo temporale in cui questi “luoghi” sono stati costruiti. Questo, però, fa aumentare l’amarezza e ci fa pensare che non siamo molto migliorati, anzi che siamo tornati indietro verso un passato terribile ed esecrabile. E se così è sicuramente il futuro che ci aspetta non è roseo.
Il suo romanzo parla di nostalgia e di lontananza, ma anche di sogni e di speranze. Quando qualcuno vorrebbe contenere tutto questo innalzando un muro cosa pensa?
EA: Penso tutto il male possibile di queste “iniziative”. Come si fa a spezzare i sogni e le speranze di un essere umano, chiunque esso sia e da ovunque provenga. E’ una cosa assurda. Non a caso uno dei protagonisti del romanzo, Malik, dice “se mandi indietro un uomo e la sua famiglia, se gli vieti di sperare in un futuro migliore, se lo rimandi da dove è scappato per necessità, per paura, se cancelli la speranza, se gli impedisci di sognare non è come ucciderlo?”
Questo è l’interrogativo che ci deve accompagnare e al quale bisogna dare risposta. I muri devono essere abbattuti quando ci sono; bisogna unire non dividere, allargare gli orizzonti non restringerli. Bisogna impedire che ci sia un nuovo sviluppo nella costruzioni di muri, combattere questa specie di “epidemia” che si sta diffondendo. Costruiamo ponti per unire e far camminare la gente alla ricerca del proprio futuro.
L’incontro
di Erminio Amelio
Luigi Pellegrini Editore