Nel turbine di una città che troppo spesso lascia da soli, Serena, una giovane donna di trentatré anni, vive una vita divisa in due. Ha un compagno, Nicola, da 9 anni, un artista che tende a fagocitarla come persona e personalità, a tal punto da farle dimenticare di se stessa ed a sparire sempre di più in un anonimato, che le fa dimenticare la sua femminilità.
Come a ricompensarla di questa storia che ormai non le da più neanche le emozioni di un tempo, arriva Pietro, suo sottoposto a lavoro, più giovane di lei, ma non per questo meno pronto ad averla. Inizia, così, un complicato triangolo in cui Serena si sente sempre più stretta e soffocata, in cui solo Pietro sa di Nicola, ma quest’ultimo arriva a sospettare della presenza di un’altra persona nella vita della compagna e ciò lo porterà ad essere anche violento…
Nata di giovedì è un monologo di una donna che si mette a nudo con le sue paure, errori, domande e mancate risposte, in una società che tende a giudicare e mettere delle etichette che, poi, è impossibile togliere. “Nata di giovedì” può diventare una catarsi, una liberazione da traumi e conflitti.
Questo spettacolo mi ha dato la possibilità, come regista, di ascoltare parole che la mia mente ha sempre avuto paura di esprime realmente in un pensiero compiuto ma che sapevo, perfettamente, esistere dentro di me. È la storia di una donna nel pieno della sua età che vive a tutto tondo le difficoltà di una generazione che si butta completamente nel lavoro e che, invece, nella sfera personale fa fatica a definirsi. Cit. Giovanna Cappuccio
Unicamente dedicati al Mondo del Femminile
dal 3 al 15 marzo 2020
Teatro Trastevere a Roma
Da martedì a sabato ore 21:00, domenica ore 17:30
3 e 4 marzo
Nata di Giovedì
scritto da Mikaela Dema
regia di Giovanna Cappuccio
con Giorgia Serrao
aiuto regia Gisella Secreti
disegno Luci Francesco Prudente
5 e 6 marzo
Colpi di Fulmine
una produzione Teatro al Femminile
con Virginia Risso e Matteo Maria Dragoni
disegno audio-luci Massimo Forchino
scene e costumi Maria Donzella
segretaria di produzione Antonella De Tino
Una coppia di giovani sposi si ritrova a dover affrontare le crisi di un rapporto contaminato da mezze verità e tradimenti. Da una parte lei, la moglie, ormai all’ennesimo tentativo di suicidio a causa dell’infedeltà del marito. Dall’altra lui, affascinante intellettuale di sinistra, libertino e abile retorico.
Quali sono le soluzioni per compensare le mancanze dell’Amore? Quali diventano le conseguenze? Un dipinto sempre attuale di incomunicabilità nel quale rancori e rivincite mettono in moto un carosello di eventi dai quali né uomo né donna usciranno a testa alta, vittime dei loro stessi desideri. In scena Virginia Risso e Matteo Maria Dragoni che, attraverso un ritmo incalzante ed un umorismo travolgente, rapiranno il pubblico per l’intera durata di questo atto unico.
7 e 8 marzo
MILF- Mamma insegnami La Felicità
di Natalia Magni
regia di Monica Faggiani
con Natalia Magni
scene di Andrea Colombo
Il lungo racconto in bilico chirurgico di Sabbry, una Mamm-Amica alla ricerca, tra lacrime e leggerezza, di una disperata felicità. Leggendo il testo originale di Natalia Magni capisci subito che la storia di Sabbry, mamma-amica tutta silicone e seduzione, racconta in realtà qualcosa di più forte e archetipico: la ricerca della felicità.
E cosa siamo disposti a perdere o a barattare di noi stessi pur di raggiungerla. Sabbry sceglie la sua strada. Strada legata fortemente alla propria immagine che è tutto ciò che ha e ciò in cui crede. Questo cerca di trasmettere alla figlia, attraverso quel buon senso che hanno le persone che semplicemente vivono senza chiedersi perché e senza accorgersi del male che involontariamente fanno. Sospendiamo il giudizio allora e proviamo ad ascoltarla “ perché una è tanto più autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa.” ( Cit. Agrado – Tutto su mia madre, di Pedro Almodovar ).
11 e 12 marzo
Madri di
testo e regia di Giulia Corradi
con Silvia Vallerani e Martina Zuccarello
Sderot, Israele, Settembre 2016: Donne israeliane e palestinesi si preparano ad affrontare la Marcia della Speranza, attraversando con un cammino di due settimane il territorio dello storico conflitto tra le due popolazioni. Heba, donna palestinese viene accolta per la notte da Shira, una donna israeliana, nella baracca abbandonata dopo i bombardamenti del 2008. Ma presto, quella che sembra essere solo un’accoglienza pre-partenza si trasforma in una sorta di regolamento di conti. Due donne, due madri, una con un figlio scomparso e l’altra con un figlio morto, fanno in una notte il resoconto di una guerra che hanno subito, raccontando povertà e disparità, denunciando la mancanza di stabilità e le scelte dei potenti che sono ricadute sulle loro vite.
Lo spettacolo trae ispirazione dal Movimento Civile Pacifista “Women Wage Peace” nato nell’estate del 2014 da un piccolo gruppo di donne israeliane. Donne laiche, religiose, di destra o di sinistra, musulmane, ebree e cristiane unite da una sola richiesta: Che i nostri leader politici lavorino con rispetto e coraggio, includendo la partecipazione delle donne per trovare una soluzione al conflitto. Solo un accordo politico onorevole può assicurare il futuro dei nostri figli e nipoti. A fare da sfondo allo spettacolo teatrale Madri di è proprio una delle iniziative di Women Wage Peace, la Marcia della Speranza svoltasi nell’ottobre del 2016, quando 30.000 donne e uomini hanno preso parte alla marcia di 200 chilometri durata 2 settimane e terminata in una folla oceanica sotto le finestre della casa del primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per chiedere al governo di instaurare un rapporto di pace con i palestinesi.
La scena si svolge interamente all’interno di una baracca abbandonata dal 2008 dopo i bombardamenti a Sderot, città ad un chilometro dal confine con la Striscia di Gaza: la prima attrice entrerà con una torcia per inserirci in un contesto di abbandono e incertezza tipico del conflitto. Ascolteremo, al termine dello spettacolo, un audio (con proiezioni) riportante le parole dello scrittore israeliano David Grossman, pronunciate a Tel Aviv nel 2018: raccontando la sua esperienza, Grossman, unisce la sua storia a quella del Paese, ricordando come ogni scelta personale sia fondamentale e incida sulla storia di tutti. Cit.Giulia Corradi.
13 e 14 marzo
Lui torna sempre
scritto da Andrea Franco
regia Monica Falconi e Andrea Franco
con Monica Falconi
Tutto si svolge all’interno di una piccola stanza. C’è solo una piccola finestra, in alto, e una porta. La protagonista (di cui non conosciamo il nome) è stata chiusa con la forza e un poco alla volta scopriamo il suo passato e in che modo è arrivata lì, il tutto scandito con dei colori di scena che sottolineano gli stati d’animo o i momenti specifici della narrazione. Lei è una ragazza con qualche problema mentale, cresciuta con un padre che non l’ha mai accettata e che ha abbandonato lei e la madre. Per superare le difficoltà la madre finisce col lavorare in strada. Un destino atroce – di cui non conosciamo tutti i dettagli – fa sì che anche la protagonista narrante inizierà contro la sua volontà a prostituirsi.
Lui torna sempre vuole dare corpo e anima a tutte le donne vittime di violenze o di coercizione. Volendo estendere, si rivolge a tutti coloro che ogni giorno subiscono violenze e non riescono ad opporsi. La ragazza narra in prima persona e rivolgendosi alla sua ombra, unica amica nel suo rapimento, le sue paure e fatti anche passati come per rifugiarsi dalla realtà insopportabile che si era trovata costretta a sopportare.
15 marzo
DATA UNICA
La Compagnia ECHOES presenta
SYNESTHESIA
Spettacolo di Teatro-Danza
Commistione di sensazioni
Coreografie originali di Giuliana Maglia
Con
Maura Armento, Madalina Banescu, Giusy Pizzimenti,
Matteo Gentiluomo, Giuliana Maglia
Ricordare con il cuore
Sentire con la pancia
Parlare con i gesti
Mangiare con gli occhi
Toccare con la mente
Danzare con l’anima
Il termine sinestesia deriva dal greco Syn, ‘insieme‘, e Aisthànestai, ‘percepire‘, e il suo significato alla lettera è ‘percepire insieme, sentire insieme’. Infatti la parola sinestesia serve proprio ad indicare un’esperienza di percezione simultanea a livello sensoriale, una commistione di sensazioni generata dall’osservazione della realtà che può comportare confusione, gioia, piacere, paura nel soggetto che la prova. La sinestesia è anche una figura retorica molto utilizzata nella poesia, nella pittura, nell’arte in generale e spesso in maniera inconsapevole anche nella danza. Ed è proprio utilizzando il linguaggio della danza che si vuole raccontare la realtà percepita attraverso la sinestesia, utilizzando sensazioni mescolate, indagando a livello gestuale e di movimento ciò che avviene in una mente che si trova a vivere un’esperienza di sinestesia.
Con Tales of Women appuntamento al Teatro Trastevere, Via Jacopa de’ Settesoli 3, dal 3 al 15 marzo 2020.
Da martedì a sabato ore 21:00, domenica ore 17:30.
Teatro Trastevere
ingresso riservato ai soci
via Jacopa de’Settesoli 3, 00153 Roma
Fonte Ufficio Stampa Vania Lai