Delitto a Villa Ada art

Delitto a Villa Ada

Delitto a Villa Ada artUn cadavere viene ritrovato a Villa Ada. Appartiene al poeta Vasco Sprache, personaggio alquanto particolare, che viveva nel parco quasi come un barbone, attaccando le sue poesie agli alberi. A fare la scoperta è un conoscente dello Sprache, poeta egli stesso, e in odore di Nobel. Potrebbe essere la rivalità tra i due, il movente dell’omicidio? Verosimilmente sì, tanto che il candidato al prestigioso premio si rivela il primo indiziato.

Villa Ada è “un pezzo di foresta nel cuore di Roma, un posto in qualche modo selvaggio, primitivo.” Ma come dice l’indiziato in una sua deposizione, non è la poesia stessa “primitiva, addirittura barbarica?”
E’ questa la domanda che riecheggia tra le pagine di Delitto a Villa Ada di Giorgio Manacorda (Edizioni Voland).
L’autore, che ha insegnato letteratura tedesca all’Università della Calabria e all’Università della Tuscia, e ha scritto poesia e di poesia, rende all’orecchio del lettore i versi lasciati tra gli alberi, necessari e magici come i fruscii del parco rispetto al rumore del mondo all’esterno. Sublime arte della parola o sublimazione di una violenza latente?
A controprova, finiscono indagati anche quanti corrono abitualmente nel parco, tutti legati dal filo invisibile della poesia, attraverso una rima letta o un verso abbozzato: “Potenzialmente i poeti sono tutti criminali. Loro vivono in un mondo alla Chagall, un mondo rovesciato. Ogni poeta spera di essere dio, crede che per lui non ci siano regole. Per questo può delinquere.”
A complicare ulteriormente il caso è una misteriosa macchina da scrivere d’oro, capace di far comporre vera poesia a chiunque la usi. Fantasioso depistaggio o brama di talento?
“L’oro della poesia!” – esclama l’autore – “Che se c’è una cosa che non dà oro è la poesia, e non c’è una montagna d’oro che basti a comprare il talento necessario per scrivere una poesia che sia poesia, una sola.”
Sarà per questo che Giorgio Manacorda riesce a farci riflettere su quanto ce ne sia di bisogno, di poesia. E anche questo rimane un mistero.

Manacorda Giorgio artIl poeta Vasco Sprache viene assassinato a Villa Ada. Il primo indiziato è chi ha ritrovato il cadavere, egli stesso un poeta, ma tra i sospettati vi sono anche diversi frequentatori abituali del parco. Anche loro hanno, almeno una volta, scritto o letto qualche verso.
Che significato ha la centralità della poesia nel suo romanzo, considerato che nella realtà attuale sembra non trovare molto spazio?
GM: Forse dovrei risponderLe che non lo so. Oppure potrei tentare una risposta autobiografica: la poesia è stata centrale nella mia vita. Non solo ho scritto poesie, ma ho scritto sulla poesia. Potrei dire che non ho pensato ad altro (saggi, articoli, , antologie, e una pubblicazione periodica). Poi, improvvisamente, ho smesso; e non ho più scritto sulla poesia. Eppure lavorando a Delitto a Villa Ada, del tutto imprevedibilmente, la poesia è tornata al centro del mio immaginario, ma in un modo del tutto diverso: è diventata narrativa. Una contraddizione in termini, mi verrebbe da dire, o la manifestazione di un’ossessione.

Il movente dell’omicidio, sarebbe una misteriosa macchina da scrivere d’oro appartenuta al poeta ucciso, una specie di lampada di Aladino in grado di far comporre vera poesia a chi ne entri in possesso. Anche se, come scrive lei, “se c’è una cosa che non dà oro è la poesia, e non c’è una montagna d’oro che basti a comprare il talento necessario per scrivere una poesia che sia poesia.”
Lei parla molto di talento in Delitto a Villa Ada. Quando lo sente, mentre legge un libro?
GM: Lei è specializzata in domande senza risposta. Se parliamo di poesia, è difficile che io mi sbagli nella valutazione di un poeta, eppure non so dire perché. Il talento è quella cosa di cui si avverte la presenza nei testi, ed è una cosa non riducibile a un componente o a una somma di componenti: il talento è ciò che trascende il testo e lo fa suo o, viceversa, è ciò che fa quel testo, quel corpo non frazionabile. Quando una poesia è scomponibile non è poesia – con buona pace degli strutturalisti (ma anche dei filologi o dei linguisti). Il talento è una grazia, un dono che nessuno (neppure il più grande poeta di tutti i tempi) ha per sempre e con continuità. Anche Leopardi ha scritto delle brutte poesie. Il punto è che anche il lettore deve avere quel dono, sennò non capisce quello che sta leggendo: non vede il talento, qualora ci sia.

A condurre le indagini in un primo momento è il commissario Sperandio, uomo colto e raffinato, che “per campare spreca la propria intelligenza e il proprio intuito nella polizia.”
Perché ha scelto una figura così lontana dai canoni tradizionali dell’investigatore?
GM: Forse perché non conosco degli investigatori in carne e ossa. Ne conosco solo di carta. Modelli e modellini? Meglio finto, improbabile, inattendibile. Forse non è neanche un investigatore. Ma a Lei Le sembra un giallo normale uno in cui c’è una macchina da scrivere d’oro che “produce” capolavori e che forse è all’origine di un efferato delitto?

Il commissario, si trova davanti a un caso apparentemente irrisolvibile, “inutile”. “Un delitto che non serve a niente. Un delitto del tutto letterario, gratuito: un gesto. Inutilità della vita, inutilità della morte. Inutilità della poesia. Ma, forse, gesto poetico assoluto: togliere la vita. Il massimo della performance.”
Proprio come uno scrittore, che ha diritto di vita e di morte sui suoi personaggi. Ma quando una storia è gratuita e quando invece è poetica?
GM: E’ gratuito ciò che si pone come arbitrario, ma non ciò che è arbitrario. Tutto in poesia è arbitrario eppure, o apposta per questo, necessario. L’arbitrio del primo verso, con quella musica e con quelle parole, fonda un testo che (se è poesia) ci riguarda tutti perché tocca qualcosa di profondo e di arcaico (strutture antropologiche sepolte?) che ci riguarda tutti, ed ogni singolo. Cosa c’è di più necessario di quell’arbitrio?

Delitto a Villa Ada
di Giorgio Manacorda
Edizioni Voland

In copertina, per gentile concessione della casa editrice Voland, tempera di Giorgio Manacorda

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