Silvia Dai Pra’ torna in libreria con I giudizi sospesi (Mondadori), appassionante saga familiare contemporanea ambientata tra Roma e il litorale.
Sono una famiglia felice i Giovannetti, verrebbe quasi da dire perfetta. Vivono in una innominata cittadina sulla costa laziale in un villino anni Trenta, costruito in uno stile a metà tra barocchetto romano e primo razionalismo. Papà, ossia il professor Giovannetti detto “il Giova” o “il Fabio Testi del Lucrezio” per la somiglianza con l’attore, insegna in un liceo romano dove è adorato da studenti e professori. Mamma Angela, professoressa di arte alle medie, vive per il suo lavoro e la sua famiglia. Perla, uno di quei figli “che non danno mai da preoccuparsi” è una brillante studentessa del liceo classico con un futuro già programmato alla Scuola Normale di Pisa. E poi c’è Felix, detto “Piumino” perché paffutello come un bimbo.
Sarà proprio Felix, “figlio dell’esimio professore e fratello dell’onoratissima genietta”, la voce narrante delle alterne vicende della propria famiglia attraverso 25 anni, dal 1998 al 2023. Perché, parafrasando il celebre incipit tolstoiano, anche i Giovannetti saranno infelici in un modo tutto loro, inaspettato e inverosimile.
“Come ci si trasforma da una delle migliori famiglie della città, in ciò che il futuro ci stava preparando?”, si chiede Piumino, cresciuto sentendosi chiedere se era bravo come sua sorella. Molti anni dopo, ammettendo il proprio errore di valutazione, risponderà che comunque per la propria storia familiare aveva sempre immaginato un finale tragicomico, alla Woody Allen, mai drammatico.
“Quella solitudine affollata chiamata famiglia” comincia a incrinarsi quando Perla torna a casa con il fidanzato, James Tocci, che si fa chiamare così perché non tollera di avere lo stesso nome di Leopardi. Bello e popolare, James è molto diverso da Perla, non solo perché ormai trentenne, ma anche per aver lasciato gli studi dopo la terza media. Donnaiolo e inconcludente, la sua brutta fama (un violento, un mostro?) non gli impedirà di esercitare un forte ascendente su molti.
È così che “Perla-la-perla”, sempre più magra, non si presenta alla propria festa per il 18° compleanno, e durante una sconcertante fuga d’amore sposa James in segreto e poi sparisce.
Piano piano la casa dei sogni dei Giovannetti diventa una “baracca tenuta insieme con lo scotch”. Angela cerca di mettere insieme i propri cocci esistenziali diventando quasi un’altra, in preda alla foga di chi ha capito che essere troppo buoni non paga. “Il Giova” invece si spezza e diventa un uomo piccolo e ingobbito che riesce solo a passeggiare, bere e fumare.
L’autrice restituisce così al lettore personaggi trasformati, quasi sfigurati, nel corpo e nello spirito. La sua narrazione è una prosa quasi drammaturgica, fatta di dialoghi serrati e monologhi interiori. Ma molto è il non detto, perché “nelle famiglie funziona così: o si parla subito o non si parla più, o si sfrutta fino in fondo l’onda d’urto di una scossa per spalancare tutte le finestre, oppure, una volta terminata l’ora di pulizie, nessuno avrà più voglia di andare a disturbare i ninnoli sugli scaffali, il cucù nel suo orologio di legno.”
Un Felix ormai di mezza età, canuto e ingrassato, non perde mai la speranza di salvare l’amata sorella e riportarla a casa. Stordito, accoglie le confidenze di una madre per cui in fondo non c’è niente da capire o da rimproverarsi.
Sullo sfondo della narrazione si staglia la figura di Perla, tra ricomparse e nuove sparizioni. Succube di James, “la perla degli studi classici” diventa una donna ingrigita che fa i cappuccini in un bar di Fiumicino e poi rimane in casa a sgrassare i ripiani della cucina. Ma chi è veramente Perla? La vittima di un uomo maltrattante? Oppure è James vittima delle bugie di Perla?
Servendosi di una scrittura vivace e tagliente, Dai Pra’ mette in scena una commedia umana piena di ombre, dove i personaggi camminano sull’esile filo della verità. Al centro del palco c’è sempre lui, James Tocci, manipolatore e imprevedibile, capace di contagiare le vite di tutti come un virus. “Io quello l’ammazzo”, ripetono i protagonisti uno dopo l’altro, per poi constatare sconsolati “lo diciamo tutti e poi non lo fa mai nessuno”.
Tra appelli a Chi l’ha visto? e denunce di scomparsa, un dubbio terribile si solleva sulla sorte di Perla, eppure c’è chi dice di averla avvistata. Su un panorama di rimozione e sofferenza, aleggia una domanda: “Dove abbiamo sbagliato?”. Forse, come azzarda Felix, “le trame dei misteri alla fine sono sempre scritte da mani poco originali, mani che battono sempre sugli stessi tasti: le bombe le mettono i fascisti; le donne le ammazzano i loro uomini; il resto sono eccezioni, o ipotesi partorite da persone abituate a guardare troppe quinte o seste stagioni delle serie.” Forse.
Silvia Dai Pra’ è nata a Pontremoli e cresciuta a Massa. Ora vive a Roma, dove insegna in una scuola superiore.
Laureata in Lettere, ha conseguito un dottorato di ricerca dedicato all’opera di Elsa Morante. Tra i suoi libri: La bambina felice (Gremese, 2007), Quelli che però è lo stesso (Laterza, 2011), Senza salutare nessuno. Un ritorno in Istria (Laterza, 2019).