‘Quella che andrete a leggere è soltanto una storia’, si legge nelle prime pagine. In realtà, Sergio Cellucci, in Ali di farfalla, Edizioni Progetto Cultura, fa molto di più che raccontare una storia. Affida a Sandro, il protagonista, le parole per spiegare cosa significa sognare di prendere per la prima volta tra le braccia Chiara, la propria bambina, e venire colpiti dal fulmine dell’handicap.
La più buia delle notti, apparentemente destinata a non finire mai, nella quale cominciare a muoversi a tentoni per ridefinire ogni cosa, anche quella che fino a quel momento si dava per scontata.
Poi, un giorno, le prime luci dell’alba, assieme alla consapevolezza che ‘il mio compito di genitore era quello di incollare due leggere e colorate ali di farfalla sul cuore del mio dolce angelo così da farla volare leggera sui cieli della vita e dell’amore’.
Signor Cellucci, nel suo libro, Sandro racconta cosa significa essere il papà di una bimba, Chiara, con gravi disabilità fisiche e cognitive. Lei ha vissuto un’esperienza molto simile. Perché ha scelto di non scrivere la storia in prima persona?
Pensavo fosse meglio scrivere in generale, e poi nel libro non c’è solo la mia, di esperienza, ci sono anche altre storie.
Non volevo farne una storia personale, ma parlare del problema visto nel suo complesso, aggiungendo esperienze, cronache vissute, diari, favole, racconti e esperienze di altre persone.
Volevo dare una visione più allargata di quello che è il mondo dei disabili.
Sandro dice di essere stato colpito dalla notizia dell’handicap di sua figlia appena nata, come da una mannaia. Come fa un genitore ad andare avanti?
Deve raccogliere tutte le sue forze, perché il mondo non si ferma. La vita non si ferma.
All’inizio ti casca il mondo addosso, poi uno si rialza e continua a vivere.
La forza la dà la vita stessa e l’amore per un figlio.
Sandro sostiene di non aver mai conosciuto ‘cosa sia la gioia e la felicità per la nascita di un figlio ‘, ma di essere arrivato, tramite Chiara, ‘a vedere e ad apprezzare le cose belle della vita’. Come ci è riuscito?
Sandro prima era un’altra persona. Dava valore ad altre cose, come il denaro, la carriera, cose materiali. Poi ha capito che le cose importanti sono altre, prima di tutto la salute, cosa che dava per scontato, era quasi dovuta, ma ha capito che non era così. E in ogni giorno che la vita gli regalava, ha imparato ad apprezzare anche la minima cosa. Questo gliel’ha insegnato la nascita di Chiara.
Sin dai primi anni, la vita di Chiara è trascorsa tra medici, psicologi, logopedisti e psicomotricisti. Durante le sedute di fisioterapia il padre a volte si è addirittura dovuto allontanare per non sentire le urla della figlia. Anni dopo l’ha però vista salire più volte sul podio per ritirare le sue medaglie di atleta.
Quanto è difficile, per il genitore di un bambino portatore di handicap, rassicurare ma allo stesso tempo spronare?
E’ un lavoro che viene fatto piano piano, giorno dopo giorno. Per quanto riguarda Sandro, la bambina ovviamente non era cosciente nei primi tempi, della sua situazione, è successo nel tempo.
Con il dialogo si cerca di rassicurare, di far capire che ci sono mille motivi per andare avanti, per avere una vita felice. Il sorriso deve essere la prima cosa. In queste situazioni è molto facile buttarsi giù, invece se uno riesce a cogliere gli aspetti positivi, ci sono sempre. Mentre Sandro vedeva altri bambini peggiorare, vedeva Chiara migliorare, e questo può dare ulteriore forza.
Più che rassicurare, forse parlerei più di insegnare ad andare avanti coi propri limiti, ma questo vale sia per le persone portatrici di handicap che per quelle normodotate.
Saper apprezzare le cose che abbiamo non è facile per nessuno, ma per chi ha problemi di disabilità il lavoro parte da lontano.
Diversità, normalità, pregiudizio, discriminazione. Perché sembra così importante dare un’etichetta a tutto e a tutti?
Perché oggi la società ci porta a questo. Oggi al primo posto non c’è l’essere, c’è l’apparire. Qualche anno fa c’era l’essere o l’avere, oggi c’è l’essere o l’apparire. Se uno appare quello che non è ha raggiunto il suo scopo ed è felice, ma le cose non stanno così.
La società tende ad etichettare tutto. Una persona ha un piccolo difetto ed è già messa un po’ da parte, ma per la persona che capisce i veri valori c’è l’essere, i rapporti con gli altri, la solidarietà, l’affettività, l’amore verso gli altri e verso le cose.
Cosa si sente di dire ai genitori cui spetta il compito, come dice lei, di ‘incollare due leggere e colorate ali di farfalla’ sul cuore dei loro bimbi?
Potrei dirlo ai genitori di bambini con un handicap, ma anche a tutti gli altri: bisogna cercare di superare i propri limiti, qualsiasi essi siano, perché tutti li abbiamo, e questa è la cosa che terrei a sottolineare.
Anche la persona più ‘normale’ di questo mondo, se andiamo a vedere, ha i suoi limiti. Tutti dovrebbero cercare di andare oltre, di essere leggeri, di abbandonare tutte le pesantezze che abbiamo dentro.
Questo per poter vivere la vita nel miglior modo possibile, con la gioia nel cuore.
Il disegno è di Cinzia Cellucci
Ali di farfalla, di Sergio Cellucci
Introduzione di Elena Sofia Ricci
Edizioni Progetto Cultura
Pagine 192 Euro 15