Con Figlia del cuore (Marcos y Marcos) Rita Charbonnier dà nuovamente voce a un personaggio femminile indimenticabile.
Dopo aver interpretato la sensibilità delle donne di ieri ne La sorella di Mozart e Le due vite di Elsa, nel suo ultimo romanzo la scrittrice si rivolge all’universo femminile di oggi, cogliendone con maestria la complessità e la ricchezza. Ecco che allora la piccola Ayodele, con la sua difficile storia di affido assieme al fratellino Obani, non è solo la protagonista di una vicenda realmente accaduta, ma l’emblema di un’intera generazione di giovani donne.
Sono tante le Ayodele di oggi, che affrontano le sfide della nuova società multiculturale, districandosi tra le tradizioni del passato e i cambiamenti del futuro. In un mondo ancora a misura d’uomo, lottano perché i diritti di alcuni diventino quelli di tutti, difendendo le proprie radici culturali, etniche e identitarie.
In una Roma che cambia volto assieme a quello di un intero paese, Ayodele, di origine nigeriana ma nata e cresciuta in Italia, è la nuova cittadina di una società le cui coordinate affettive e familiari sono profondamente cambiate. A segnare il passo è però una legge che non consente ad Ayodele e alla sua mamma affidataria Sara, single, di diventare una famiglia, perché in Italia chi non è sposato non può adottare.
Con profonda delicatezza e vivacità, Rita Charbonnier traccia un cerchio degli affetti capace di contenere lacrime e sorrisi, solitudine e accoglienza, pronto a far entrare ogni figlia del cuore, senza porre condizioni.
Rita Charbonnier, con Ayodele lei delinea ancora una volta una figura femminile di rilievo. Da dove nasce questa sua spiccata sensibilità?
RC: Oh, non lo so proprio… [ride]. Quel che è certo è che occuparsi di figure femminili, soprattutto se si tratta di donne che desiderano realizzarsi, significa raccontare storie con un buon potenziale, perché sono basate su un conflitto tangibile. Tuttora noi donne incontriamo difficoltà maggiori degli uomini nell’autorealizzarci. Chi più chi meno, ovviamente… dipende da tanti fattori, a cominciare dal luogo del mondo nel quale ci troviamo a vivere. Ma in ogni caso, costruire personaggi femminili significa delineare percorsi intrinsecamente drammatici. Inoltre, quello del “gender gap” è un problema rilevante, e per me scrivere significa affrontare questioni di rilievo.
Figlia del cuore affronta il tema dell’accoglienza dei minori stranieri e della loro integrazione. Come si è avvicinata alla vicenda della protagonista?
RC: Il romanzo è basato su una storia vera, che riguarda persone che conosco e che ho intervistato più volte. Inoltre, per fare ricerche, ho incontrato genitori affidatari e adottivi, membri di associazioni, psicologi, assistenti sociali… quello che mi interessava soprattutto era creare un percorso di trasformazione. Ayodele, la protagonista, all’inizio della storia nutre una sfiducia totale nel prossimo ed è naturale, visto quello che le è successo. Poi, però, grazie alle esperienze che vive e al suo modo di affrontarle, le cose cambiano.
Il romanzo tocca anche un argomento di grande attualità come l’adozione da parte dei single. Che idea si è fatta a riguardo?
RC: Le persone non sposate possono adottare bambini in molti Paesi del mondo. Anzi, sono più numerosi i Paesi nei quali possono adottare, di quelli nei quali questo diritto è negato. In Italia, ogni volta che un’idea del genere compare all’orizzonte, si alza un muro. Eppure, i single sono sempre di più. Un terzo del totale delle famiglie, ormai. È chiaro che per un ragazzino l’ideale è essere allevato da una coppia di adulti affettuosi, che restino insieme finché morte non li separi. Ma più che un ideale, è un’utopia… e allora, scartare aprioristicamente i single non è come buttare l’acqua sporca col ragazzino dentro?
Nello scrivere la travagliata storia della protagonista e del fratello Obani quali sono stati gli aspetti che ha ritenuto importante evidenziare? E c’è stata invece qualche insidia che temeva, vista la delicatezza della questione?
RC: Volevo evitare che ne venisse fuori una storia melodrammatica e intrisa di pietismo. Coloro che aiutano le persone in difficoltà non necessariamente sono “buoni” al cento per cento. È anzi importante, mi sembra, che siano consapevoli di appagare un’esigenza propria, prima che altrui. Per evidenziare questo aspetto ho scelto la strada dell’ironia. La protagonista, che narra la propria storia in prima persona, non cerca l’approvazione di nessuno. Anzi, si burla di tutti. Le buone intenzioni le fanno venire il nervoso.
Nei capitoli lei passa agilmente dal registro linguistico del gergo giovanile a quello del linguaggio giuridico. Come si è preparata?
RC: Il gergo giovanile mi appartiene, anche se non sono più tanto giovane… [ride] e soprattutto mi diverte utilizzarlo. Il linguaggio giuridico compare nei documenti ufficiali che costellano il romanzo e raccontano l’altra faccia della storia. In effetti c’è un bel contrasto tra il “non me ne frega una cippa” di Ayodele e “atteso che il S.S. reso esecutivo dal G.T. con provvedimento del…”. Ho semplicemente utilizzato come modello dei veri documenti ai quali ho avuto accesso, e ho chiesto consigli a diversi professionisti.
Oggi Ayodele che donna è?
RC: La ragazza alla quale nel romanzo ho dato questo nome frequenta il liceo scientifico, è tuttora affidata alla donna che nel romanzo si chiama Sara, ed è veramente simpatica e in gamba. Tutti coloro ai quali l’ho fatta conoscere sono rimasti colpiti. Io l’ho vista per la prima volta quando era una bambina diffidente, appena posta in affido, e nel tempo l’ho vista sbocciare e fiorire. L’affidamento familiare può essere una grande occasione di trasformazione per tutte le persone coinvolte. Bisognerebbe che fosse più diffuso, e che se ne parlasse di più e meglio.
Figlia del cuore
di Rita Charbonnier
Marcos y Marcos
Rita Charbonnier ha studiato pianoforte e canto, si è diplomata presso la Scuola di teatro classico Giusto Monaco dell’Istituto nazionale del dramma antico, a Siracusa, e ha frequentato il Corso di formazione e perfezionamento per sceneggiatori della RAI, a Roma. Ha collaborato come giornalista ed esperta di teatro con diverse riviste, e scritto soggetti e sceneggiature che hanno ottenuto riconoscimenti tra i quali la Film Story Competition del programma europeo MEDIA. È anche attrice e ha lavorato con personalità di rilievo: Nino Manfredi, Aldo Trionfo, Renato Nicolini, Lucia Poli, Antonio Calenda, per citarne solo alcuni.
Ha inoltre scritto racconti, monologhi teatrali e testi di argomento musicale. Si esibisce in reading musicali e recital. Il suo primo romanzo, La sorella di Mozart (Corbaccio 2006, Piemme Bestseller 2011), è stato pubblicato in dodici paesi. La strana giornata di Alexandre Dumas e Le due vite di Elsa (Piemme 2009 e 2011) completano un trittico con protagoniste personaggi femminili e la Storia.