Ha inizio oggi la terza edizione del Festival Flamenco organizzato dalla Fondazione Musica di Roma in collaborazione con la Bienal de Flamenco di Siviglia. Per dieci giorni l'Auditorium ospiterà alcuni tra i più famosi rappresentanti di questa arte dalle origini popolari lontane e travagliate, ma ormai parte integrante del territorio andaluso e celebre in tutto il mondo.
Origini indissolubilmente legate al popolo Gitano che, costretto a lasciare il Pakistan, attraversò l'Europa intera fino a stabilirsi in Andalusia nei primi decenni del '400. Qui i Gitani furono inizialmente accolti nel viluppo di etnie che storicamente popolava la vivace regione spagnola e poterono crearsi una dimensione in cui far rivivere la loro cultura tramandata per lo più oralmente e preservata quindi con maggior tenacia durante le peregrinazioni.
Ma questo clima di tolleranza ed integrazione fu presto soffocato dalle persecuzioni cattoliche, che tra il XV ed il XVI secolo afflissero le popolazioni gitane, arabe ed ebree presenti nel territorio, proibendo loro addirittura di esprimersi nelle rispettive lingue. Furono paradossalmente proprio la clandestinità e lo stretto contatto con la cultura araba ed ebraica a rafforzare nei gitani il desiderio di dare sfogo al loro dolore, raccontare la loro storia e resistere alle violenze.
Nacquero così i primi canti malinconici e viscerali in lingua Calò, nei quali si combinarono elementi di musica sacra, canto profano e tecnica corale, diffusi tra le tre culture perseguitate. Il Cante Jondo, profondo, fu presto accompagnato dal Baile, essenziale ma già ammaliante che si evolverà poi nelle forme del ballo fiero e sensuale, impavido ed elegante, che conosciamo oggi. Oltre al battito delle mani, le palmas, non vi era inizialmente alcun supporto musicale; l'accompagnamento della guitarra fu introdotto, infatti, solo verso la fine dell'800, quando il Flamenco era ormai un'arte libera interpretata dai molti "flamencheri" che si esibivano nei Caffè. Nei moderni Tablaos, il chitarrista è spesso solista e componente quasi indispensabile nella gran parte degli spettacoli.
Da oggi fino al 20 settembre, all'Auditorium sarà possibile conoscere più da vicino questo mondo, assistendo agli spettacoli di baile, cante e toque, o partecipando attivamente alle "serate danzanti", ai masterclass e agli incontri di approfondimento.
Aprirà il festival la cantaora Esperanza Fernández, che con il suo spettacolo "Recuerdos" reinterpreterà alcuni classici della tradizione flamenca.
La giovanissima Fuensanta La Moneta si esibirà invece venerdì e sabato presentando due spettacoli diversi, "De entre la luna y los ombre" e "Lo que trae el aire". Si calerà inoltre nel ruolo di insegnante durante le due lezioni, livello base ed avanzato, che si svolgeranno la mattina del 12.
La giornata di sabato prevede altri due appuntamenti interessanti: "Claves de la música flamenca", prima delle due lezioni concerto tenute dal musicologo Faustino Núñez, ed il concerto di Diego El Cigala che presenterà il nuovo lavoro "Dos lagrimas".
Il 13, oltre alla seconda lezione concerto, si svolgeranno i due masterclass di baile tenuti questa volta da Isabel Bayòn, figura di spicco del flamenco gitano, che si esibirà poi il 14 in "Tan solo Flamenco" ed il 15 in "La puerta abierta" ed il concerto del guitarrista Juan Manuel Cañizares per chiudere la giornata.
Il 16 ed il 17 altri due concerti, rispettivamente del sassofonista Perico Sambeat accompagnato dall'Orchestra Jazz Parco della Musica, PMJO, e del celeberrimo El Pele, conosciuto in tutto il mondo per il suo fiero attaccamento alle radici gitane.
Nelle serate del 18 e del 19 sarà di scena "l'ultima rivelazione del baile contemporaneo" Rocìo Molina che presenterà "Oro viejo" e "Almario".
Per la serata conclusiva del festival ci si sposterà a Piazza Navona, scenario inconsueto per la Noche de Sevilla, ma perfetto per creare un ponte diretto tra i moltissimi artisti che si alterneranno sul palco e l'appassionato pubblico romano.
Chi si è perso le due magiche anteprime di Israèl Galvan, che si è esibito lo scorso luglio a Villa Adriana, avrà dunque dieci giorni per rifarsi, lasciandosi travolgere dalla colorata ed esuberante passionalità di questo linguaggio che non si può circoscrivere nelle definizioni di ballo, canto o musica, perché è molto di più. E' un intreccio di vite e di culture. E' la storia di un popolo e dei suoi incontri.
Per il programma dettagliato e maggiori informazioni sugli orari ed i prezzi dei biglietti consultare il sito www.auditorium.com