IL DOLORE DEGLI OGGETTI (quando la fotografia si fa scrittura) mostra personale di MARIA PIZZI

IL DOLORE DEGLI OGGETTI
(quando la si fa scrittura)
mostra personale di MARIA PIZZI

Inaugurazione Venerdì 21 ottobre 2016, ore 18.30
Da sabato 22 a venerdì 28 ottobre 2016
dalle ore 17 alle ore 20
Contributo associativo 5 euro – compresa tessera e drink di benvenuto

Spaziottagoni
Via Goffredo Mameli 7, Trastevere
00153 Roma

Dal 21 al 28 ottobre 2016, a Roma, a Spaziottagoni (via Goffredo Mameli, 7, Trastevere), sarà esposta “Il dolore degli oggetti (quando la fotografia si fa scrittura)”, mostra personale di Maria Pizzi.
In mostra videoproiezioni su lenzuola mosse da ventilatori e foto installazioni di foto rotte.

L'”essere-per-la-morte” di heideggeriana memoria fa da fil rouge alla rappresentazione: la meditatio mortis, tema squisitamente filosofico almeno fin dal Fedone di Platone, viene sapientemente declinato artisticamente da Maria Pizzi.

In particolare, i volti umani da lei raffigurati, quali che siano, sempre sollevano in noi un dubbio amletico: si tratta di viventi o di non più viventi? Mediante questa esperienza, che con Benjamin potremmo a giusto titolo qualificare come uno “choc”, l’osservatore prova l’esperienza spaesante del non sapere se ciò che sta vedendo è vivo o morto: è l’esperienza che, con Freud, potremmo chiamare das Unheimliche, “il perturbante”, ciò che ci sconvolge e ci turba, ci pone fuori dai confini della nostra abituale esperienza. Ed è anche per questo che la mostra di Maria Pizzi merita di essere visitata e, soprattutto, meditata.
Diego Fusaro

Maria Pizzi realizza video-installazioni, mette in movimento asintattico fotografie e immagini oniriche, introiezioni dell’esperienza ed epifanie del ricordo. Riedita con disincanto suggestioni da neo-avanguardia, travisate con interferenze pop e incursioni filmiche.
Accelera in sequenze affastellate i lacerti delle esperienze esperite e riflesse. Graffia, abrade e oblitera per evincere alla fine che l’azione di azzeramento forse era innocente e ludica. Pizzi decontestualizza la sovrapposizione dei frammenti visivi che ronzano, sussurrano, gridano collidenti. Accorda derive poetiche con approdi iconoclastici o irriverenti declinazioni del vivere e del narrare la vita. Opera di decostruzione è la sua, di smontaggio e nuova messa in opera: asincrona, corrosiva e corrosa. Gli acetati, i pannelli, i video consolidano una prospettiva aberrata, ma nella contraddizione emerge uno straordinario disegno lucido e dissacrante.
Enrico Salvatore Anselmi

L’immagine dell’arte è il fermo-immagine della vita nell’opera multimediale di M.P., il portato di un campo di segni disseminati fuori da qualsiasi idea di percorso e tutti pronti a rientrare dentro se stessi, a sognare la propria esilità ombratile. Il sogno non è fatto di immagini ferme e perentorie ma di filamenti di immagine pronte a frantumarsi nell’intreccio di molti itinerari. Esso è fatto per essere guardato da un occhio interiore, nella mobilità delle sue tracce. Tracce che sono nello stesso tempo durature, radicate nella storia dei sogni che abbagliano e hanno abbagliato la storia millenaria degli uomini e della terra.
Achille Bonito Oliva

MARIA PIZZI
Laureata in architettura vive e lavora a Soriano nel Cimino e a Roma.
Maria Pizzi inizia il suo percorso artistico come pittrice; la sua pittura, su grandi tele-sculture, sconfina immediatamente attraverso il non-finito e l’informe nel linguaggio teatrale inteso come abbandono dell’identità. Arriva al segno formale della croce aldilà del simbolo e del significato, scomponendo delle grandi croci fatte di materiali leggerissimi in palcoscenico, senza mai arrivare alla performance, ma rimanendo all’interno di linguaggi borderline.

Il “ritorno” al mondo avviene attraverso il mezzo digitale. Le riprese video utilizzano solo realtà fotografate, si parte in seconda e la dimensione fotografica permette una contrazione dello spazio prospettico e di entrare in una realtà che altrimenti sarebbe troppo grande e distante da riprendere. Oltretutto la fotografia non fa distinzione tra la vita e la morte: in fotografia tutti fanno la stessa “bella figura”.

La drammaturgia è affidata alla musica. Il montaggio e le riprese adottano un movimento balbuziente, contratto e non-finito.

Maria Pizzi ha ricevuto critiche positive da diversi curatori e professionisti dello spettacolo, tra cui Achille Bonito Oliva, Felice Farina, Valentina Valentini, Pippo Di Marca, Raffaelle Rinaldi.

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