Una vecchia lettera e una pistola coi colpi ancora in canna sono gli unici indizi a disposizione del commissario Ponzetti nella sua nona indagine La vendetta di Oreste (Fazi Editore).
Il commissario romano, nato dalla penna sapiente di Giovanni Ricciardi, è questa volta alle prese con un vero rompicapo, un cold case che rischia di rimanere tale. Il vecchio Oreste è spirato prima di potersi confidare con Ponzetti, suo caro amico, portando con sé un segreto inconfessabile. A distanza di dieci anni il figlio Marco chiede al commissario di indagare sulla vicenda, che si presenta da subito intricata e misteriosa.
In questo suo ultimo romanzo Ricciardi narra una storia personale – quella di Oreste, esule istriano – che riflette un dramma collettivo, l’esodo giuliano-dalmata, facendosi così racconto universale. Intenso e a tratti commovente, La vendetta di Oreste è un’indagine coinvolgente e raffinata sull’identità e sul destino.
Giovanni Ricciardi, in questo suo ultimo romanzo il commissario Ponzetti si muove in una parte di Roma poco nota: il villaggio giuliano-dalmata. Può parlarcene?
GR: Il giuliano-dalmata è una zona di Roma lungo la via Laurentina che pochi romani conoscono. Quando era ancora fuori dalla città vi furono costruiti gli alloggi che ospitarono negli anni Trenta gli operai che costruirono l’Eur. Poi, con lo scoppio della guerra furono abbandonati ed occupati nel 1947 da alcune famiglie giunte a Roma nel corso dell’esodo degli istriani in fuga dalla dittatura di Tito. Ancora oggi una parte degli abitanti di questo quartiere sono figli e nipoti degli esuli. Un piccolo paese all’interno della città, con la sua memoria e la sua storia.
Gli unici indizi di questo caso misterioso sono una vecchia lettera e una pistola con i colpi in canna. Per dirla con Ponzetti, “amore e sangue”. Che ruolo hanno in questa storia?
GR: Lettera e pistola sono le uniche, enigmatiche tracce lasciate dal protagonista muto di questa vicenda: il vecchio Oreste, che era morto lasciando dietro a sé il segreto di un passato doloroso e tragicamente avventuroso, che per varie ragioni non aveva mai rivelato a nessuno, nemmeno ai suoi cari. Su questo passato sarà chiamato a indagare Ponzetti, che passerà dal microcosmo di una vicenda personale al quadro ampio di una pagina di storia italiana ancora poco conosciuta.
La vendetta di Oreste è anche un romanzo sull’identità, un tema molto sentito in questo momento storico. E’ stata l’attualità a spingerla a scriverne?
GR: I primi migranti sono stati gli italiani. Migranti intesi come emigranti che fuggivano dall’Italia per fame e povertà, e immigrati che tornavano nel nostro Paese in fuga da un regime che non tollerava la loro presenza. La loro storia si ripete oggi. La loro storia è pressoché dimenticata, o strumentalizzata politicamente nella retorica della contrapposizione ideologica tra colori opposti.
La lontananza dalla patria e la vendetta sono temi cari alla cultura classica, a cui lei fa sovente riferimento. Come è riuscito a tradurli in trama?
GR: Sono i materiali del mio lavoro quotidiano: l’Odissea, la tragedia greca sono le più grandi trame mai concepite. I libri sono distillati di altri libri. Ed è a quelle storie che alla fine io mi ispiro, come modelli irraggiungibili e incancellabili.
Che Roma è quella de La vendetta di Oreste e perché ha scelto di fare spesso uso del romanesco?
GR: È una Roma di una periferia che è ormai parte integrante del tessuto urbano, tanto da non distinguersi più dal resto della città. Ma che per certi aspetti resta davvero un villaggio, in cui si può ancora incontrare la gentilezza degli accenti di un dialetto e di una cadenza antichi e suggestivi. È la nostra storia, che è fatta non solo di monumenti e di paesaggi antichi, ma di vicende non lontane dal presente che marcano anch’esse il volto multiforme di Roma.
La vendetta di Oreste
di Giovanni Ricciardi
Fazi Editore
Giovanni Ricciardi vive a Roma, dove insegna greco e latino in un liceo. Il suo commissario Ottavio Ponzetti è il protagonista di una fortunata serie di romanzi, tra cui I gatti lo sapranno, vincitore del premio Belgioioso Giallo 2008, Il silenzio degli occhi, finalista al premio Fenice Europa 2012 e Il dono delle lacrime, candidato al premio Scerbanenco 2014. Il penultimo episodio della serie è L’undicesima ora, del 2017.