Litfiba -_Flickr

Piero, Ghigo ed un nome più grande di loro

Litfiba -_FlickrLa più grande rock band italiana. Questo non lo dice soltanto uno che da anni apprezza il gruppo, ma è una realtà vera e propria. Grande inteso come capacità di riempire le arene, i palazzetti dello sport e di vendere numerose copie. Nessun gruppo rock di questo Paese può vantare un curriculum così colmo di successi. Timoria, Negrita, Bandabardò, Marlene Kuntz, Afterhours, Verdena, nessuno è riuscito a fare meglio della band guidata da Piero Pelù e Ghigo Renzulli.

Chiaramente andrebbe considerata la carriera nel suo insieme, perché valutando la qualità degli ultimi album, i giudizi potrebbero un po’ cambiare. Del resto, però, è difficilissimo mantenere sempre alti gli standard qualitativi. “17 re” è uscito nell’ormai lontano 1986, mentre “Grande nazione” ha visto la luce nel gennaio 2012. Sono cambiate, nel frattempo, tantissime cose, come anche i loro gusti musicali, scelte artistiche e così via. Rimane però il nome, Litfiba, un nome che ha appassionato tanti ragazzi ed unito più di una generazione.

La bandTutto prende il via con l’indirizzo telex della sala prove utilizzata, agli esordi, dalla band originaria di Firenze: “L” (prefisso telex), “IT” (Italia), “FI” (Firenze) e “BA” (via de’ Bardi). Siamo agli inizi degli anni ’80, quando il punk si stava oramai esaurendo e veniva fuori la new wave. Sono proprio queste le palesi influenze che si possono notare nei primissimi lavori firmati dalla band. Dopo i due EP “Litfiba” (1982), “Yassassin” (1984) e la colonna sonora di uno spettacolo teatrale, “Eneide di Krypton” (1983), uscirà il primo vero album, il celebre “Desaparecido (1985). I testi sonio profondi, un po’ ermetici e c’è notevole ricerca sonora, spaziando da sonorità new wave al rock classico, il tutto con una buona dose di melodia che non guasta.
La formazione dei Litfiba è da brividi, oltre ai già citati Piero e Ghigo, ci sono Gianni Maroccolo, Antonio Aiazzi e Ringo De Palma, tutti grandi musicisti e dotati di ottima perizia tecnica. A seguire quel capolavoro che prende il nome di “17 re” (1986), il secondo capitolo della cosiddetta “Trilogia del potere”. Ci troviamo davanti a dei brani straordinari, sia dal punto di vista musicale che a livello dei testi.  Alcuni titoli delle 16 tracce che compongono l’album? “Apapaia”, “Come un Dio”, Re del silenzio”, “Cane”. A chiudere la trilogia ci penserà “Litfiba 3” (1988), un lavoro leggermente più accessibile, soprattutto a livello di testi. Il successo, intanto, inizia a bussare alle porte della band e i loro concerti ottengono sempre ottima risposta di pubblico. Manca però quel “salto” per permettere loro di mandarli in vetta alle classifiche. Ecco allora un’altra trilogia, quella degli “elementi”. Il primo capitolo, “El diablo” (1990), porterà un cambiamento sotto tutti i punti di vista. Il suono diventa più duro, ai limiti dell’hard rock, mentre i testi si fanno più semplici ma, allo stesso tempo, belli pungenti. Tutto verrà ancor più estremizzato col successivo “Terremoto”, uscito 3 anni dopo. L’album vende parecchio, nonostante sonorità che strizzano l’occhio al metal. I brani sono un pugno in faccia, basti ricordare “Dimmi il nome”, “Maudit” e “Sotto il vulcano”. “Spirito” (1994), invece, è caratterizzato da sonorità più soft, un aspetto che caratterizzerà anche i lavori successivi, specialmente il tanto contestato “Infinito” (1999), l’album più commerciale in assoluto dei Litfiba. Tuttavia, i soldi non sono tutto, come nemmeno i tanti sold out, che la band ha intanto collezionato. Piero e Ghigo si mettono a litigare, fino a giungere ad una dolorosa separazione. I Litfiba continueranno con Gianluigi “Cabo” Cavallo alla voce, mentre Pelù inizierà a dedicarsi alla carriera da solista. Il risultato? I nuovi Litfiba, piano piano, scompariranno dalle classifiche, fino a divenire quasi gruppo underground, mentre Piero farà uscire album modesti, senza mordente, nonostante un buon successo di vendite
L’11dicembre del 2009, però, ecco il grande annuncio della reunion, che sembra rispondere all’invito di un brano di Elio e le Storie Tese, “Litfiba tornate insieme”.
La reunion vuol dire ritornare assieme su di un palco, riprendere confidenza con brani forse un po’ dimenticati e, soprattutto, ritrovare l’affetto dei fan. Non solo appuntamenti live, perché la band si chiude in studio e se ne esce con un album di inediti intitolato “Grande nazione”. Le aspettative sono alte e il risultato è, scolasticamente parlando, appena sufficiente. I suoni sono più pensanti, i testi più aggressivi, ma manca quel “qualcosa”… Di cosa si tratta? Manca il talento, un aspetto di vitale importanza. Brani che scorrono via, ma ti lasciano poco o nulla. Si tratta di canzoni inoffensive, come se volessero tornare a fare un po’ i “duri”, ma senza poterselo permettere. Peccato, ma ciò dimostra che il talento va conservato ed alimentato sempre. Si può anche cambiare stile e abbandonare il rock più crudo, ma senza idee è difficile uscirsene con un album all’altezza di un nome storico come quello di Litfiba.
Nonostante questo, un loro concerto è sempre godibile, perché si tratta di una carrellata di tutti i loro periodi, dai momenti esaltanti, fino a quelli attuali. Inoltre, Piero è sempre bravissimo sul palco ed a comunicare col pubblico. Ghigo, da parte sua, svolge sempre molto bene il suo compito alla chitarra.
Appuntamento, perciò, il 28 luglio 2012, nell’ambito di Postepay Rock in Roma 2012, presso l’Ippodromo delle Capannelle, ore 21.45. Prezzo biglietti: € 30,00+ 4,50 d.p.
Alla fine, rimangono sempre in cima al rock italiano, nonostante la loro musica non sia, oggi, di grandissima qualità. Cosa c’è, però, in giro? I gruppi underground faticano, purtroppo, ad emergere, perché vanno avanti solo quelli che escono dai Talent Show e altre band di un certo peso faticano a ritrovare l’ispirazione (ad esempio, i Marlene Kuntz). Forse “Grande nazione” è lo specchio del rock italiano di oggi: dietro una parvenza di “aggressività”, c’è un vuoto inquietante.

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