Questa citazione è tratta dalla canzone “Il ballo di Aureliano”, contenuta nell’album del 1997, “Terra e libertà”, un lavoro ispirato alle poetiche di diversi scrittori, fra i quali Gabriel García Márquez e Luis Sepúlveda.
Una musica impegnata allora? Sì, ma non c’è, diciamo, presunzione, distacco, oppure l’alone da intellettuale che da sempre accompagna la carriera di prestigiosi cantautori italiani, bensì vicinanza col proprio pubblico e desiderio di rendere un concerto come una festa. Ma di chi stiamo parlando, per la precisione? No, chi scrive non si è dimenticato del nome della band ma, come tutte le opere letterarie che si rispettino, c’era bisogno di una sorta di introduzione. Dunque, si sta parlando dei massimi esponenti del cosiddetto “Combat folk”, i Modena City Ramblers.
Una delle più belle definizioni di ciò che rappresenta il gruppo è quella di Paolo Verri, presente nel libro “Combat Folk – L’Italia ai tempi dei Modena City Ramblers”(Giunti Editore): “I Modena City Ramblers sono uno stile di vita e di pensiero, che li mette al fianco del loro pubblico, di cui non sono idoli ma amici fraterni.”
Ma cos’è, di preciso, questo “Combat Folk”? Innanzitutto c’è da dire che rappresenta il primo demo del gruppo, uscito nell’ormai lontano 1993. Il titolo è un omaggio, neppure tanto nascosto, al quinto album dei mitici The Clash, “Combat Rock”. Il demo contiene quattro brani strumentali appartenenti alla tradizione irlandese e tre cover, fra cui la celebre canzone di Paolo Pietrangeli, “Contessa”. Le origini stilistiche del “Combat Folk” vanno ricercate nel folk irlandese e nel celtic rock, in particolare quello dei The Pogues, grande musa ispiratrice dei Ramblers.
La vera svolta per il gruppo avverrà, però, l’anno successivo col proprio primo album intitolato “Riportando tutto a casa” (il titolo è la tradizione del nome di un album di Bob Dylan, ossia “Bringing It All Back Home”). Qui viene espressa l’anima vera del gruppo, efficace manifesto del “Combat Folk”. Ciò che sorprende è l’ottima unione di sonorità irlandesi con quelle emiliane, aspetto che poi si ripeterà per tutta la loro lunga carriera. I successivi tre album rappresentano, forse, l’apice dei Ramblers. Ecco, quindi, “La grande famiglia” (1996), che presenta diverse collaborazioni (tocca ricordare quella con Paolo Rossi e gli Üstmamò). L’anno successivo, invece, vedrà la luce il già citato “Terra e libertà”, album che otterrà un grande successo, premettendo loro di intraprendere lunghi tour. Dopo il live acustico “Raccolti” (1998), i Ramblers tornano con “Fuori campo” (1999), che mostra il gruppo cimentarsi con tutta una serie di diversi generi musicali, dal folk, al rock, al punk-rock, fino alla musica etnica.
Durante l’estate, il gruppo ha portato in giro il suo Modena City Buskers Tour 2012 (buskers intesi come artisti di strada). Novità di questa serie di concerti è la speciale interazione col proprio pubblico. La scelta dei brani da inserire in scaletta è stata fatta, di volta in volta, proprio dai fan, che si sono collegati al sito del gruppo, esprimendo una preferenza. Ultime tappe per questo tour, che arriverà pure a Roma, il 28 settembre 2012, al Crossroads Live Club (Via Braccianese 771, Osteria Nuova). Da “Riportando tutto a casa” fino all’ultimo “Battaglione alleato” (2012), la scelta dei brani sarà molto impegnativa per gli appassionati del gruppo.
Vi volete svagare un po’, volete fare un bel salto indietro nel tempo, avete voglia del “Combat Folk”? Se la risposta dovesse essere “sì”, l’appuntamento per i romani lo conoscete… Buon concerto!