Come è arrivato a Roma un musicista di Country Blues, la musica che i neri suonavano nelle piantagioni di cotone del sud degli Stati Uniti?
Lo abbiamo chiesto ad Alex Di Reto, voce d’eccezione del Country Blues nella capitale, e la risposta è stata: 'Fingerpicking!'.
Alex, ma che differenza c’è tra Blues e Country Blues?
I musicisti Blues da noi più conosciuti, penso a BB King, Muddy Waters, John Mayall, Clapton, Johnny Winter, Chuck Berry etc., appartengono al grande blues revival degli anni ’60 e ’70.
La loro notorietà è coincisa con l’avvento della chitarra elettrica e la nascita del genere rock.
Il Country Blues invece, si colloca in un periodo precedente, tra il 1890 e il 1950, e schiera musicisti esclusivamente di colore dai nomi molto meno noti, come Charlie Patton, Leadbelly, Big Joe Williams, Skip James, Fred Mc Dowell, Son House, Mississippi John Hurt, Robert Johnson, etc.
Questi musicisti avevano la peculiarità di essere fortemente radicati musicalmente nel territorio in cui vivevano, principalmente nel sud degli Stati Uniti.
La loro musica, che ancora non si poteva chiamare Blues, mostra l’influenza africana in termini di ritmo, partecipazione e tematiche. Stiamo infatti parlando di musicisti i cui avi erano stati deportati in America come schiavi, e che avevano vissuto e lavorato nelle piantagioni di cotone e tabacco. E’ da lì che nasce il termine ‘Blues’, cioè rurale.
Sebbene dopo la Guerra di Secessione fossero uomini liberi, le loro condizioni economiche erano rimaste misere, e continuavano a suonare le loro ballate e i ‘work songs’ puramente a titolo ricreativo, ed esclusivamente all’interno della comunità nera.
La chitarra acustica, comprata per corrispondenza, divenne il loro strumento primario, e la maniera in cui la suonavano fu denominata Fingerpicking.
Cos’è esattamente il Fingerpicking? E tu, suoni da solo o in un gruppo?
Il Country Blues è un genere, il Fingerpicking è la tecnica chitarristica utilizzata.
I musicisti Country Blues avevano l’esigenza di essere musicalmente autonomi e di suonare in economia, sotto tutti i punti di vista.
L’ambizione del Fingerpicking è infatti di riprodurre con la chitarra la complessità del suonato del pianoforte, sia per quanto riguarda l’accompagnamento, sia per quanto riguarda la melodia.
L’arpeggio della mano destra consiste quindi nel suonare una linea di basso con il pollice, e la melodia con indice e medio, accompagnando il cantato in maniera molto libera.
I miei brani, rispettando questa logica, mi permettono di suonare da solo.
Alex, tu sei nato a Roma. Come ti è venuto in mente di fare Country Blues, e per di più con la tecnica Fingerpicking?
E’ stata la mia vita!
Nel 1964, all’età di 9 anni, sono andato a vivere in Canada con i miei, ed è lì che è nato il mio amore per la chitarra.
Mi ricordo che ascoltavo i… Monkees , la risposta canadese al successo dei Beatles!
Dopo 5 anni, tornato in Italia, ho continuato suonando Battisti e De Andrè prima, poi Bob Dylan, C.S.N.& Y, Cat Stevens e John Denver.
Un giorno, a 23 anni, da Fnac a Parigi ho acquistato un LP di Stefan Grossman che mi ha fatto scoprire il Fingerpicking.
Stefan Grossman è oggi riconosciuto come il più grande divulgatore di questa tecnica, che ha appreso direttamente dai bluesmen che gravitavano intorno al Greenwich Village di New York, dove lui ha vissuto da ragazzo.
Beh, nel ’78 Stefan viveva a Roma, ed io ho iniziato a prendere lezioni personalmente da lui!
La tua musica ha subito degli adattamenti ai nostri gusti o è rimasta tutto sommato fedele al genere originale?
Tutti i musicisti hanno subito influenze ed hanno iniziato scimmiottando i loro idoli, penso sia un processo naturale, che ti permette di acquisire i fondamentali del linguaggio.
Poi, e qui sta la magia, un giorno scopri che certe cose ti vengono più naturali, e definisci la tua maniera di cantare e di suonare.
Mi riferisco al tocco sulle corde, a potenza e tonalità della voce…
Riconosci le tue atmosfere caratteriali, dalle quali nascono le idee che poi trasformi in canzoni.
Penso che questo fenomeno sia già un implicito adattamento ai nostri gusti, subiamo tutti le influenze del nostro tempo.
Quali sono le tue emozioni mentre suoni? E come reagisce il pubblico a questo genere musicale così particolare?
Suonare in pubblico è come tenere una conferenza, devi avere qualcosa da dire e saperla dire in maniera che possa essere capita.
I miei brani raccontano sempre qualcosa, ed io mi diverto a proporli.
Fondamentale è farsi capire, e qui il ritmo del blues aiuta molto, ma penso sia innato in tutti noi ed è facile stimolarlo.
E’ più difficile per i testi, visto che i miei sono tutti in inglese.
Riconosco che è un limite, ma cantare in italiano sarebbe per me come condire gli spaghetti con…la marmellata!
Stai lavorando ad un nuovo progetto musicale? E soprattutto, quando possiamo sentirti suonare dal vivo?
Essendo tendenzialmente pigro, i miei ritmi hanno un andamento…lento!
Dopo ‘My Own Song’, penso che a gennaio comincerò la registrazione del mio nuovo CD.
Per quanto riguarda i concerti, a dicembre sono previste due date:
-venerdì 12 dicembre, ore 22.00, al Circolo 8 marzo, via Pullino 1 (Garbatella). Tel 06-51606810 (www.arciarcobaleno.it)
-venerdì 19 dicembre al Matuna, via della Necropoli 2, Cerveteri. Tel 06-9952304;cell 347-5758431
(www.matuna.it)
Foto di Alfonso ‘Nonny’ Giardino