Spegnersi lentamente, o aggrapparsi a nuovi obiettivi per proseguire al meglio? A loro, quindi, non rimane che scegliere.
Gli Slayer sono uno di quei nomi della scena metal conosciuti pure da coloro che non sono proprio avvezzi a simili sonorità. Si tratta, infatti, di una band attiva dagli inizi degli anni ’80, che ha composto degli album che sono entrati nella storia di questo genere musicale. Pensiamo soltanto a quel capolavoro Thrash dal titolo “Reign in Blood”, pubblicato nel 1986 e contenente due fra i brani più famosi del metal, ossia “Angel of Death” e “Raining Blood”. Se dovessimo pensare alla violenza in musica, certamente questo loro lavoro (durata complessiva che si aggira a soli 29 minuti) risulterebbe quantomai adatto nel poterla rappresentare a dovere. Non solo “Reign in Blood” però, perché anche “Hell Awaits” (1985) e “Seasons in the Abyss” meritano una menzione particolare, proprio per il fatto di essere pietre miliari del Thrash e, in generale, di tutto il metal “estremo”. Tanti gruppi hanno deliberatamente preso spunto dagli Slayer e, per certi versi, ciò è inevitabile. Si vuol suonare Thrash Metal, oppure Black e Death metal? Sempre da lì, quindi dagli Slayer, occorre partire. La band guidata da Tom Araya e Kerry King ha, assieme ad altri nomi come Venom, Bathory, Celtic Frost e Possessed, creato un nuovo genere musicale caratterizzato da sonorità brutali, ritmi forsennati, testi cruenti e con chiari riferimenti al satanismo. Col trascorrere degli anni, tuttavia, gli Slayer hanno provato pure nuove soluzioni musicali, oltre a testi più vari, a partire da “South of Heaven” (1988), dove troviamo un rallentamento del ritmo ed una ricerca d’atmosfera. La svolta avverrà con “Diabolus in Musica” (1998), che ha diviso critici e fans. Il gruppo, infatti, strizza l’occhio a suoni più moderni ed i brani risultano più articolati e dinamici. Anche il successivo “God Hates Us All” (2001) susciterà diverse perplessità e la svolta “moderna” della band da tanti non sarà accolta con entusiasmo. Col ritorno alla batteria di Dave Lombardo in “Christ Illusion” (2006), si nota un parziale ritorno agli Slayer degli anni ’80 e ciò verrà confermato dall’ultimo album di inediti, “World Painted Blood” (2009). Gli ultimi Slayer, però, portano avanti un copione già scritto e il tutto risulta essere prevedibile. Tuttavia, i loro concerti ottengono sempre ottima affluenza di pubblico e questo spiega la loro decisione di intraprendere una serie continua di tour, anche in assenza di un nuovo lavoro da promuovere. Certo, gli anni passano e Tom Araya morde di meno dietro al microfono e, oltre a questo, non riesce più a dedicarsi sul palco al classico headbanging. L’unico che sembra essere rimasto uguale, è l’indomito Kerry King che, dopo la morte di Hanneman, rimane la vera anima ed il motore del gruppo.
“La morte, il male e la violenza sono tutte cose che esistono. Ovviamente, hanno un fortissimo valore di attrazione nei confronti della gente, e non voglio mentire dicendo che non ci rendiamo conto che molto del nostro pubblico ci segue proprio perché parliamo di queste cose, ma in realtà abbiamo avuto sempre un interesse per le situazioni estreme. Ci piace osservarle e descriverle come se fossimo degli osservatori distaccati.” (da un’intervista rilasciata a Metal Hammer nel settembre del 2000)
I fans degli Slayer, però, rischierebbero di essere, loro, gli osservatori (non distaccati) del declino della band. Agli Slayer il compito di evitare una fine patetica.