“Un musicista determinato ad andare oltre le solite forme musicali stagnanti.” Queste furono le parole, più o meno, che Steve Hackett utilizzò in un annuncio su un popolare settimanale musicale inglese, Melody Maker. Probabilmente furono proprio i termini qui utilizzati ad attirare l’attenzione di un certo Peter Gabriel, che decise di contattare questo musicista il quale, poco dopo, entrò a far parte di un gruppo chiamato Genesis.
Era il 1970 e un anno dopo uscì “Nursery Cryme”, con Hackett alla chitarra, considerato da molti come il primo capolavoro della band. E’ difficile, ad esempio, dimenticare un brano molto articolato e di grande atmosfera come “The Musical Box”, che è anche il primo vero successo dei Genesis. Il successivo “Foxtrot” (1972) è la dimostrazione della piena maturità oramai acquisita dalla band inglese, che arriverà al successo mondiale con il seguente “Selling England by the Pound” (1973), ritenuto uno dei massimi capolavori del “progressive rock”. Hackett ha, perciò, contribuito alla composizione e suonato in alcuni dei brani che hanno fatto la storia di questo raffinato genere musicale, ossia “Firth of Fifth”, “I Know What I Like (In Your Wardrobe)” e “The Cinema Show”. Il talento di questi musicisti troverà modo di esprimersi, ancora ad altissimi livelli, pure nell’indimenticabile concept album del 1974, “The Lamb Lies Down on Broadway”, l’ultimo con Peter Gabriel alla voce.
Tuttavia, anche per Hackett venne il momento di separarsi dal gruppo e ciò avvenne dopo il tour durante il quale venne registrato il doppio live album, “Seconds Out” (1977). La carriera di questo grande chitarrista, però, non arrivò alla fine, anzi…
Hackett abbandonò la band a causa di divergenze musicali, ma ciò non comportò una pausa duratura, questo perché il chitarrista decide di pubblicare, nel 1978, il suo secondo album solista, “Please Don’t Touch” (il primo, invece, risale a tre anni prima e si intitola “Voyage of the Acolyte”). Gli anni ’80 furono nondimeno un ulteriore momento di svolta per il musicista, che provò ad avvicinarsi a sonorità prossime al pop con “Cured” (1981), per poi cambiare ancora e dedicarsi a tempo pieno alla chitarra classica (“Bay of Kings” del 1983 e “Momentum”, uscito nel 1988). Adesso ha, senza dubbio, più libertà nei movimenti, rispetto al periodo nei Genesis e può fare, sostanzialmente, quello che gli pare. Nessun tipo di restrizioni, nessuna estenuante discussione con altri musicisti di personalità. Lui, e soltanto lui, a prendere le decisioni, a raccogliere consensi, ma anche eventuali pareri negativi. Alla fine, la critica risulterà essere quasi sempre dalla sua parte e potrà comunque contare su un numero abbastanza nutrito di fans.
E così arriviamo ai nostri giorni con l’ultimo album, “Beyond the Shrouded Horizon (2011), un lavoro di gran pregio che non può che soddisfare tutti gli appassionati di “progressive rock”. La produzione è curata, nulla è lasciato al caso e c’è una discreta varietà stilistica. Insomma, una specie di “contenitore” di tutto ciò che Hackett ha saputo sfornare nella sua lunga ed intensa carriera. Adesso è venuto il momento di tornare a proporsi dal vivo per celebrare il quarantennale del primo tour coi Genesis. Nel 1972 la band inglese arrivò a suonare per la prima volta in Italia e da quel momento è stato amore a prima vista, perché il nostro Paese ha sempre tenuto in massima considerazione il loro rock sofisticato e le trovate sceniche sempre originali.
Per gustarsi lo show di Hackett, basterà recarsi alla Stazione Birra dove, giovedì 19 aprile 2012 alle ore 22, si terrà proprio un suo concerto. Un modo, questo, per ripercorre la lunga carriera di questo grande talento del rock, da alcuni classici dei Genesis, fino ai momenti più salienti del suo percorso da solista.
Adesso che i Genesis non esistono più, e Phil Collins ha annunciato di voler smettere per dedicare più tempo alla sua vita privata, non rimangono che Hackett e Gabriel a pubblicare nuovi lavori ed a fare concerti. Il tempo passa inevitabilmente e pure per loro arriverà, un giorno, il momento di smettere e ritirarsi dalle scene. Tuttavia, i loro album rimarranno in eterno e le generazioni future di musicisti dovranno sempre fare i conti con questi monumenti della musica. Genesis, Pink Floyd, Dire Straits e diversi altri, sono riusciti là dove nessuno scienziato ha avuto ancora la capacità di arrivare. Sono arrivati all’immortalità e scusate se è poco…