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Le italiane

le_italiane_artSi dice che la storia sia sempre stata scritta dai vincitori, anche se a giudicare da quello che ci è stato insegnato a scuola, verrebbe piuttosto da dire dagli uomini. Rari e preziosi come Le italiane, a cura del Telefono Rosa e edito da Castelvecchi, dimostrano però che  la storia è stata fatta anche dalle .  
Donne che hanno dato un contribuito essenziale alla nascita del nostro paese. Politicamente, prendendo parte al Risorgimento, culturalmente, da scrittrici, poetesse, giornaliste, e socialmente, costruendo ospedali, orfanotrofi e mense per chi non aveva niente.
L’Associazione Nazionale Telefono Rosa firma questo libro, dando, come fa da oltre vent’anni anni, ancora una volta voce alle donne, per celebrare i 150 anni di unità nazionale. Un cammino che ha garantito i diritti politici, giuridici, economici e sociali di cui oggi godiamo.

Cristina Trivulzio di Belgioioso è un nome che andrebbe inserito al più presto nei libri di storia. Nella futura capitale d’Italia partecipò alle giornate della Repubblica Romana, e in Toscana all’organizzazione clandestina dei moti di Romagna, cavalcando vestita da uomo tra gli altri patrioti. Durante il sanguinoso assedio di Roma, Mazzini la nominò direttrice degli ospedali romani, che accolsero i tanti eroi feriti della resistenza, nonché numerosi bersaglieri. Affascinante, intelligente e colta, fu perseguitata dalla polizia austriaca e costretta a scappare a Parigi, dove il suo salotto venne frequentato dai migliori intellettuali e artisti del tempo, come i poeti De Musset e Heine, i musicisti Bellini e Liszt, Hugo, Dumas padre, Balzac e Michelet. Appassionato il suo impegno politico. Incontrò Cavour, scrisse a papa Pio IX, e fornì il suo appoggio agli esuli italiani della resistenza, tra i quali Filippo Buonarroti e Niccolò Tommaseo. Raffinata intellettuale, fu autrice di numerosi saggi storici e politici, tradusse in francese la Scienza Nuova di Giambattista Vico, e collaborò alla fondazione dei giornali Ausonio, Il Nazionale, Il Crociato e Italie.
Il capopopolo Ciceruacchio la definì “l’onore delle donne italiane”.
E’ a Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi che si deve il primo ospedale chirurgico per bambini in Italia, dedicato alla figlioletta morta, oltre che l’Ospedale Santobono, il più importante polo pediatrico della Campania, e l’Ospedale Pausilipon. La sua fu una battaglia contro i mali che continuavano ad affliggere la Napoli di fine ‘800, colera, fame, infanzia abbandonata. Per combatterli, oltre agli ospedali, introdusse le famose cucine economiche, ovvero cucine popolari gratuite, e si impegnò affinché le orfane cresciute in istituto trovassero un lavoro come maestre, computiste, cameriere, operaie o cuoche. Nei suoi ultimi anni di vita fu dirigente della Croce Rossa napoletana. Una vera forza della natura Teresa Filangieri.
A fine ‘800, un’altra donna si distinse per il suo impegno umanitario, Francesca Saverio Cabrini, oggi santa. Religiosa e missionaria, fondatrice della Congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, nel 1889 salpò per gli Stati Uniti. Sola e senza denaro, si occupò degli immigrati italiani, riuscendo a costruire scuole, orfanotrofi e ospedali. Questa donna tenace e risoluta, raccolse fondi, diresse decine di istituti, fronteggiò papi e cardinali. Grazie a lei, tanti nostri connazionali poveri e analfabeti, ultimi fra gli ultimi, ritrovarono la loro dignità.
Nel 1876, lo stesso anno in cui venne fondato il giornale, la Contessa Lara pubblicò il suo primo articolo sul Corriere della Sera. Al secolo Evelina Cattermole, era colta, bella e dalla vita tumultuosa. Cacciata dai salotti dell’epoca  dopo lo scandalo suscitato dall’uccisione del suo giovane amante da parte del marito, vi fu riammessa  come giornalista. Sfidò la mentalità del tempo riscattandosi grazie alle sue poesie e ai suoi articoli, pubblicati sui più importanti giornali dell’epoca, come Il Mattino di Napoli, il Corriere di Roma e il Giornale di Sicilia.La sua casa era frequentata dai più importanti intellettuali, politici a artisti.
A 47 anni fu uccisa con un colpo di pistola dal suo amante.

Negli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900, quattro donne sono destinate a entrare nelle pagine della storia del giornalismo, della letteratura, della medicina e dell’economia.
Matilde Serao pubblicò il suo primo articolo a 16 anni. Da quel momento la sua attività fu inarrestabile e incredibilmente prolifica. Scrisse sui principali giornali dell’epoca, come Roma capitale, divenne la prima donna redattrice professionista d’Italia, realizzò il reportage Nel Paese di Gesù. Ricordi di un viaggio in Palestina, non tralasciando gli scritti per ragazzi e le opere di inchiesta sociale, come il famoso Il ventre di Napoli, sull’epidemia di colera del 1884. Con il marito fondò testate storiche come il Corriere di Roma, il Corriere di Napoli e Il Mattino. Prima donna nella storia del giornalismo italiano, fondò e diresse Il Giorno. Impossibile ricordare tutta la sua ricchissima produzione giornalistica e letteraria.
“Scrivere, scrivere, scrivere. Questo è il mio mestiere, questo è il mio destino. Scrivere fino alla morte.” E così fu, nel 1927, mentre era china sulla scrivania.
Aveva potuto studiare solo fino alle elementari nella sua Nuoro, Grazia Deledda, ma tenace e determinata, inviò i suoi scritti a giornali e riviste, e a 25 anni pubblicò il libro che la rese celebre, La via del male. Tanti i suoi romanzi, tra i quali vanno ricordati Fior di Sardegna, Elias Portolu e Canne al vento. Profonda conoscitrice degli aspetti culturali e antropologici della sua terra, scrisse: “Sono molto giovane e molto coraggiosa. Il mio ideale è di sollevare in alto il nome del mio paese così denigrato (…) E lavoro. Lavoro tanto come un uomo per la mia idea e ci riuscirò.”
Nel 1926 vinse il Nobel per la letteratura, il secondo assegnato in Italia, dopo Carducci, unica donna al mondo dopo Selma Lagerdőf.
Maria Montessori, medico in un’Italia dove alla fine dell’800 l’80% della popolazione era analfabeta, dove le donne laureate in medicina erano 25 in tutto il paese. Impegnata nella lotta per i diritti delle donne, come la parità salariale e il suffragio universale, si specializzò in psichiatria infantile, e elaborò un approccio terapeutico rivoluzionario. I bambini affetti da ritardo mentale, fino ad allora segregati, vennero posti al centro di ogni intervento, ottenendo risultati sorprendentemente positivi. Fu l’inizio della psichiatria moderna, e Maria Montessori conquistò fama e riconoscimenti mondiali. Le sue idee riguardo alla libertà e alla centralità dell’individuo la resero però invisa al regime fascista, e la scienziata si vide costretta a fuggire all’estero. Nel 1949 venne nominata per il Premio Nobel.  
Se le donne cominciavano ad affermare la loro presenza in campo intellettuale, la strada dell’economia era ancora tutta da percorrere. A inizio ‘900, Luisa Spagnoli fondò con il marito Mario un’azienda dolciaria, e allo scoppiare della prima guerra mondiale, con la chiamata alle armi degli uomini, diventò una delle prime donne imprenditrici. L’azienda sopravvisse alle difficoltà del periodo, soprattutto grazie alle sue intuizioni, come i fortunati Baci, in origine chiamati Cazzotti, fatti con gli scarti di lavorazione. La Spagnoli fu un’imprenditrice illuminata, sempre attenta al sociale. Impiegò molte donne nelle sue imprese, dove volle un’ asilo aziendale e una nursery dove le madri potessero allattare senza che fosse loro decurtato il salario. Precorse i tempi sostenendo la diversificazione degli investimenti. Fu così che si dedicò all’allevamento dei conigli d’angora, per la produzione di tessuti morbidi e innovativi.
Solo la morte riuscì a fermarla. Il marchio Luisa Spagnoli è oggi uno dei più importanti al mondo e ha il 90% di donne tra i suoi dipendenti.

Il 2 giugno 1946, per la prima volta poterono votare in Italia i cittadini di entrambi i sessi. Vennero elette le prime 21 donne deputate, poco meno del 4%. Le loro rivendicazioni erano trasversali, e riguardavano temi come la famiglia, la maternità e il lavoro. Vennero garantiti diritti come l’uguaglianza dei coniugi, fino ad allora non esistente a causa di uno sbilanciamento del potere a favore degli uomini, la parità salariale e quella di accesso alle professioni.
Nel 1948 entrò in vigore la Costituzione Italiana. Tra gli incaricati della stesura c’era Nilde Iotti. Con un passato nelle file della Resistenza anti-fascista nei Gruppi di difesa della Donna, fu relatrice sui temi della famiglia, lavorando per il principio di uguaglianza giuridica dei coniugi. Forte fu il suo impegno per il riconoscimento del valore sociale della maternità e dei figli illegittimi. La sua concezione egualitaria fu alla base della riforma del diritto di famiglia e della legge sul divorzio. Fu la prima donna italiana a ricoprire la carica di Presidente della Camera.
Un’altra donna si unì nel ’44 alla lotta partigiana nel suo Veneto occupato dai nazisti, Tina Anselmi. Diventerà il primo ministro donna della nostra Repubblica, e Nilde Iotti le affidò la presidenza della Commissione d’inchiesta sulla P2. Disse: “La verità la cercano solo quelli che ne sanno sopportare il peso”.
C’è una donna, classe 1909, la cui storia è segnata da tante discriminazioni, sulle quali ha saputo avere la meglio diventando un modello per tante altre donne. Il suo nome è Rita Levi Montalcini. Perseguitata in quanto ebrea durante il Fascismo, sfidò i pregiudizi di genere che la volevano in una scuola femminile per diventare moglie e mamma, “mentre io sentivo di non voler essere né l’una né l’altra.”
Dopo la Laurea in Medicina si è distinta come insegnante e ricercatrice nelle università più prestigiose del mondo. Per i suoi studi sul fattore di crescita nervoso, nel 1986 ha vinto il Premio Nobel per la medicina. Scienziato di primissimo livello, si è fatta strada in un campo del sapere tradizionalmente maschile, proprio per questo, non negando mai il proprio appoggio alle altre donne. E’ stata direttrice del Centro Ricerche di Neurobiologia del CNR, dell’European Brain Research Institute, della Royal Society e ambasciatrice FAO, ma lista dei suoi incarichi e riconoscimenti è davvero interminabile. Senatrice a vita dal 2001, in occasione del suo centesimo compleanno ha detto: “A più di cent’anni, vedo cose che non si vedono, perché non so vedere solo con gli occhi, ma con questa componente meravigliosa del nostro cervello. Vengono da qui le incredibili capacità scientifiche dell’era moderna, dall’indagare il non visibile.”

Impossibile citare tutte le donne che hanno fatto la storia dell’unità d’Italia. Indipendentemente dal loro ruolo, o dal fatto che i loro nomi siano noti oppure no, a loro si devono però i diritti di cui oggi godiamo. Sono donne che hanno sfidato i pregiudizi, scritto leggi, fatto battaglie per le quali hanno spesso pagato un caro prezzo. Dare loro uno spazio nei libri di storia, non significa solo servire la verità, ma anche dare finalmente a tutte le donne dei modelli in cui identificarsi e a cui aspirare. Modelli più necessari che mai in questo momento.
“Il pane non basta al nostro popolo: bisogna dare a esso un pane dell’anima, che gli crei una volontà austera e salda, una energia pacata ed efficace (…) Nel sogno di oggi, si contiene la realtà del domani.” (Matilde Serao)

Le italiane
A cura del Telefono Rosa

Castelvecchi Editore

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