Presso il Museo di Roma in Trastevere dal 3 al 26 maggio è fissato il tradizionale appuntamento con la mostra World Press Photo 2013, istituzione indipendente nata nel 1955 senza fine di lucro.
Il premio conferito ai partecipanti è uno dei più prestigiosi riconoscimenti nel campo del fotogiornalismo. Ogni anno da 56 anni una giuria formata da esperti internazionali è chiamata ad esprimersi su migliaia di domande di partecipazione, provenienti da tutto il mondo inviate da fotogiornalisti, agenzie, riviste e quotidiani alla World Press Photo 2013.
L’esposizione è promossa da Roma capitale, Assessorato alle politiche culturali e Centro Storico, Sovrintendenza Capitoline ai Beni Culturali in collaborazione con Contrasto e la World Press Photo Foundation di Amsterdam. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura. In mostra sono inserite anche le foto vincitrici della 55 edizione. Tutta la produzione e le foto premiate sono pubblicate in un libro che l’accompagna. Questo concorso è l’occasione per vedere le immagini più belle e significative che hanno illustrato sui giornali di tutto il mondo gli avvenimenti più salienti del nostro tempo nel corso del 2012.
In questa edizione sono state visionate 103.481 foto inviate da professionisti di 124 diverse nazionalità. La giuria ha diviso i lavori in 9 differenti sezioni tematiche. Sono stati assegnati premi nelle nove categorie e premiate 54 fotografie di 32 nazionalità.
La miglior foto dell’anno è dello svedese Paul Hansen e rappresenta un gruppo di uomini dal volto sconvolto dal pianto, lungo una strada della città di Gaza che trasporta i corpi di due bambini morti verso una moschea per la cerimonia di sepoltura. Si comprende per le vicende storiche di dolorosa attualità, che i bambini sono rimasti uccisi, insieme al loro papà che segue il corteo in barella, nel crollo della loro casa, colpita da missili israeliani. La forza della foto, evocatrice di pace e di speranza, consiste nel modo in cui ci mostra il contrasto tra il dolore, la rabbia e l’impotenza dei vivi da una parte e l’innocenza dei bambini morti dall’altro e nel voler testimoniare la drammaticità e l’orrore di una guerra ingiusta e senza fine.
Questa immagine premiata ha fatto molto discutere ed è stata anche criticata. Molti hanno detto che la foto è scattata in un vicolo troppo stretto, con una luce inverosimile, che hanno reso l’atmosfera troppo cinematografica per un evento così tragico. Certamente un fatto si può raccontare attraverso punti di vista differenti e in questo caso la discussione ha provocato un interessante dibattito sulla fotografia, la sua funzione e i suoi limiti.
La mostra non è solo una testimonianza di scatti sensazionali che parlano a tutti, ma un momento culturale sul mondo e sugli avvenimenti storici che ci coinvolgono come persone e cittadini.
Quest’anno sei fotografi italiani sono stati premiati pur non vincendo il premio assoluto: Alessio Romenzi (Siria under siege), Paolo Pellegrin (The crescent), Fabio Bucciarelli (Battle to death Siria), Vittore Buzzi (Lone Chaw Lethwei Gym), Fausto Podavini (Mirella) e Paolo Patrizi (Migrant sex Workers).
Le fotografie risvegliano le coscienze, ci turbano, ma non hanno il compito né il potere di fermare le guerre o le ingiustizie. Muovono sentimenti ed emozioni, a volte disagio e fastidio, ma non sono capaci di spingerci ad atti riparatori e giudizi politici. Esistono però anche fotografie talmente coraggiose e di denuncia che possono farci sentire in colpa e per questo farsi guardare più attentamente.
Orari per le visite: martedì-domenica dalle ore 10.00 alle ore 20.00; chiuso lunedì