Se chiudo gli occhi, l’ultimo romanzo della scrittrice romana Simona Sparaco (Giunti Editore), è un libro pieno di luce, di colori e di magia. Vibra della sensazione, come suggerisce il titolo, che si prova quando si distoglie lo sguardo dal mondo materiale e lo si rivolge a quello interiore, ai sentimenti, ai ricordi, a chi siamo veramente.
Si apre con Viola, la protagonista, nello studio fotografico dove lavora dopo aver accantonato i suoi sogni. E’ lì, tra gli scatti che ritraggono le vite di tanti sconosciuti, che ricompare suo padre. Non lo vede da anni quell’uomo, scultore di successo cha ha lasciato la famiglia per un’altra donna, l’unica che abbia amato e che non è la madre di Viola. E lui che se ne è andato e tornato di continuo, sempre tra attese e rancori, vuole partire di nuovo, per andare nella sua terra di origine, questa volta con la figlia. L’ha cresciuta raccontandole di miti e di fate, ma adesso è il momento di rivelarle la storia che ancora non conosce, la più importante.
Seguire il padre può significare per Viola subirne ancora una volta la fascinazione, come da bambina, oppure colmare una distanza, un’assenza che l’ha fatta diventare ciò che è. Il viaggio da Roma verso i Monti Sibillini, luogo di luce e di magia, aiuterà entrambi a riscrivere la propria storia, perché “l’amore è anche il dolore delle rivelazioni, la forza dell’accoglienza.”
Simona Sparaco sa addentrarsi in modo sottile e sorprendente nelle pieghe dell’animo, nelle forme che danno all’esistenza. E’ un’esplorazione cominciata con Lovebook (2009), racconto ironico e frizzante sull’amore ai tempi di Facebook, scritto dall’autrice appena trentenne, che EZ Rome fu tra i primi a intervistare. Nel 2013 Nessuno sa di noi (Giunti), primo romanzo in Italia ad affrontare il tema dell’aborto terapeutico, diventa un bestseller da 15 edizioni che la consacra una delle maggiori scrittrici italiane. Se chiudo gli occhi si è aggiudicato il Premio Selezione Bancarella 2015 e sta riscuotendo un enorme successo tra i lettori.
Signora Sparaco, Se chiudo gli occhi è un romanzo che inanella una storia dopo l’altra. Ci sono quelle dei miti greci e delle fate con cui cresce Viola, la protagonista, e la stessa ricostruzione che fa suo padre della propria vita è una lunga e intensa narrazione. Che cosa significa raccontare per i personaggi del suo libro?
S.S.: Come dice il padre di Viola verso la fine del romanzo: “sono le favole a dirci chi siamo e da dove veniamo.” Il romanzo si centra tutto su questa necessità di racconto, partendo dal presupposto che non ci si può raccontare a qualcuno senza prima essersi raccontati a noi stessi. Ci sono molte cose che restano “non dette”, nella narrazione, solo suggerite o svelate in parte. Ho giocato con il lettore in questa alternanza di rivelazioni e porte che restano chiuse. Tematicamente è in linea con l’idea stessa del titolo “Se chiudo gli occhi”, la necessità di andare oltre i sensi e il conosciuto, per trovare, anche attraverso la fantasia dell’infanzia, gli aspetti più autentici dell’esistere. Ritengo inoltre che non tutto debba essere condiviso nelle relazioni, che ci sono segreti che hanno ragione di esistere. Pensiamo a tutto quello che i figli non sanno dei genitori e viceversa. Quello che però manca a Viola è molto più di un semplice segreto, la manca un’intera identità, quella di suo padre, ma anche la sua.
Nel romanzo “i luoghi che eleggiamo come nostri” sono carichi di un valore profondo, come i monti Sibillini, meta del viaggio sofferto e rivelatore di Viola con suo padre Oliviero. Qual è il loro percorso personale e emotivo?
S.S.: Sono luoghi che affondano le loro radici in società arcaiche e sibilline dove i rapporti tra uomini e donne erano più armonici e fondati sul rispetto, questo prima dell’avvento delle armi, del bisogno di difendere il territorio e della consequenziale nascita del patriarcato. Inoltre sono luoghi sacri e spirituali, dove il femminile, come anche il maschile, sono parte integrante della natura e dei simboli che si possono trovare in essa, primo tra tutti il famoso antro della Sibilla. Viola torna alle sue origini, attraverso il padre, ma anche attraverso personaggi come nonna Antina, Nora, Clara. Riscopre un modo di essere donna che non credeva possibile nel mondo al quale appartiene. Il viaggio è sofferto come lo è il viaggio del Guerrin Meschino e qualunque viaggio catartico, volto al bisogno di una liberazione spirituale. Il viaggio è anche metafora dell’esistenza stessa. Viola e Oliviero rappresentano il femminile a contatto con il maschile che lo ha generato e guidato nel mondo.
Da ieri a oggi, dalle nonne fino alla protagonista, le donne tessono l’intero corpo narrativo con le loro difficoltà, passioni, speranze. Come si immagina un giorno la vita di Cristina, la figlia di Viola? Che donna sarà?
S.S: Grazie per questa bellissima domanda. Cristina innanzitutto sarà figlia di una donna consapevole. La consapevolezza è uno strumento di liberazione che può essere ereditato e trasmesso, e avere un genitore che ti cresce nella consapevolezza di qual è il proprio posto nel mondo è un’incredibile ricchezza, ma bisogna saperne fare tesoro. Il mondo che accoglie Cristina, il nostro futuro, è un mondo che cambia faccia repentinamente e che si misura con difficoltà a noi sconosciute. Gli strumenti che possiamo dare ai nostri figli potrebbero risultare inadeguati nell’avvenire. Come dice Nora, il mondo cui stiamo andando incontro è un luogo dove l’uomo cerca diagnosi e rimedi che il progresso non sempre può offrire. Eppure oggi tutto sembra ruotare intorno ai progressi della scienza e alle tecnologie. Da autrice del romanzo, e quindi in un certo senso anche da madre spirituale di Viola e di Cristina, mi auguro per Cristina un futuro di pari opportunità e ricerca spirituale. Mi auguro anche un ritorno alla saggezza antica.
Se chiudo gli occhi
di Simona Sparaco
Giunti Editore
Foto dell’autrice: © Grazia Ippolito