Dal 20 al 30 ottobre 2016, Milena Vukotic e Antonello Avallone in REGINA MADRE di Manlio Santanelli
Scene e costumi Red Bodò
Regia Antonello Avallone
Teatro dell’Angelo
Via Simone de Saint Bon n. 19
Spettacoli dal giovedì al sabato ore 21.00, domenica ore 17.30
Biglietti: Poltronissima €25 – Poltrona € 22
Autentico caposaldo della drammaturgia italiana del Novecento, Regina Madre, scritta dall’autore napoletano Manlio Santanelli e recensita perfino da Eugène Ionesco al suo debutto ben 30 anni fa, è una pièce rappresentata in tutto il mondo ed apprezzata ovunque poiché improntata ad una delle tematiche costantemente presenti nel nostro quotidiano: il rapporto tra madre e figlio.
A portarla in scena al Teatro dell’Angelo di Roma dal 20 al 30 ottobre p.v., è ora un cast di due interpreti ad hoc: Milena Vukotic, una vecchia signora di nome Regina, matriarca indistruttibile seppure affetta da ogni specie di infermità, e Antonello Avallone, grigio cinquantenne segnato dal duplice fallimento di un matrimonio naufragato, che ancora lo coinvolge, e di un’attività giornalistica nella quale non è riuscito ad emergere. La Commedia a due personaggi, che si tinge di molteplici sfumature che vanno dal tragico al grottesco, dall’ironico alla boutade, prende le mosse da un classico ‘ritorno a casa’ momentaneo di un figliuolo non proprio prodigo poiché pervaso da sottili interessi personali e professionali, filtrati da pazienza, affetto e dipendenza psicologica dalla ferrea genitrice.
Tra i due personaggi in scena si instaura così un teso duello, condotto mediante uno scambio ininterrotto di ricatti e ritorsioni, di menzogne e affabulazioni, in una cornice scenica apparentemente dall’aria domestica e rassicurante – firmata insieme ai costumi da Red Bodò – che però, nell’offrire un perimetro ben preciso ai fantasmi mentali dei protagonisti, finisce per assumere i toni e le suggestioni di un realismo allucinato. In questo microcosmo dai confini continuamente invocati e negati, madre e figlio si inseguono, si cercano e si respingono saccheggiando presente, passato e futuro, in una incalzante altalena di emozioni che hanno nel grottesco la tonalità dominante.
A soccombere, alla fine, sarà il figlio. Ma, come sempre accade nelle coppie legate per la vita e per la morte, anche qui non sarà possibile, e neanche legittimo, distinguere il vincitore dal vinto.