Di Roma, città unica anche nel suo essere amata e bistrattata come nessun’altra, colpisce come resti fonte di ispirazione continua. Eterna anche in questo, verrebbe da dire. E’ il caso di Se Roma è fatta a scale di Alessandro Mauro, pubblicato nella piccola ma preziosa collana Scritti Traversi da Exorma, editore tra l’altro anche del Festival della Letteratura di Viaggio che si tiene ogni settembre nella capitale.
Il testo, che in settantasei capitoli illustra poco più dello stesso numero di scalinate, rivela sin dalle prime pagine il proprio spirito non di guida, ma proprio di libro di viaggio dalla voce diaristica. “Delle scale, – scrive l’autore -, “mi piace che congiungono un sopra e un sotto”. E in quella salita, o discesa, al fiatone si accompagna un sospiro di meraviglia oppure di riprovazione. Perché la scala, a differenza del ponte, rivela il paesaggio all’improvviso, cambiando il punto di vista. Dopo i centotrentacinque gradini di Trinità dei Monti ci si gira e la città si apre sotto lo sguardo. Le rampe verso l’Aracoeli e il Campidoglio dividono il sacro dal secolare. Di uno scalino del carcere di Regina Coeli si diceva che “chi nun salisce quello non è romano”. La rampa del monte Aureo dovrebbe portare al Gianicolo ma è impraticabile, sepolta com’è da frane e boscaglia.
Stupore, scoperta e indignazione accompagnano ogni passo, o meglio, scalino, di questi viaggi minimi in “una città che ha col tempo un rapporto senza uguali. Anche questo conta quando insistiamo, sinceri e facinorosi, a considerarla la più bella del mondo.”
Signor Mauro, tra le tante bellezze di Roma, com’è nata la sua passione per le scale della città eterna?
AM: Delle scale mi piace soprattutto la natura di oggetto architettonico che congiunge, e che in particolare mette in comunicazione un sopra e un sotto. E mi affascina il fatto che da sotto non si possa quasi mai sapere cosa c’è sopra. Per saperlo bisogna salire, il che le rende, quasi sempre, dei piccoli misteri urbani, e spesso dei fuoripista rispetto ai percorsi tradizionali.
Questo però presuppone che ci sia una città intorno: considero le città, in generale, luoghi di grande interesse, dove gli spazi raccontano il tempo, e la vita degli uomini. Roma, che è la mia, da questo punto di vista mi sembra un posto inarrivabile.
Quanto tempo ha impiegato per raccogliere tutte le informazioni contenute nel libro?
AM: In tutto, dai primissimi giri fino al momento in cui ho consegnato all’editore Exòrma i 76 scritti che compaiono nel libro, è passato un anno e mezzo, nel quale però ho fatto anche altre cose. Di sicuro, comunque, la lentezza di esplorazioni condotte soprattutto a piedi o in bicicletta, anche fuori dal centro, è un tratto chiave del libro. Ho passato ore su Google Maps, ma andare di persona a vedere le scale, percorrerle, mi ha fatto scoprire ogni volta qualcosa di più. Senza eccezioni.
Da romano, la sua perlustrazione immagino l’abbia fatta riflettere su questa tanto bistrattata città. Quali sensazioni l’hanno accompagnata?
AM: Mi ha accompagnato un sentimento misto, di stupore e partecipazione. E mi è stato chiaro quasi subito che man mano, scrivendo questi miei resoconti liberi su decine di scale, ne sarebbe venuto fuori un discorso su Roma.
Non mi importava quale sarebbe stato, né volevo affrontare un tema in particolare.
Mi interessava partire dalle scale, che ci fossero delle buone frasi e soprattutto che la scrittura fosse sincera. Spero di esserci riuscito. In queste prime settimane dall’uscita del libro i miei scritti sono stati definiti poetici, oppure divertenti, e in molti si sono detti invogliati ad andare a vedere i luoghi di cui parla il libro. Tutte queste cose mi danno molta gioia, ma a me interessa che “Se Roma è fatta a scale” guardi la città da vicino, e possibilmente dal basso, ma con l’attitudine a variare il punto di vista, come succede percorrendo i gradini.
Tra tutte le scalinate, quale consiglierebbe per una passeggiata di fine estate?
AM: Settembre è per molti versi il vero inizio dell’anno: è un mese che segna un rapporto intenso e speciale con la città, che in questi giorni torna al suo ritmo canonico, ammesso che Roma ne abbia uno. Può essere un momento molto adatto per scendere le scalinate dirette al fiume, che la fine delle manifestazioni estive – che pure a Roma sono importanti e talvolta meritevoli – restituisce a una dimensione essenziale e quotidiana di discesa verso un luogo chiave della città, fatta di attraversamento urbano, sport, o addirittura contemplazione.
Soprattutto però, visto che il libro non è una guida, ma che con un paradosso che a me sembra un regalo viene annoverato tra i libri di viaggio, mi piacerebbe che ciascuno lo usasse per andare dove gli pare, o anche soltanto per immaginare, a Roma o altrove.
In questo modo tra l’altro si utilizzerebbe settembre, mese spesso in ostaggio della ripresa di numerosi obblighi, come un tempo per fare, nei modificabili limiti del possibile, quello che ci piace.
Se Roma è fatta a scale
di Alessandro Mauro
Exorma Edizioni