E’ l’espressione delle nostre paure più profonde, Terrarium, l’ultimo romanzo di Giorgio Manacorda edito da Voland.
In un mondo dove il cielo è di un giallo violento, gli alberi sono blu e piove acqua nera, i pochi uomini sopravvissuti sono preda di rettili mutanti. Non è chiaro se questa catastrofe ambientale sia stata causata dalla mano dell’uomo o dalle forze della natura, ma è proprio questo a renderla credibile, possibile in un futuro vicino e inquietante.
La tensione che anima il romanzo, considerato da molti critici l’opera più riuscita di Manacorda, è infatti il cambiamento incombente. Sia esso climatico, sociale o culturale, tutti lo vivono e tutti lo temono, perché porta con sé il dubbio di cosa succederà dopo e cosa ne sarà di noi. “Ci estingueremo con un semplice ritorno allo stato bestiale. Così saremo tutti uguali”, scrive l’autore romano, aprendo una riflessione sul domani e sull’uomo necessaria e sentita. Uomo che nelle pagine di Terrarium ormai esce di casa e sfida i pericoli del mondo esterno solo per procurarsi il cibo. Oppure per andare in un piccolo teatro, distinguendosi così dalle altre specie, a saziare un’altra fame, quella di storie. E’ ciò “per cui siamo nati: raccontare. Inventare la nostra vita, farne un’epopea o una poesia.”
Cielo giallo, pioggia nera, mostri che si aggirano a caccia di uomini. Terrarium esprime le nostre paure più profonde riguardo al futuro. Che cos’ha portato il pianeta a questo punto?
GM: Naturalmente non lo so, anche perché, per fortuna, non siamo ancora a quel punto. Quello che posso dire è che Terrarium è una metafora della grande mutazione che stiamo vivendo: mutazione epocale per la rivoluzione digitale, per gli stili di vita e, anche, per quello che ci può riservare la storia con la fine della centralità dell’Occidente. Per non parlare della natura, i cui mutamenti e le cui nuove penurie sono sotto gli occhi di tutti. Andiamo incontro a mutazioni antropologiche, nascono nuovi bambini: i nativi digitali. Terrarium descrive una possibilità, mette in scena una paura ancestrale. Scompariremo come è accaduto ai dinosauri?
Diversi suoi romanzi, tra cui Il corridoio di legno (2012) e Delitto a Villa Ada (2013), sono ambientati a Roma. In quest’ultimo invece la città compare solo una volta, in un ricordo d’infanzia. Perché ha scelto un’ambientazione non definita?
GM: Perché il futuro è indefinito per definizione (se mi si concede il gioco di parole). Comunque, nella mia testa mentre scrivevo somigliava molto a quello che Roma – come qualsiasi altra città – potrebbe diventare.
Il buio circonda spesso il paesaggio che lei descrive. Ad un certo punto anche un personaggio perde la vista, proprio come nell’Edipo, la tragedia che sta per essere messa in scena a teatro. E’ l’oscurità, la cecità dell’uomo che ha condotto al disastro?
GM: Forse. Ma non è questo il punto. Terrarium non accusa nessuno. Prende atto di quello che è successo o che, comunque, può succedere. Per cause naturali (inondazione, eruzioni vulcaniche, terremoti, siccità, tsunami, fine dell’acqua potabile, fine dei carburanti) o umane: guerre batteriologiche, guerre atomiche, inquinamenti vari, o solo ferocia. Fa una qualche differenza? L’uomo non è, anche lui, espressione della natura che l’ha generato? La natura (uomini compresi) non è né buona né cattiva. Fa quello che fa.
Alla realtà inquietante descritta in Terrarium si contrappone l’amore per l’arte. Il teatro è un luogo di salvezza, e l’unico ad aver previsto la catastrofe è un poeta. “La bellezza salverà il mondo”, come diceva Dostoevskij?
GM: La bellezza non salverà niente. Muore con l’uomo che la produce. E’ importante solo per lui. Anzi, per lui è decisiva in quanto fa la differenza tra lui e tutti gli altri esseri viventi. La poesia è solo degli umani. Con la poesia gli uomini spiegano a se stessi che il mondo (e loro nel mondo) ha senso. Nietzsche diceva che per questo gli uomini mentono e Manganelli (se non ricordo male) parlava di letteratura come menzogna. Ma gli uomini con la poesia non mentono, semplicemente sopravvivono. Ne hanno bisogno come l’aria e l’acqua – che appunto stanno finendo.
Terrarium
di Giorgio Manacorda
Edizioni Voland
Giorgio Manacorda è nato a Roma nel 1941. E’ stato amico di Pier Paolo Pasolini, che presentò le sue poesie sulla rivista Paragone. Ha insegnato letteratura tedesca presso l’Università della Tuscia e dal 2011 è vicepresidente dell’Istituto Italiano di Studi Germanici.
La sua produzione letteraria è vasta e copre l’ambito narrativo, poetico e saggistico.
Con Il corridoio di legno (2012) è stato tra i finalisti del Premio Strega. Successivamente ha pubblicato Delitto a Villa Ada (2013), scelto come libro del mese EZ Rome, Il cargo giapponese (2014) e Pasolini a Villa Ada (2014), da cui è stato tratto uno spettacolo teatrale. Viaggio al centro della terra (2014) è il suo ultimo volume di versi.