È come se si azzerasse tutto in modo da poter ricominciare dall’inizio, o quasi. È come se si riavvolgesse il nastro, magari non proprio dal principio, ma siamo lì. Dopo dieci anni, Cristiano De André torna a pubblicare un nuovo album di inediti, “Come in cielo, così in guerra”. Si tratta di un evento importante per l’artista di Genova, anche perché sembrerebbe mettere la parola fine ai numerosi omaggi al padre che hanno caratterizzato la sua attività live degli ultimi anni. Dopo i due dischi “De André canta De André”, Cristiano pubblica un qualcosa di suo. Finalmente.
Un cognome a dir poco impegnativo ed ingombrante il suo e, certamente, non è mai stato facile per lui quando ha deciso di intraprendere quel tipo di carriera. Essere il figlio di Faber è qualcosa che, come si usa dire, fa tremare i polsi. Ovviamente si aprono possibilità, proprio perché il padre è Fabrizio De André, ma i raffronti sono parecchi, come pure la continua diffidenza. I suoi inizi sono legati ad una band, Tempi Duri, con la quale ha iniziato a collaborare, sin dal 1982, pubblicando l’album “Chiamali Tempi Duri”, uscito proprio in quell’anno lì. Tuttavia, Cristiano deciderà di voler intraprendere una strada da solista che, almeno all’inizio, sarà tutto tranne che semplice. Una svolta avviene nel 1993 con la partecipazione fortunata al Festival di Sanremo con il brano “Dietro la porta”, che arriva secondo ed ottiene pure il Premio della Critica e quello “Volare”. Si tratta di una canzone abbastanza raffinata, assolutamente non radiofonica ed impreziosita da una voce chiaramente riconoscibile. L’altra svolta, quella definitiva, è legata all’ultimo tour di Fabrizio De André di supporto ad “Anime salve”. Nella seconda metà degli anni ’90, Cristiano accompagnerà il padre in quel tour che verrà poi immortalato in due album dal vivo e in un DVD. Il 2001 sarà poi la volta di “Scaramante”, un lavoro accolto bene sia dal pubblico che dalla critica, anche se non si parla di vendite minimamente paragonabili a quelle di altri artisti italiani che riempiono stadi e palazzetti dello sport. Del resto, Cristiano non fa musica pop e neppure un rock capace di scuotere arene, perché la sua rimane musica lontana dal commerciale in senso stretto e con una promozione ridotta all’osso.
Ecco però la decisione di intraprendere un tour con, in scaletta, i brani geniali del padre. Nel 2009 parte con il progetto “De André canta De André”, il quale lo porterà a girare tutta la Penisola, ottenendo vasto consenso. Successivamente ci sarà l’uscita di due album registrati dal vivo, col compito di immortalare quel lungo tour. Il progetto non poteva che conquistare la gente, perché si sta parlando di una persona che ha respirato sin da piccolo l’atmosfera di una Genova, all’epoca, in gran fermento e, aspetto non di poca importanza, ha accompagnato Faber in concerto e collaborato con Massimo Bubola, cantautore molto vicino al padre (pensiamo soltanto all’album “Rimini” del 1978 con testi e musiche proprio di De André e Bubola). Il rischio, però, era quello di rimanere troppo legato ai successi immortali di papà Fabrizio. Sfruttamento del genio paterno? Voglia di approfittarsi completamente di quel “De André” come cognome? Non si tratta di mettere in dubbio le sua qualità artistiche, ma il rischio era palese. Le malelingue ci sono ed hanno in passato fatto diverse vittime. Rimanere troppo ancorati al padre, ed a ciò che ha rappresentato per il Paese intero, poteva senz’altro nuocere a Cristiano.
“Ci ho messo tutto quello che potevo: volontà, notti insonni a scrivere, ma questa volta ho lavorato più ai testi, ho scritto tanto e forse mi sono liberato di quell’ombra incazzata di mio padre che, ogni volta che prendevo la penna, mi diceva: che cazzo stai scrivendo… Insomma, ci voleva tempo. È stato un anno difficile, di crisi, sono inciampato, c’è stata anche un po’ di depressione perché non riuscivo a chiudere nei tempi che volevo… Alla fine sono molto contento del lavoro fatto con Corrado Rustici a Los Angeles, il disco è venuto davvero bene.”
Questo le parole di Cristiano De André estratte da una recente intervista rilasciata a Gino Castaldo di Repubblica e pubblicata sul settimanale Il Venerdì.
Non è stato, perciò, facile partorire il nuovo “Come in cielo, così in guerra”. Il tutto è avvenuto in un periodo complicato per l’artista, in particolare dal punto di vista mentale: depressione, stanchezza, stress. Probabilmente Cristiano sentiva addosso pure la famigerata “ansia da prestazione”, il doversi per forza di cose scrollare l’ombra del padre e, paradossalmente, il successo del tour “De André canta De André”.
È ora di tornare con una proposta che sia del tutto “Cristiano De André” e con concerti non incentrati sui classici del Faber. Ecco, quindi, un tour di supporto al nuovo album, che arriverà anche nella Capitale, Auditorium Parco della Musica (sala Santa Cecilia, ore 21), il 25 aprile 2013.
Forse è finalmente arrivato il momento di rivendicare il suo essere artista e non soltanto il figlio di Fabrizio De André, colui che propone le cover del padre. Una carriera, quella di Cristiano, che può iniziare di nuovo all’età di 51 anni…