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Una serata nella romanità

conte_tacchiaUn privato sorretto solo dagli introiti delle 3 o 4 compagnie che ci lavorano, nascosto dalle strade strette del semicentro di Roma e dal verde di Villa Torlonia. Stiamo parlando del Teatro Tirso sito nella via omonima, in posizione certo invidiabile, e cioè a metà tra il quartiere Salario e il quartiere Parioli, ma con la “colpa” di non essere pubblicizzato e promosso a sufficienza dai giornali e dalle altre catene informative, come capita a molti teatri romani.

La Compagnia è una di quelle affiatate e molto brave che allietano le notti dell’Estate Romana, composta da attori che sanno fare un po’ di tutto: recitare, ballare, cantare e fare battute improvvisate, coinvolgendo anche il pubblico presente in sala. Tra loro ci sono attori conosciuti al grande pubblico, perché hanno fatto parti da caratteristi in televisione e al cinema (vedi Stefano Antonucci). Gli altri non hanno forse nomi altisonanti che possano richiamare grandi platee, ma che niente hanno da invidiare ad essi per preparazione ed arte.

La rappresentazione è “Il Conte Tacchia”, resa nota al grande pubblico da Enrico Montesano. Quindi mi limiterò a dire, proprio per chi non la conosce, che rappresenta il più classico degli stereotipi del Romano con la erre maiuscola. Ambientato nella Roma del 1899, tra le miserie delle varie guerre e scorrerie che ci sono state nella nostra città nell’800 e la voglia di novità, di modernità, la speranza di un futuro migliore con l’arrivo del nuovo secolo, Alfredo vuole a tutti i costi apparire ciò che non è. Acquisito il titolo di “Conte” per meriti economici del padre, che fa il falegname e che ha avuto la fortuna di trovarsi ad aiutare il Papa durante l’occupazione di Roma del 1840, è soprannominato Tacchia per il fatto che l’unica sua occupazione è mettere le tacchie sotto i mobili costruiti dal padre. Le tacchie sono in dialetto romano le zeppe che servono a pareggiare le imperfezioni tra mobili e pavimento. Indolente, approfittatore, abile mentitore, donnaiolo e con nessuna idea sul futuro, suo e del prossimo, spera di diventare Principe  cercando di ingraziarsi un vecchio Principe dell’aristocrazia romana totalmente dismesso, ubriacone e povero in canna.

Ma in fin dei conti non è la storia la cosa più importante, ma il mix di recitazione, balli e canzoni che divertono e coinvolgono il pubblico. A mio avviso meriterebbe una sorte migliore.

“Er Conte Tacchia” regia di Achille Mellini fino al 14 marzo
Teatro Tirso de Molina
via Tirso, 89 – info:06.8411827

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