“Cerco una farfalla, libera e creativa, che mi segua nell’acqua e nel mio rifugio.” Poche parole digitate su una tastiera e qualche selfie scattato nell’intimità attraggono due sconosciuti. Li legano con il filo sottile del desiderio, capace di unire, a patto che non venga tirato troppo. Lei, Martina, giovane insegnante precaria, vive a Roma. Lui, Lorenzo, abita in una piccola isola siciliana dove gestisce un camping.
Nel suo ultimo romanzo L’uomo isola (Avagliano Editore), Emanuele Ponturo sin dalle prime pagine usa quello stesso filo per tessere una trama intensa, che scandaglia i rapporti umani, i nuovi mezzi con cui si intrattengono. Quella di Martina e Lorenzo è infatti una relazione virtuale, dove si mette a nudo il corpo, lo si esibisce, riservando il pudore solo per l’anima. “Farfalla in greco si diceva Psiche, una parola che voleva dire pure Anima”, scrive l’autore, che fa approdare Martina sull’isola come un’esule in cerca di salvezza. La donna troverà Lorenzo, l’uomo isola, ma dovrà confrontarsi con le acque profonde che lo avvolgono, da cui riemergerà il mistero di Eleonora.
Ponturo, avvocato penalista esperto di devianza giovanile, si conferma un acuto osservatore del vissuto contemporaneo. Con il romanzo d’esordio L’odio. Una storia d’amore ha guardato nell’abisso dell’ossessione. Ne L’uomo isola individua gli aspetti più reali del mondo virtuale. Va oltre una cultura dell’immagine fatta solo di corpi in posa e le restituisce un’anima. Per una volta, attraverso lo sguardo, anche, di un uomo.
Avvocato Ponturo, Martina e Lorenzo, i protagonisti de L’uomo isola, intrecciano una relazione virtuale a colpi di mail e selfie. Cosa cercano?
EP: Cercano entrambi, seppure da punti di vista differenti qualcosa che gli permetta di essere, o quantomeno di sentirsi liberi: Martina la fuga, da un lavoro precario che le sta stretto, dalla delusione dei suoi precedenti rapporti con gli uomini, dalla routine di una metropoli che sente cannibalica, e Lorenzo altresì vuole liberarsi da una ossessione che si porta dentro, dai suoi sensi di colpa rispetto ad una ragazzina, Eleonora, iniziata da lui alla sessualità. Una ragazzina che si porta dentro come un fantasma. Martina, per seguire il gioco di Lorenzo, già dai primi contatti tramite email, manderà all’uomo delle fotografie legate a parti del suo corpo, perché quando tutto sfugge non resta che quello, il corpo, come ultimo appiglio che ci tiene legati al reale.
Come nel suo precedente romanzo L’odio. Una storia d’amore anche nella sua ultima opera lei esplora gli abissi della passione e dell’ossessione. Questa volta però c’è anche la superficie, l’isola. Cosa rappresenta? EP: L’isola è la terra dove si può approdare, per cercare un rifugio. Dove riprendersi. L’isolamento rispetto a tutto il resto, permette un contatto più autentico con se stessi. La roccia, su cui arrampicarsi per osservare dall’alto le profondità marine simili all’inconscio. Questo per gli occhi di Martina è l’isola. La sabbia dove potersi sdraiare e prendere il sole nuda. Ma nell’isola, in quel microcosmo, Martina, sarà costretta a confrontarsi con Lorenzo, con il passato, non potrà fuggire da questo, sarà portata a rimanere in quel campeggio e proprio questo le permetterà di scoprire il segreto che quell’uomo porta con sé. Ma cosa fondamentale, sarà costretta, ad affrontare il suo cambiamento interiore.
E Roma, la città da cui fugge Martina, com’è?
EP: Una città che Martina non riconosce più… le fa orrore per la sua ferocia. La confonde. La periferia dove vive, sempre più degradata ed estesa, la povertà, il precariato che tocca con mano, i soliti luoghi di ritrovo dove evadere (Martina ama Trastevere), scollegati da tutto il resto, dove acrobati e mangiafuoco hanno come circo la città. La scuola dove insegna, vicino la stazione Termini, che sente come uno zoo.
Nel suo romanzo, il corpo, esibito o negato, desiderato o punito, ha un ruolo fondamentale. Cosa pensa delle relazioni ai tempi di Internet, dove il pudore della fisicità è stato sostituito da quello dell’interiorità, dello svelarsi?
EP: Il pudore della fisicità è stato sostituito dallo svelarsi, questo è vero, perché è differente il linguaggio. Non più quello del corpo, fatto di carne, sudore, odore magari di sigarette o caffè, di un incontro nato per caso, ma da quello delle parole scritte, e se queste non bastano più, dai selfie. Ma dobbiamo domandarci, svelare che cosa? Il nostro sentirci unici, meritevoli d’amore? Fantasie sessuali? Affinità elettive? Giochi di ruolo? Questo si riesce a farlo sempre più solo nel «tempio» virtuale. Ma soltanto questo mezzo ci permette un contatto con l’altro? Ecco, mi domando, perché nella nostra società si ha tanto bisogno delle ombre? Anche quelle che appartengono a noi stessi. Una domanda a cui so rispondere in modo parziale. Internet e gli incontri virtuali, come il lettino di uno psicanalista?
L’uomo isola
di Emanuele Ponturo
Avagliano Edizioni
La foto dell’autore è di Mario D’Angelo