Ai tanti che faticano a sostenere la velocità dei nostri tempi, farà specie sapere che i radical chic sono diventati nonni. I loro nipotini sono ormai grandi, e se vivono nella capitale, spesso hanno preso casa, pardon, loft, al quartiere Monti. Li chiamano hipsters, e siccome in questo paese il nuovo è necessariamente peggio di quello che c’era prima, non possono reggere il paragone.
Addio, Monti sussurra lo scrittore Michele Masneri dalla copertina del suo romanzo d’esordio edito da minimum fax. Non a caso, il titolo campeggia su una terrazza monticiana da cui si intravede il profilo di una Roma sbiadita, un po’ sonnacchiosa. La nota citazione manzoniana, è il saluto beffardo a una città caotica, ma impassibile, che ha visto la malfamata Suburra dell’antichità trasformarsi prima in quartiere popolare e poi di tendenza. Ma è anche il pretesto, tra un vernissage e un aperitivo culturale, per una conversazione che si fa subito satira impietosa di un paese e del suo tempo.
Il nome di Masneri si aggiunge così a una lunga lista di autori rinomati, tutti non romani, da Gadda a Pasolini, passando per Fellini, che hanno saputo cogliere i vizi e le virtù della città eterna come pochi altri. Firma del Foglio e del Sole 24 Ore, è nato a Brescia nel 1974 ma vive proprio nel primo rione, “perché da Monti si sa che è impossibile sfuggire.”
A Monti c’è tutto tranne i supermarket. Nonostante, come dicono i sociologi, la sua gentrificazione, agli abitanti in cerca di “pasta al Kamut, uova biologiche e ruchette rare da agricolture integrate” non resta che andare alla Sma di via dell’Amba Aradam. E qui, in una coda alla cassa tipo rientro da bollino rosso, l’io narrante e la sua amica Gloria si lanciano in una conversazione fiume che diventa trama.
I personaggi, tra attacchi di panico e sedute di pilates, rimangono quasi in secondo piano. C’è sì un bestiario fatto, tra gli altri, di un ghost writer che fa l’escort, un immobiliarista di angoli pasoliniani e personaggi televisivi caduti in disgrazia, ma i veri protagonisti sono le loro nevrosi e gli oggetti, tanti e ricercati, di cui si circondano.
E’ un’umanità che insegue il successo in tempi di recessione, che durante la crisi rimane aggrappata agli status symbol, e per cui niente è mai casuale. Il ritmo della vita è scandito da riti e ossessioni, come la raccolta differenziata, le lampadine a risparmio energetico, il cibo bio, i numeri di MicroMega e i mezzi ecologici, perché “A Roma Non Serve La Macchina.”
E’ battente, serrato, il ritmo del linguaggio di Masneri. Non ha pause, ma solo accelerazioni, e snocciola nomi, luoghi e tendenze senza prendere mai fiato, in uno stile che ricorda quello di Gadda e Arbasino, anche loro lombardi e molto stimati dal Nostro.
Gli hipsters de’ noantri cercano nevroticamente la loro identità a suon di Macro, Maxxi, slow food e vernissage, finendo col perdersi in non luoghi e fagocitati da simboli. L’ambiente è claustrofobico, e i personaggi non riescono veramente ad uscire dai loro loft, che in realtà sono monolocali, e dalle loro ossessioni, neanche quando oltrepassano i confini della città e si spostano per qualche giorno a Cortina. Anche là, tra quei monti, ricreano un microcosmo fatto di delikatessen, strudel, dirndl ed eventi al Cortina Topic.
Addio, Monti è un romanzo brillantemente spietato sulle finzioni sociali, dove il culto dell’apparire ha effetti comici , caricaturali. Il ritratto di Masneri varca i confini del quartiere, e coglie la vocazione provinciale e nostalgica di un paese, di un’epoca. I suoi personaggi “anelano, pretendono di essere qualcos’altro” e spariscono nel “buco nero monticiano”, terrorizzati di assistere alla “trasteverizzazione di Monti”. E se noi, contrariati, ne prendiamo le distanze in nome della nostra differenza culturale e di valori, è forse perché, almeno in qualcosa, ci siamo riconosciuti.
Addio, Monti
di Michele Masneri
Edizioni minimum fax