E’ una storia tutta romana quella raccontata in ‘Lotta di classe’, l’ultimo libro di Ascanio Celestini, edito da Einaudi.
Un continuo andirivieni di personaggi, tra il condominio di borgata in cui abitano, fuori dal Raccordo Anulare, e il call center vicino al centro commerciale di Cinecittà Due, dove per sbarcare il lunario fanno due o tre lavori.
Le loro vite a volte scorrono parallele, a volte si incontrano, in un groviglio esistenziale raccontato dallo scrittore romano nello stile tipico dei suoi monologhi, un po’ sull’onda del flusso di coscienza, un po’su quella della libera associazione, su una strada dove le indicazioni per il presente sono ormai impossibili da trovare.
Parte da una storia dei giorni nostri, il filo del racconto.
La storia di una piccola azienda di pollame, a conduzione familiare, dove il padre decide di trasferirsi in Cina per dare nuovo impulso agli affari, aprendosi al mercato del futuro.
Ma la vita ai tempi della globalizzazione non è un romanzo a lieto fine. L’azienda fallisce, e i figli Nicola e Salvatore sono costretti a lasciare il paese in cui abitano e a trasferirsi con lo zio in un condominio di borgata.
Lì, lo zio finisce per trascorrere le giornate in una delle poche cose che si è salvata dal pignoramento, la poltrona, che diventa la sua scocca.
‘E’una macchia che impatacca la poltrona. Se muore non lo portiamo mica al camposanto. Chiamiamo il tappezziere’, dice Nicola.
Ma a quella poltrona lo zio è inchiodato da un segreto pesantissimo, una vicenda talmente tragica da assumere toni grotteschi, perché, nel mondo della gente comune, ‘se Dio esiste è ubriaco o distratto‘.
Da seduto lo zio osserva il mondo, e quello che vede gli fa urlare a Salvatore, il fratello minore: ‘Studia, e trovati un lavoro meglio di Nicola che fa il precario al call center’.
Nicola però è in buona compagnia, anche nel suo condominio, dove vive Patrizia, sua collega al call center, cassiera in un supermercato e molte altre cose, perché Patrizia, come tanti giovani di oggi, fa dieci lavori.
Marinella, invece, da piccola voleva fare il prete, ma il maestro di dottrina le spiegò, che essendo una femmina, al massimo poteva fare la suora.
‘Quando sei piccola ti dicono che in una nazione democratica come la nostra la donna può diventare qualsiasi cosa. E invece è una fregatura’, dice Marinella.
E siccome ‘tutti siamo liberi di cambiare se siamo disposti a peggiorare la nostra condizione‘, Marinella finisce anche lei a lavorare al call center, oltre a fare altri due lavori.
Tutti precari, s’intende, perché ‘l’Italia’, spiega Celestini, ‘è piena di pizzettai a progetto, di facchini assunti di tre mesi in tre mesi all’Ikea e persino di interinali nell’acciaierie multinazionali.’
Nicola, Salvatore, Marinella, Patrizia e tutti gli altri, si incontrano al call center e sulle scale del loro condominio, al quale tutto sembra ricondurli, perché, com’è nello stile di Celestini, il destino sembra muoversi su una traiettoria circolare, dove è difficile distinguere il punto di partenza e quello di arrivo.
Come tutte le opere di Ascanio Celestini, anche questa nasce da un lungo lavoro di ricerca sul campo, laboratori e interviste ai lavoratori.
‘Questa è la storia e risulta essere una porcheria fatta da uomini senza colpa. L’elettricista della sedia elettrica, l’arrotino che affila la mannaia del boia, gli operai assemblatori di bombe atomiche. Tutti noi instancabili servitori dello stato o dell’azienda, noi che facciamo per benino il nostro mestiere. Un chimico, un fabbro e un operatore di call center. I criceti che fanno girare la ruota.’
Così Ascanio Celestini.
Se voleva dipingere un angolo del nostro mondo che alcuni fingono di ignorare, c’è riuscito: il quadro è tanto inquietante quanto vero.
Se voleva che il suo fosse un libro che non si può raccontare, ma solo leggere, anche.
Lotta di Classe, di Ascanio Celestini
Edizioni Einaudi
Pagine 229
Euro 18,50
Foto tratte da Wikipedia