La bellezza di Roma art

La bellezza di Roma

La bellezza di Roma artRoma è città eterna anche nella produzione artistico-letteraria da lei ispirata. E’ stata dipinta, descritta, filmata, fotografata, raccontata, amata e criticata. Su di lei e sul suo grandioso passato che spesso arranca nel presente, sembra essere già stato detto tutto. Eppure, basta un libro di neanche cento pagine come La bellezza di Roma di Raffaele La Capria (Mondadori), per farsi catturare ancora una volta dall’inarrestabile fluire di quell’eternità.

Lo scrittore, nato a Napoli nel 1922, ma trasferitosi a Roma nel 1950, propone sei testi già pubblicati nei quali mette a nudo l’anima e il corpo di Roma, muovendosi tra monumenti feriti da cocci di bottiglia e piazze soffocate dal traffico. Aiuto indispensabile è lo spirito dei romani, sagace e cinico, vera e propria forma di sopravvivenza in una città che “ne ha viste tante per cui non crede più”. La Fontana dei Fiumi in cui galleggiano le lattine oppure l’elefantino di piazza della Minerva davanti al quale è stato piantato un cartello stradale sono la forza della bellezza sullo scempio. E questa resistenza a dispetto del tempo e dell’uomo cos’è, se non la manifestazione dell’eternità?

Tutto a Roma è eterno, e allo stesso tempo immobile verrebbe da dire leggendo la storia di La Capria, che citando il suo concittadino Ennio Flaiano, premette: “Si viene a Roma in cerca di un lavoro, poi si trova un impiego”. Così è stato anche per lui, che nel ’50 arriva nella Capitale delle Apparenze per lavorare alla Rai, dove cura le recensioni dei per I pomeriggi letterari. L’azienda vanta collaboratori del calibro di Patroni Griffi, Siciliano, Gadda, ma è già contagiata da una lottizzazione che “non solo impediva di far carriera, cosa di per sé già molto sgradevole, ma negava ogni tipo di riconoscimento del lavoro svolto.”
Un immobilismo che non è solo un male contemporaneo, quindi, ma che non ha impedito all’ambiente intellettuale dell’epoca di esprimersi attraverso i maestri del neorealismo, come Rossellini, De Sica, il primo Fellini, e scrittori quali Moravia, Morante, Pasolini, Bassani, Soldati e Parise. E’ una città urbanisticamente debole, ma culturalmente vivace. “C’era uno slancio che ora naturalmente non c’è più, allora il futuro ci appariva ricco ed interessante” – scrive l’autore – “ma l’Italia di sempre non aveva nessuna voglia di cambiare…

Gli anni d’oro della capitale sono però quelli de La dolce vita, quando la città diventa un set internazionale dove Liz Taylor e Richard Burton sono di casa. I libri di Gadda e Arbasino rompono tutti gli schemi letterari, e La Capria vince il premio Strega del 1961 con il suo capolavoro Ferito a morte.
Eravamo venuti a Roma senza essere niente e nessuno, e in pochi anni eravamo tutti conosciuti…” , commenta lo scrittore, che con poche parole pone una distanza non più colmabile tra noi e quel tempo, quel luogo: “Il mondo di cui parlo io si incontrava nei ristoranti, nei caffè, viveva all’aperto…”
Il fermento culturale successivo avviene nel ’68, ma degenera nella violenza degli anni ’70, seguiti da un rampantismo yuppie che ha il culto solo di sé stesso e trasfigura l’intero paese.
La Capria confessa che nei primi anni aveva “la sensazione che Roma fosse, come Parigi per la Francia, New York per l’America, Londra per l’Inghilterra”, ma che oggi la città “ha dimenticato di essere una vera Capitale, che sa dove indirizzare energie, risorse, ha dimenticato che una Capitale ha anche una funzione di guida morale.

Una cosa non ha mai abbandonato Roma: la luce. Riempie piazza Navona, piazza di Trevi, piazza di Spagna, una piazza neoclassica come piazza del Popolo e una alla De Chirico come piazza del Quirinale. Sono spazi a misura d’uomo, dove non ci si sente persi come può succedere a Parigi o a Londra.
Una piazza è un’opera d’arte né più né meno di un quadro. Usereste un quadro come vassoio per poggiarvi piatti e bicchieri sporchi?
Resistente alle malefatte dell’uomo, la luce esalta ogni forma, ogni angolo, come sapeva bene Corot, che ne ha fatto un elemento distintivo dei propri dipinti romani. Compare al mattino e si ritira alla sera, ora sfacciata ora discreta, da secoli. Anche questa è eternità.

La bellezza di Roma
di Raffaele La Capria
Mondadori Editore

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