Con Romanzo in bianco e nero (Avagliano Editore), la scrittrice Delia Morea, prematuramente scomparsa lo scorso ottobre, ci consegna un’eredità letteraria raffinata, frutto del suo immenso amore per il cinema.
È cinematografica la trama, dove i capitoli si alternano come in un montaggio filmico, così come i dialoghi, incisivi e incalzanti. Ma lo è soprattutto l’ambientazione, tutta romana, dove i piani sequenza attraversano il Portico d’Ottavia, lambiscono il Lungotevere, inquadrano due persone che parlano fitto fitto.
Cinematografica è anche l’architettura narrativa, costruita come un arco che congiunge due periodi storici tra loro distanti, la Seconda guerra mondiale e gli anni Settanta. Eppure questo arco temporale, che racconta la storia di un’epoca e dei singoli, risulta stabile e ben saldo su un terreno comune di sogni, passioni, paure e illusioni, che animano i personaggi al di là del momento in cui vivono.
C’è amore tra Marcello e Rachele, ma all’indomani delle leggi razziali del ’38, c’è anche paura per il destino della giovane ragazza in quanto ebrea. È mossa dalla passione l’attrice d’avanguardia Janine Rachele, che come tanti suoi coetanei degli anni ’70 vorrebbe cambiare il mondo, ma intanto lo vede scosso da attentati e sconvolgimenti. Inarrestabile, sullo sfondo scorre la storia: il fascismo, la notte dei cristalli, la Resistenza, il regime di Pinochet e gli anni di piombo. E proprio come in un film in bianco e nero, Roma è prima il set del bombardamento di San Lorenzo, del carcere di via Tasso e del rastrellamento del ghetto ebraico, poi della contestazione, delle lotte per i diritti civili, delle stragi e delle bombe.
È calda la primavera capitolina del ’38, pronta per i bagni a Ostia, ma culmina in un’estate soffocante, presaga di avvenimenti drammatici: dalla stazione Tiburtina partiranno i treni per Auschwitz e il mondo sarà vittima della follia collettiva. È calda, ma di ribellione, la primavera del ’71, quando davanti alla facoltà di architettura della Sapienza studenti e polizia si scontrano nella Battaglia di Valle Giulia. Separate dal tempo ma unite dai sogni, Rachele vuole laurearsi in filosofia, e Janine Rachele in storia del cinema contemporaneo, ma il destino avrà in serbo per loro strade tortuose e deviazioni impreviste. Intanto, il cinema italiano racconta la storia con capolavori come La porta del cielo e Il giardino dei Finzi Contini di De Sica, oppure C’eravamo tanto amati di Ettore Scola.
Ricercato ma realistico, a tratti lirico, il linguaggio di Delia Morea parla di impegno civile, risveglia la memoria collettiva e interroga le coscienze: ‹‹Non vedi come è cambiata intorno a noi la vita? (…). Che puoi fare, tu da solo, contro questo mondo di pazzi?››. Dopo la sua scomparsa, suonano ancora più significativi i pensieri che l’autrice affida nel prologo a Marcello, che nell’età della maturità è impegnato nel ‹‹rito della solitudine›› e riavvolge il film della sua vita. Cariche di consapevolezza vibrano invece le riflessioni dell’epilogo, dove in quella stessa solitudine, – scelta e contemporaneamente condanna -, Marcello cerca invano di afferrare l’inconsistenza dell’illusione. ‹‹Spesso m’interrogo sull’esistenza, su quello che abbiamo vissuto: l’amore, l’amicizia, i dolori, le guerre. Sostanze o illusioni? Vita o immagini di vita? Cosa si cela dietro a tutto questo? O è questa l’unica realtà? Sono queste le cose per cui vale la pena esserci?››.
Scrittrice e giornalista, oltre che critica letteraria e teatrale, Delia Morea è stata autrice di romanzi, racconti, saggi e pièces per il teatro. La sua opera del 1997 Vittorio De Sica. L’uomo, l’attore, il regista, è un omaggio al maestro del neorealismo, così come Romanzo in bianco e nero, dedicato alla grande statura artistica del regista. Mancherà a molti la voce di un’autrice appassionata, che ha saputo interpretare lo spirito del tempo con sensibilità e introspezione.
Romanzo in bianco e nero
di Delia Morea
Avagliano Editore
Delia Morea (1952-2020) è nata e ha vissuto a Napoli. Nel 2002 ha vinto la seconda edizione del premio letterario Anna Maria Ortese, nel 2004 è stata finalista al premio teatrale Napoli Drammaturgia Festival. Ha pubblicato, tra gli altri, i saggi Lazzari e scugnizzi, Briganti Napolitani, Vittorio De Sica. L’uomo, l’attore, il regista (per Newton Compton), Storie pubbliche e private delle famiglie teatrali napoletane (XPress/Torre), la raccolta di testi teatrali La Voce delle mani (Il mondo di Suk edizioni) con la prefazione di Enzo Moscato. Con Avagliano editore ha pubblicato i romanzi Quelli che c’erano (2007) e Una terra imperfetta (2013). La sua ultima opera Romanzo in bianco e nero è stata finalista al premio Strega.