ARGONAUTI – Giasone e Medea danzateatro al Teatro Parioli Peppino De Filippo

Lunedi 9 e Martedi 10 novembre – ore 21,00
ARGONAUTI – Giasone e Medea
danzateatro
da Apollonio Rodio, Euripide
drammaturgia Maurizio Donadoni, Aurelio Gatti, Cinzia Maccagnano; regia e coreografia Aurelio Gatti
con Carlotta Bruni, Valeria Busdraghi, Stefano Fardelli, Rosa Merlino e Cinzia Maccagnano

Nell’ambito della rassegna PARIOLI IN DANZA, lunedì 9 e martedì 10 novembre va in scena al Parioli Peppino De Filippo ARGONAUTI – Giasone e Medea, uno spettacolo di danza teatro che vede interpreti Carlotta Bruni, Valeria Busdraghi, Stefano Fardelli, Rosa Merlino, con la partecipazione dell’attrice Cinzia Maccagnano.
Tema dello spettacolo, ridotto drammaturgicamente da testi di Apollonio Rodio ed Euripide, sono le avventure e le continue peripezie degli Argonauti che, coinvolti in situazioni imprevedibili e proiettati in mondi sconosciuti a contatto con civiltà ignote dalle idee spesso diverse, se non opposte, alle loro, accettano di mettere in campo le proprie certezze e di confrontarle con quelle degli altri uomini, dando prova della loro spregiudicata intelligenza. Una prova – secondo il regista, coreografo (ed anche curatore dell’intera rassegna di danza) Aurelio Gatti, alla quale sono chiamati, ancora oggi, tutti quei navigatori che decidono di uscire dalla rotta stabilita, dalla convenienza e dalle consuetudini per rischiare di sballare, buttare a mare, le proprie convinzioni ormai ben ancorate nel calmo golfo dell’inamovibile buonsenso. In realtà il loro è un viaggio onirico, visionario, tramite il quale raggiungeranno il fondo della loro anima, quel luogo remoto e inviolato dove appare la luce della coscienza, della consapevolezza.
Un viaggio di iniziazione per danza, teatro e musica, scritto a sei mani da Maurizio Donadoni, Aurelio Gatti e Cinzia Maccagnano e realizzato da MDA produzioni Danza.

Teatro Parioli Peppino De Filippo
Via Giosuè Borsi, 20 – 00197 Roma
tel: 06 807 3040

ARGONAUTI Giasone e Medea – Sinossi
La nave salpa, salutata da un’immensa folla. Mentre si allontana dalla spiaggia Orfeo leva in alto il suo canto, accompagnando il ritmo dei remi che tagliano le onde azzurre del mare. …Eppoi, oltre lo schianto delle azzurre Simplegadi, fino alla Colchide, terra del vello d’oro.
…… quando la polvere e il fumo cominciano a diradarsi, scarmigliato e lucido di sudore appare Giasone. Guida con fermezza le belve, che trascinano l’aratro d’acciaio. Gli animali arano la terra, mentre l’eroe sparge nei solchi i denti di drago che Eta gli aveva consegnato. Col sorgere della luna, nel campo arato, si delineano delle forme che diventano sempre più grandi e più chiare. È un esercito immane di guerrieri che viene fuori dal terreno. Giasone, seguendo ancora una volta il consiglio di Medea, scaglia nel mezzo di questi misteriosi esseri un grosso sasso…………
….. Quando finalmente la nave Argo approda sulle coste elleniche gli Argonauti si rendono conto che al termine di quell’avventura non portano con se solo il prezioso e magico vello d’oro, ma ognuno ha acquisito doni più’ grandi come la coscienza dell’essere e la conoscenza dell’ignoto. Il viaggio li ha forzatamente coinvolti in situazioni imprevedibili, proiettandoli in mondi sconosciuti e a contatto con civiltà’ ignote … Ed e’ qui, che accettare di mettere in campo le proprie certezze e confrontarle in quelle di altri uomini fu senz’altro la vera, straordinaria prova per gli Argonauti e lo e’ ancora oggi per tutti quei navigatori che decidono di uscire dalla rotta della convenienza e delle consuetudini per rischiare di sballare, buttare a mare, le proprie convinzioni ancora ben ancorate dal calmo golfo dell’inamovibile buonsenso.
E la vicenda del viaggio si rafforza e si trasfigura nella vicenda di Giasone e Medea : sembra lo struggente dramma dell’abbandono , ma è solo la superficie. L’incontro, le scelte, i mutamenti sono ripercorsi nei pensieri della maga, nipote di Circe, barbara della Colchide, trapiantata in terra greca per amore, dopo aver rinnegato le proprie origini, il proprio popolo, la propria patria, ucciso il fratello Absirto, spargendo i resti in mare, abbandonato i genitori … Il cuore mi batteva contro il petto, le tempie. Dimenticavo mio padre, gli dei, la Colchide. Per uno straniero….
Attraverso Medea il mito ri-diventa umano : “La maga Medea ora non serve più”…., “Lasciami i figli nati dalla mia carne”…. e rinnova temi che sono stati ridotti a consueto corollario del contemporaneo: lo scontro di civiltà, la comprensione delle diversità, l’inconciliabile confronto tra il pensiero strumentale- calcolante di Giasone e quello di Medea che si ispira alla totalità… “Siamo diversi. Voi pensate che portare una strada in un posto risolva tutto. Noi ci perdiamo a scrutare le anatre in volo . Quella che per Voi è una terra desolata, per me è terra benedetta . Pianti un bastone e nel giro di una settimana mette radici.. dopo un mese fiorisce e dopo un anno hai il primo raccolto di frutta…
In realtà, il viaggio, onirico, visionario , il tramite attraverso il quale raggiungere il fondo della propria anima, si spezza e quel luogo remoto e inviolato – privato del suo spazio e dal suo tempo – diventa la deriva di ogni certezza e di ogni fondamentale.

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