La donna senza nome (Castelvecchi Editore) di Eugenia Romanelli è un romanzo sull’identità e sugli ostacoli che si frappongono alla sua costruzione. Ostacoli e pregiudizi, perché quando facciamo la conoscenza di Emma, giovane pediatra della Roma bene dedita al suo lavoro, è difficile immaginare una crepa su una superficie tanto perfetta. Invece, un segreto, con la sua forza dirompente, mina in profondità la vita della donna e le impedisce di essere sé stessa.
Arriva l’amore con Alberto, famoso velista. E’ improvviso, inatteso, travolgente, ma non salvifico. Emma è come un quadro della sua pittrice preferita, una quotata artista che si firma TAK ma di cui nessuno conosce la vera identità. Starà a lei mettersi davanti alla tela bianca della propria vita e dare finalmente un volto a sé stessa.
Eugenia Romanelli affida all’arte la creazione più difficile, quella del sé. La sua scrittura è raffinato disvelamento, sapiente suspense, e infine, rinascita, il momento in cui “il dolore e la gioia si toccano”. Emma verrà alla luce una seconda volta, figlia consapevole di una coppia omogenitoriale, anche se l’autrice romana non ne fa terreno ideologico ma di confronto, il filo che lega la storia fino all’ultima imprevedibile svolta.
Signora Romanelli, chi è “La donna senza nome”?
ER: E’ una persona, come lo siamo tutti e tutte, alle prese con la costruzione del vero sé. Chi non ha capito, ad un certo punto della propria vita, che per accedere alla sorgente della propria felicità, della propria realizzazione, occorre potare tutti i perigliosi tentacoli del falso sé per lasciare emergere quella unicità che ci rende splendenti e superbamente somiglianti a noi stessi?
Emma, la protagonista, è figlia di una coppia omogenitoriale. C’è un motivo particolare per cui ha deciso di affrontare questo tema?
ER: Ho studiato molto questo tema (blog sul Fatto Q., formatrice alla Sapienza di educatori, assistenti sociali e psicologi, etc.) perché sono attratta dalle nuove forme di relazioni affettive della contemporaneità, e mi sono accorta, oltre alla confusione e all’ignoranza diffusa, che gran parte di ciò che viene pensato e detto deriva da dogmi, pregiudizi e stereotipi, sia da una parte (gli attivisti lgbt) sia dall’altra (i fautori della cosiddetta “famiglia tradizionale”). Ho creduto che l’arte (un romanzo, in questo caso) potesse creare una apertura nell’immaginario, quello spazio vuoto che può essere riempito di emozioni, unica via per pensare pensieri pieni.
Il segreto, il non detto, tessono la trama dell’intero romanzo. Perché una donna adulta e affermata come Emma trova così difficile svelarsi?
ER: Come dicevo all’inizio, credo che ogni processo di liberazione passi attraverso ostacoli, difficoltà e disvelamenti. Non ci si mette al mondo, senza mettersi a nudo, senza affrancarsi dai propri segreti che, spesso, sono le nostre gabbie più resistenti.
La donna senza nome offre tra le pagine continui assaggi di bellezza, dalle melodie musicali alle raffigurazioni artistiche. Che rapporto hanno i personaggi con il bello?
ER: Il bello scaccia il brutto. L’arte, in tutte le sue forme, per me è -come il sesso, oggetto del precedente romanzo- il grido che la vita scaglia contro la morte.
Ci parla della Roma che fa da sfondo alla storia?
ER: Roma città caotica, irriverente, tronfia e sprezzante, maestosa, mozzafiato, puttana e dongiovanni, larga, piena. Impossibile resisterle, nonostante la sua arroganza.
La donna senza nome
di Eugenia Romanelli
Edizioni Castelvecchi
Eugenia Romanelli è nata a Roma nel 1972. E’ giornalista e docente universitaria, e da anni è impegnata nella ricerca sulle arti e le culture giovanili. Esperta di new media, ha prima diretto Bazarweb, uno dei primi portali multimediali italiani, di cui è stata anche fondatrice, e poi l’edizione italiana di Time out, oltre ad aver creato l’allegato di cultura SmarTime per “Il Fatto Quotidiano”. Attualmente collabora con Ansa e Treccani.
I suoi ultimi romanzi sono E’ scritto nel corpo (2013) e 2BX. Essere un’incognita (2012), entrambi pubblicati con De Agostini.