C’è riuscita di nuovo, Chiara Gamberale. In un momento in cui il mondo dell’editoria non naviga certo in acque tranquille, il suo ultimo romanzo, Le luci nelle case degli altri, edito da Mondadori, è arrivato alla quarta edizione in un mese, e lei è l’unica donna a resistere nella classifica dei primi dieci libri più venduti.
Una storia originale, dove Maria, donna libera e piena di passione per la vita, amministra il condominio in cui vive con la figlia, la piccola Mandorla. Un incidente spegne prematuramente la vita della donna, e di lei rimane solo una lettera, in cui rivela che il padre della bambina abita proprio nel condominio.
Nessuno dei condòmini esce allo scoperto, ma tutti assieme cresceranno Mandorla.
I cinque piani ospitano così una commedia umana irresistibile, capace di toccare le nostre corde più profonde, e di far desiderare un po’ a tutti noi di abitare in questo condominio speciale di via Grotta Perfetta 315, Roma. Anche dopo l’imprevedibile, sorprendente finale.
La famiglia tradizionale vive una forte crisi. Realtà sempre più diffuse come convivenze, famiglie allargate,coppie gay, sono un segno del cambiamento dei tempi o piuttosto il tentativo di ricostruire qualcosa che una volta abbattuto ha lasciato un grande vuoto?
Assolutamente sono un segno del cambiamento dei tempi: ma la ricerca di un posto da chiamare casa è sempre la stessa. Questo libro vuole esprimere anche la speranza, per ognuno di noi, nella confusione che c’è, di centrare la nostra identità e di conseguenza la maniera che ci è più consona di vivere con e in relazione agli altri … Famiglia è dove famiglia si fa, sostiene Michelangelo, uno dei due omosessuali del terzo piano. E io la penso come lui. Saltata l’imprescindibilità di un solo canone valido per tutti, rimane però il desiderio di qualcuno, di qualcosa che mentre tutto scorre e fugge, rimanga fermo lì dov’è.
Insomma, la famiglia sembra un edificio a volte crollato, altre volte pericolante, ma che si debba ricostruire completamente, oppure restaurare, un posto dove stare è sentito come necessario. E’ così?
Sì, sì. In ognuno dei personaggi, a cominciare da Mandorla, è viva e forte quella necessità.
A proposito di edifici, ‘Le luci nelle case degli altri’ è ambientato in un condominio. La protagonista, Mandorla, una bambina che non ha mai conosciuto il padre e rimane orfana della madre, verrà cresciuta da tutte le famiglie che vi abitano. E’ una metafora per sostenere che, al contrario di quel che si dice, la famiglia si può anche scegliere?
In parte, sì. Fondamentalmente la vicenda di Mandorla però mette in scena quello in cui io più credo: la nostra identità si forma e si deforma anche e soprattutto grazie e per colpa delle persone con cui entriamo in contatto. Tanto più se si tratta dei nostri genitori. “E’ successo tutto laggiù”, nell’infanzia, sostiene Michele Mari. Lo penso anch’io. E anche se la storia di Mandorla è romanzesca, le sue domande sono le mie: chi sono, gli altri, a cominciare da mio padre e da mia madre? Di conseguenza, chi sono io?
Dice Lidia, una delle ‘mamme adottive’ della protagonista: ‘Perché il punto sta proprio lì, capisci? Nell’ascoltare. E forse solo se qualcuno ci sta a una certa distanza, è davvero in grado di farlo. Se si avvicina troppo, bum. Scoppia qualcosa e per l’esplosione diventiamo sordi’.
Il legame con chi amiamo, perché sia sano, deve essere come un abbraccio capace di confortare ma pronto a sciogliersi?
Diciamo che dev’essere pronto ad allentarsi. Proprio nella consapevolezza che i legami veri, profondi, non vivono solo del momento che magari la vita li porta ad attraversare. Sono nel nostro sangue, vivono con noi.
Se non fosse morta in un incidente stradale, che tipo di madre sarebbe stata quella di Mandorla? Cosa avrebbe insegnato a sua figlia?
Sarebbe stata una madre simile al personaggio straordinario interpretato dalla Sandrelli nell’ultimo film di Virzì, “La prima cosa bella”. Una di quelle madri piene di contraddizioni e di difetti e proprio per questo irresistibili. Non avrebbe avuto bisogno di insegnare a Mandorla esplicitamente, qualcosa: la sua stessa esistenza avrebbe messo in scena, agli occhi di sua figlia, un’incrollabile passione per la vita. Che non è poco, da trasmettere. Forse è quasi tutto.
Alla fine, con una rivelazione che lascia senza fiato, Mandorla saprà chi è suo padre, ma questo significherà trovarsi faccia a faccia con la sua paura più grande e con la menzogna con cui ha vissuto tutta la vita. Davvero ‘viviamo tutti all’oscuro di qualcosa che ci riguarda’?
Sì, ma non ci deve fare paura: il mondo è impastato di mistero. E’ misteriosa la persona che amiamo, siamo misteriosi prima di tutto noi, a noi stessi. E certi segreti, come insegna proprio il finale di Mandorla, forse è un bene che per noi rimangano tali. Sono anzi essenziali per la nostra serenità, tanto quanto delle verità che acquistiamo.
Quattro edizioni in un mese: lei è l’unica donna che resiste in classifica fra i primi dieci libri più venduti. All’estero gli editori si stanno contendendo il libro con aste da capogiro, per cominciare verrà tradotto in Spagna e in tutta l’America Latina. Qual é il motivo del suo successo? Nella storia, così originale? O nella scrittura, che ci mette in contatto con parti di noi tanto profonde?
Davvero io sono l’ultima persona che può rispondere a questa domanda! Quello che posso dire è che mai ho dato tutta me stessa, di testa, di cuore e di pancia, a un romanzo. Percepire che i bisogni che esprimo sono condivisi, è un’emozione forte, fortissima.