SHORT THEATRE 2021 XVI edizione ROMA ~ 3–13 settembre 2021 anteprima 2 settembre – Reale Accademia di Spagna a Roma |
La Pelanda – Mattatoio | WEGIL | Teatro Argentina | Teatro India | Teatro del Lido di Ostia | Spazi urbani
Amanda Piña ~ Kinkaleri ~ Alessandro Carboni ~ Sofia Jernberg ~ Loreto Martínez Troncoso
Anne-Lise Le Gac / Basile Dinbergs ~ Allison Grimaldi-Donahue ~ Norman Ajari ~ Extragarbo
François Chaignaud Giulia Crispiani / Patrizia Rotonda ~ Giovanna Zapperi ~ Wissal Houbabi / Vittorio Zollo ~Lafawndah ~ Ivo Dimchev ~ INCOMMON / Iuav ~ Sara Leghissa ~ NERO ~ Cherish Menzo Alexia Sarantopoulou ~ CHEAP street poster art ~ crystallmess ~ École des Maîtres ~ Fanfulla 5/a Mighty ~ Brutal Casual Magazine (Jacopo Benassi / Lady Maru) ~ Giuseppe Vincent Giampino ~ OHT Les Cliniques Dramaturgiques ~ Motus ~ Muna Mussie ~ Jaha Koo ~ Nadia Beugré ~ Madalena Reversa
Nora Chipaumire and more….
La forma operistica che incontra l’epica africana, la poesia Romantica a confronto con la militanza ambientalista, la decostruzione dell’immaginario maschilista del rap, le danze di resistenza e autodeterminazione, le cartografie corporee, gli spazi hackerati e le disseminazioni urbane. Giunta alla XVI edizione, torna a Roma dal 3 al 13 settembre Short Theatre, il festival internazionale dedicato alla creazione contemporanea e alle performing arts, come sempre disseminato in spazi diversi della città: WEGIL e La Pelanda – Mattatoio di Roma, il Teatro Argentina, il Teatro India, il Teatro del Lido di Ostia e altri spazi urbani, in risonanza con le realtà attive nel tessuto sociale e culturale cittadino.
La coreografa cileno-messicana Amanda Piña e l’afroamericana Nora Chipaumire, la cantante lirica svedese di origini eritree Sofia Jernberg, l’eclettico e radicale artista francese François Chaignaud e il performer e regista coreano Jaha Koo, la scrittrice femminista di origini marocchine Wissal Houbabi e la diva apolide Lafandawh, la compagnia Motus e il collettivo Kinkaleri sono alcuni dei nomi di punta che segneranno dieci giorni di musica, teatro, danza, performance e installazioni, dj set, incontri e progetti di arte pubblica, anticipati dalla consueta anteprima alla Reale Accademia di Spagna il 2 settembre. Un festival in cui si incontreranno artisti e artiste, teorici, musicisti, poetesse, autrici, collettivi, spettatori e spettatrici provenienti dalle diverse anime che attraversano la città.
L’edizione 2021 sarà la prima con la direzione artistica di Piersandra Di Matteo che subentra a Francesca Corona ma la programmazione di quest’anno, che recupera alcuni progetti previsti nel 2020 e posticipati causa covid, porta la firma di entrambe, risultato di un dialogo continuo durante i mesi di avvicendamento.
Short Theatre 2021 è ideato e organizzato da AREA06 con la direzione artistica di Piersandra Di Matteo, nell’avvicendamento con Francesca Corona. È realizzato con il contributo di MiC e Regione Lazio con il Fondo Unico 2021 sullo Spettacolo dal Vivo, promosso da e con il patrocinio di Roma Culture. Si svolge con il sostegno di Azienda Speciale Palaexpo, Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Lazio Crea, con il supporto di Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia, Institut Français Italia, Reale Accademia di Spagna a Roma, Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi e DOTA – Dance On Tour Austria. Short Theatre fa parte dell’Estate Romana 2021.
Titolo di questa edizione: The Voice This Time. Eco vocali, falde sonore sotterranee, fremiti fantasmatici, frequenze interdette dal discorso maggiore, parole poetiche, atti di creolizzazione, ritmi e tuoni che sappiano invocare zone di attesa, di non ancora, di vibrazione tra i corpi: un continuo contrappunto fra udibile e visibile in grado di generare un ambiente che riverberi nel legame tra poesia, vocalità, suono. Sono queste le parole chiave di Short Theatre 2021, che si innestano in un percorso pluriennale di ricerca sulle questioni dei formati espressivi, sul rapporto con lo spazio pubblico, sulle stratificazioni culturali prodotte dalla Storia, sui processi di decolonizzazione delle arti e degli immaginari, e sulle identità di genere.
WEGIL
3/5 settembre
Il primo esempio evidente di questo articolato impianto teorico sono i tre giorni in apertura del festival al WEGIL – ex GIL, edificio razionalista di Luigi Moretti simbolo del colonialismo fascista, da tre anni al centro di un processo di risignificazione dello spazio pubblico come sede ideale di pratiche di decolonizzazione delle arti da parte di Short Theatre – che dal 3 al 5 settembre ospiterà CRATERE: uno spazio da cui sgorgherà verso l’esterno un flusso collettivo di voci, suoni, poesie, corpi, vibrazioni. La prima scossa tellurica, il 3 settembre (con replica il 4), sarà provocata da Sofia Jernberg, cantante lirica di fama internazionale, svedese di origini eritree, che indaga le possibilità strumentali della voce, includendo suoni e tecniche ancestrali che spesso contraddicono e inquietano lo stile convenzionale del canto, e che aprirà il festival affacciandosi e cantando al “balcone delle aquile” con Chasing the Phantoms: un gesto intenzionato che sovverte la prospettiva e l’eredità storica di WEGIL. Dentro questo CRATERE poi per tre giorni si avvicenderanno personalità e collettivi, tra teoria, pratica performativa, ricerca sonora, sperimentazione musicale e spoken poetry, all’interno di un allestimento (inteso come uno spazio da abitare), curato dall’artista francese Anne-Lise Le Gac e dall’artista visivo svizzero Basile Dinbergs che rivoluzionerà la hall dell’edificio, consentendo al pubblico di attraversarlo in modo differente. Fra i protagonisti di CRATERE il teorico statunitense Norman Ajari, che il 4 settembre discuterà delle contraddizioni del pensiero eurocentrico, di black masculinity e delle sue rappresentazioni. Di un paesaggio umano e fonetico in continua trasformazione, il Mediterraneo, si occuperanno invece il 4 settembre l’attivista femminista, artista e scrittrice Wissal Houbabi con il cantautore polistrumentista Vincenzo Zollo, in un progetto a metà fra talk e performance sonora dal titolo La muta. Mescolanza linguistica, performatività del dire e intertestualità sono le traiettorie in cui si colloca il lavoro artistico di Loreto Martínez Troncoso – protagonista dell’anteprima di Short Theatre 2021 alla Reale Accademia di Spagna a Roma e poi presente il 3 settembre nel CRATERE di WEGIL – che usa l’atto del dire, le parole, il loro tempo, il loro ritmo, il loro silenzio nella forma di spoken word, pezzi sonori, testi scritti e interventi con e nello spazio. Performatività dei corpi e rivendicazione politica, partendo dalle lotte femministe degli anni ’60 e ’70 a Roma, saranno invece i temi affrontati, sempre il 4 settembre dalla studiosa Giovanna Zapperi in Strumenti dell’Autonomia, una conferenza sul cinema documentario delle e sulle donne realizzato in quel ventennio di radicali trasformazioni sociali, culturali e politiche. Su un fronte simile si muovono la poetessa Allison Grimaldi-Donahue, che il 3 settembre presenta A Mouth Covering a Mouth: The Women of Gruppo 63, performance poetica in cui reincorpora i versi delle donne del Gruppo 63; e le studiose Ilenia Caleo, Giada Cipollone e Annalisa Sacchi che nel talk dal titolo In fiamme (dagli anni Sessanta), cosa brucia ancora del 5 settembre indagheranno il lungo ‘68 per tornare a incendiare oggi le questioni esplose allora. Proseguendo lungo questa direzione, CRATERE ospita un affondo sullo snodo di quegli anni con la presentazione del documentario Essere donne, girato da Cecilia Mangini nel 1965 con l’intento di documentare la realtà sconcertante della condizione lavorativa e familiare della donna a confronto con l’immagine femminile edulcorata proposta dall’industria culturale degli anni Sessanta. Si insinuano all’interno di questo ciclo di incontri, talk e performance di CRATERE, all’interno di WEGIL, il collettivo veneziano Extragarbo con Acabadabra, un progetto di ricerca acustica su Roma che recupera sonorità del passato ed esplora le risonanze delle voci scomparse nei luoghi abbandonati della città, presentato al festival il 5 settembre. Il richiamo alla tradizione popolare, al lamento, alla dimensione percettiva e rituale della parola è poi al centro di Scongiuro di Giulia Crispiani e Patrizia Rotonda, lavoro a metà tra performance musicale e poetica, installazione visiva, teatro, presentata in una duplice versione site-specific: prima a WEGIL il 5 settembre, in cui compare la collaborazione della ricercatrice e attivista Mackda Ghebremariam Tesfau, e poi alla Pelanda l’8 settembre, con la presenza della musicista Julie Normal.
La programmazione di Short Theatre 2021 a WEGIL prosegue poi con un calendario di performance più prettamente di danza, oltre che musicali. A partire dal suono dell’altrove di Думи мої – Dumy Moyi di François Chaignaud, tra le presenze internazionali più rilevanti di questa edizione del festival. Coreografo, danzatore, ma anche scrittore, storico e cantante, figura unica capace di mescolare cultura alta e pop, sfidando generi e categorie, Chaignaud darà vita, il 3 e 4 settembre, a un rituale percettivo alimentato dalla musica ucraina, filippina e sefardita e ispirato alle danze theyyam in Malabar. Poi, il live set di Lafandawh del 3 settembre e il concerto di Ivo Dimchev, il giorno seguente 4 settembre: la prima è una vera diva apolide tra Iran, Messico, New York City e Londra che nella sua musica tesse un’identità insieme arcaica e avveniristica, tra sonorità elettroniche, ritmi intricati e influenze musicali molteplici; Dimchev invece è un artista di origini bulgare, camaleontico e irriverente, che spazia dal teatro alla musica dal vivo e che attraverso voce e corpo restituisce ogni volta un’essenza ibrida, misteriosa e incredibilmente attraente.
LA PELANDA – MATTATOIO (e altri spazi)
6/11 settembre
Come l’edificio di Moretti a Trastevere, anche La Pelanda – Mattatoio di Roma – che ospiterà il festival dal 6 all’11 settembre – vedrà i suoi spazi, principalmente quelli esterni, radicalmente trasformati grazie al progetto di arte pubblica CHEAP Street Poster Art che a Roma presenta Reclaim Your Future, un’installazione di bandiere realizzate da diversi artisti. Vero spazio da vivere e abitare durante i giorni del nfestival, la Pelanda sarà quotidianamente attraversata da sonorizzazioni, ascolti musicali, live e dj set, fra cui la performance di crystallmess (11 settembre), producer e dj francese di origini caraibiche e africane, il cui stile eclettico passa dallo zouk e la dancehall all’afro-trance, alla techno di Detroit; e quello di MIGHTY (10 settembre), che nei suoi set esplora l’immaginario queer e black, come una navigazione sonora tra eredità del passato e sperimentazioni future; la serata di giovedì 9 sarà poi curata dal Circolo ARCI Fanfulla 5/a, rilanciando la duratura collaborazione con lo spazio di Roma Est. Anticipation of the Night, poi, sarà il programma di presentazioni di libri e pratiche di ascolto condiviso che vede già un primo appuntamento a WEGIL il 5 settembre (In fiamme (dagli anni Sessanta) cosa brucia ancora) per poi spostarsi alla Pelanda con la presentazione pubblica del progetto WILL YOU MARRY ME? Artist’s Book di Sara Leghissa e Marzia Dalfini, in partnership con NERO (9 settembre) e la presentazione di Drammaturgie sonore a cura di Valentina Valentini, con incursioni musicali di Daniele Verni e un intervento di Carla Tatò (8 settembre).
Fra i primi ad animare La Pelanda, Cherish Menzo, artista olandese di origini surinamesi che il 7 e 8 settembre presenta a Short Theatre Jezebel, performance ispirata alle modelle iper-sensuali presenti nei videoclip rap americani degli anni ’90 e 2000 invischiate in un cortocircuito tra autoaffermazione e oggettificazione da parte dello sguardo maschile che ha plasmato la cultura pop di quegli anni.
Danze di resistenza e di autodeterminazione, che ribaltano le dinamiche del potere e della subordinazione e che, nell’intreccio tra corpo, ritmo e immaginario culturale, creano nuove modalità di interazione e socialità, sono anche quelle di Amanda Piña e Alessandro Carboni che durante il festival presenteranno al pubblico il risultato di un lavoro iniziato già nel mese di luglio nell’ambito di RECIPROCITY: progetto triennale, la cui prima fase si sta svolgendo in queste settimane estive grazie alla collaborazione del Mattatoio di Roma/Azienda Speciale Palaexpo, al via da quest’anno con il contributo di diverse realtà impegnate nel sociale e nella promozione culturale come Civico Zero, Carrozzerie n.o.t., Asinitas, Matemù, Lucha Y Siesta, Coloriage, Teatro del Lido di Ostia e altre. RECIPROCITY intende sperimentare nuovi modelli di intersezionalità tra appartenenze e soggettività differenti diffuse nella città, attraverso le pratiche corporee. Un progetto che consente a Short Theatre di spostare il baricentro della propria azione nella città, osservandone i processi di selezione e marginalizzazione, mirando alla creazione di comunità temporanee in grado di attivare una reciproca trasmissione dei saperi e di riabitare le forme dell’aggregazione e della convivialità urbana.
Ne sono esempio il progetto di shooting fotografico-performativo URLO_Roma del collettivo sperimentale toscano Kinkaleri, anche questo avviato a luglio e che a settembre invaderà la città con l’affissione disseminata di 300 manifesti raffiguranti soggetti urlanti, fra annunci di protesta e atti di liberazione; STELLE POLARI. Da Ostia a Short mi da 58 minuti coi mezzi pubblici, progetto di esplorazione del territorio dell’artista Sara Leghissa che si interroga sui concetti di visibilità e invisibilità nello spazio pubblico, partendo dal Teatro del Lido di Ostia – dove conduce un percorso partecipativo con un gruppo di adolescenti – per arrivare alla Pelanda dove si chiuderà con la presentazione/performance del libro WILL YOU MARRY ME? Artists Book (realizzato con Marzia Dalfini e pubblicato da NERO Editions) che invita il lettore a staccare le pagine e a ricollocarle nello spazio urbano; e la performance site-specific per la Galleria di Pelanda della coreografa ivoriana Nadia Beugrè dal titolo Quartiers Libre che esplora l’idea di tabù corporei e rappresentazione del corpo nero femminile.
La coreografa cileno-messicana Amanda Piña – insieme a un corposo gruppo di donne e performer provenienti da alcune associazioni attive a Roma e in collaborazione con la sartoria romana Coloriage che ha ideato e realizzato i costumi di scena – sarà al festival il 10 e 11 settembre negli spazi urbani adiacenti al Mattatoio, con Frontera/Procesión. Un ritual del agua. La sua è una danza y frontera, le cui radici affondano in una danza preispanica che celebrava la vittoria dei Cristiani sui Mori, passata a essere strumento di dominio nel progetto coloniale e infine riappropriata come pratica di autodeterminazione da parte di una comunità di giovani al confine tra Messico e Stati Uniti, che sarà reincorporata e risemantizzata dalle partecipanti al laboratorio che l’artista terrà a Roma a settembre. L’artista visivo, coreografo e performer Alessandro Carboni presenterà alla Pelanda sia The Angular Distance of a Celestial Body (7 e 8 settembre) che una incursione urbana esito del percorso di Captures: due progetti che vertono sulla cartografia corporea dello spazio pubblico nel tentativo di riappropriarsi della complessità del mondo attraverso la relazione fisica, ritmica e spaziale tra i corpi. La dinamica dell’attenzione è invece al centro di ff_fortissimo, prima assoluta il 9 settembre del coreografo emergente Giuseppe Vincent Giampino: due corpi, messi in vibrazione dalla musica techno della dj e producer Lady Maru, si trasformano in dispositivi di trasmissione reciproca di informazioni sensibili, sensuali ed erotiche, dissolvendo il confine fra osservati e osservatori, fra rappresentazione e corpo. Alla Pelanda Lady Maru sarà protagonista anche del concerto-performance Brutal Casual Magazine con il fotografo e artista visivo Jacopo Benassi, in scena l’8 settembre: un omaggio ironico e surreale al mondo delle sottoculture, dove la fotografia “in presa diretta” di Benassi danzerà con l’ebm, l’industrial, il synthpunk e il noise di Lady Maru. Le possibilità drammaturgiche della danza, infine, saranno esplorate, dal 7 al 9 settembre, dagli ospiti della seconda edizione di Les Cliniques Dramaturgiques, con un focus sulla Dance Dramaturgy, a cura di Riccardo Fazi/Muta Imago, progetto che sviluppa in Italia il format di ricerca e condivisione sulla drammaturgia contemporanea, ideato dal Festival TransAmériques di Montreal con il sostegno di PAV/Fabulamundi Playwriting Europe,
Alla Pelanda Short Theatre presenta anche una serie di progetti che indagano il rapporto fra passato e presente, Storia collettiva e storia individuale, identità e appartenenza, classicità e linguaggi del contemporaneo. A partire dall’attesissimo ritorno al festival, dopo il grande successo riscontrato nel 2019, del coreano Jaha Koo che in The History of Korean Western Theatre, in scena il 9 e 10 settembre, esplora in profondità l’influenza della tradizione teatrale occidentale sul teatro coreano. Utilizzando video e musica, il regista e performer intreccia frammenti della propria storia con estratti della grande tradizione teatrale per costruire una sottile metafora della società coreana. Sempre nel segno del riverbero della Storia nelle vicende personali – ma in questo caso in relazione ai luoghi, agli oggetti e alla tradizione canora dello jodel – si muove Rompere il ghiaccio di OHT, altro prezioso ritorno al festival, l’11 settembre: uno spettacolo che esplora i confini politici, paesaggistici e romantici di un’area transfrontaliera come il Trentino-Alto Adige, che mette in crisi l’idea stessa di confine così come l’amore mise in crisi l’isolamento del confino fascista. L’artista e performer italiana di origini eritree Muna Mussie debutta con una performance sui temi di identità, appartenenza, con una attenzione all’evento corporeo del linguaggio in Curva cieca, il 9 e 10 settembre: in scena sé stessa e le parole di Filmon Yemane, un ragazzo non vedente dall’età di dodici anni, per un lavoro che punta a scoprire la loro lingua materna. Sul versante del rapporto fra classici e linguaggi contemporanei, il 6 e 7 settembre Alexia Sarantopoulou porta in scena Ondina Quadri nella rilettura dell’Emilio di Jean-Jacques Rousseau, con una riflessione sul rapporto tra natura e cultura, sui modi con cui esperire la propria identità a contatto con il mondo attraverso una manipolazione sensibile di materiali, colori, immagini in una vera drammaturgia degli oggetti. Romantic Disaster segna invece, il 10 e 11 settembre, l’esordio di un duo artistico, Madalena Reversa, con un dispositivo ibrido fra concerto, performance video, testo teatrale e lettura poetica che mette in relazione la poetica dei giovani poeti del Romanticismo – Percy Bysshe Shelley, Mary Shelley, George Gordon Byron – nei confronti dell’ambiente con quello attuale delle militanti di Fridays For Future.
TEATRO INDIA E TEATRO ARGENTINA
9-13 settembre
Il rapporto fra classici della cultura occidentale e la creazione contemporanea è al centro anche del debutto di Tutto brucia di Motus, in scena al Teatro India dal 9 al 12 settembre nell’ambito di Short ma con repliche fino al 23 settembre. Tutto brucia è una co-produzione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale, presentata nell’ambito della stagione 2021-2022 del Teatro India in collaborazione con Short Theatre. Con un titolo che evoca le parole di Cassandra nella riscrittura delle Troiane di Jean Paul Sartre, il nuovo progetto di Motus continua lo scavo fra le più scomode figure femminili del tragico, ripartendo da alcune domande divenute urgenti e imprescindibili durante la pandemia: quali vite contano? Cosa rende una vita degna di lutto?
Sempre al Teatro India, inoltre, Short Theatre ospiterà il 12 settembre la presentazione della 29° edizione del master internazionale di alta formazione teatrale École des Maîtres.
Domenica 12 e lunedì 13 settembre, infine, ci si sposta al Teatro Argentina per la grande chiusura del festival con uno dei progetti più attesi di questa edizione: dopo l’entusiasmo con cui è stata accolta nel 2019 torna a Short Theatre la travolgente artista e coreografa afroamericana, originaria dello Zimbabwe, Nora Chipaumire che presenta in Prima Europea uno degli 8 capitoli di Nehanda. Opera performativa (concepita in parallelo come format radiofonico, una vera Radio Opera), Nehanda riscrive l’idea di Opera, uno dei generi artistici più storicamente rilevanti nella cultura europea, mettendola in dialogo con l’immaginario africano, la sua mitologia, la sua epica. Nehanda è uno spettacolo in co-realizzazione con il Teatro di Roma – Teatro Nazionale nell’ambito di Grandi Pianure, in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti di America di Roma
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Lorenza Accardo
Ufficio stampa GDG press
Fonte: GDG Press