Una bambina con gli occhi azzurri ci fissa dalla copertina dell’ultimo libro di FrancescoCarofiglio, Voglio vivere una volta sola, edito da Piemme. Il suo sguardo è intenso, e un po’ misterioso, come il titolo, e come lei stessa, perché Violette, questo il suo nome, non è “mai nata davvero, mai messa al mondo, mai concepita. Ma fortemente voluta da tutti.”
Violette è l’io narrante, o meglio sarebbe dire osservante, di questo romanzo che ha al centro la vita di una famiglia quasi perfetta. Un papà con un incarico all’ambasciata francese, una mamma traduttrice, due fratelli, Jean e Augustine, e un cane affettuoso, Javert.
“Adesso non immaginatevi una storia triste”, ci rassicura Violette sin dalle prime righe, ed è lì che il lettore si chiede cosa gli verrà raccontato, dov’è il punto debole di una costruzione così incantevole. Perché la bellezza è ovunque, tra le pagine. Nel volto della madre, che fa perdere la testa a molti, e nella figura del padre, alto e secco ma dall’eleganza innata. E’ anche tra le vie di Roma, di Parigi, e lungo le coste della Bretagna, luoghi in cui la famiglia si trasferirà nel corso degli anni. Villa Borghese, il Bois de Boulogne e le spiagge di Plouzané, sono la vista che si gode da case piene di libri (“Tremilaottocentosettantotto per l’esattezza, una notte li avevo contati tutti”), dove si discute di Rossellini, Monicelli, Pasolini e De Sica.
C’è il fuori e c’è il dentro, con la diversità di spazi e di luce che ci ricorda ad ogni passo che l’autore è anche architetto e regista. Violette ammira le ninfee di Monet con la mamma, accompagna il papà in ufficio e gioca con i suoi fratelli. “Ho visto la vostra vita e la mia confondersi in una vita soltanto”, dice, perché Voglio vivere una volta sola è un romanzo sulla presenza di ciò che è assente, ciò che ci manca, e proprio per questo è sempre con noi, sotto forma di desiderio o di nostalgia.
Dopo aver camminato lungo il Tevere, a Place des Vosges o sulla sabbia di Plouzané, c’è sempre una casa a cui fare ritorno, con il parquet che scricchiola, una libreria straripante, il rumore del tram: “Gli anni passavano. Ed eravamo felici, senza che succedesse nulla.” E’ qui, non nella furia di un avvenimento, ma nel fluire silenzioso del tempo, che tutto cambia: “Un libro nuovo sullo scaffale, un soprammobile, una fotografia. Fiori rossi nel vaso celeste, fiori bianchi nel vaso celeste, niente fiori nel vaso celeste.”
Lo sguardo di Violette cattura la realtà di continuo, e raccoglie tutto nel suo ricordario. E’ come un obiettivo fotografico che scatta le immagini a breve distanza, apparentemente tutte uguali, eppure tra la prima e l’ultima il fiore è sbocciato, il cielo non è più lo stesso.
Francesco Carofiglio è delicato e sapiente nel distogliere lo sguardo di Violette dal tempo dell’infanzia e delle sue promesse non sempre mantenute, e rivolgerlo verso l’oggi, con le sue disillusioni e i suoi tradimenti. Racconta come una vita, anche se solo immaginata, si possa scontrare con sensazioni e sentimenti più veri che mai. E varca quel confine tra sogno e realtà, come tutti abbiamo fatto almeno una volta, senza renderci più conto dove ci trovavamo veramente.
“Smetterò di esistere quando l’ultimo di loro smetterà di pensarmi.
Quando si saranno definitivamente dimenticati di me, io non ci sarò più. Credo che andrà così.
Me lo sono detto sempre, ma quel momento è lontano. E ci lo dice che quando uno non c’è più smette di pensarti? Chi lo dice?”
Voglio vivere una volta sola
di Francesco Carofiglio
Edizioni Piemme