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Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700

palazzo_sciarra_colonnaDopo il successo della prima grande esposizione di Edward Hopper in Italia, la Fondazione Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, riporta l’attenzione sull’arte antica, con un nuovo straordinario evento dedicato alla riscoperta dell’antichità nell’Urbe del XVIII secolo.
Promossa dalla Fondazione Roma, la mostra Roma e l’Antico. Realtà e visione nel ‘700 è organizzata con Arthemisia Group, partner ormai consolidato nella realizzazione di artistici d’eccellenza, e nasce in collaborazione con i Musei Capitolini, i Musei Vaticani e l’Accademia Nazionale di San Luca.

La mostra sarà inoltre l’occasione per inaugurare i nuovi spazi espositivi del Museo della Fondazione Roma in Palazzo Sciarra Colonna, dove sarà allestita dal 30 novembre 2010 al 6 marzo 2011.
Con la sede di Palazzo Sciarra Colonna che si aggiunge allo spazio museale di Palazzo Cipolla, su via del Corso, la Fondazione Roma incrementerà ulteriormente le proposte espositive, offrendo al pubblico eventi culturali diversificati e di grande qualità, con una programmazione ricca di mostre di arte antica, moderna e contemporanea.

 Afferma il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele: “La Città eterna è il principale oggetto di interesse della Fondazione Roma. Da essa si parte per confrontarci col mondo che ci circonda. Così, dopo la mostra sul ‘400, cui si sono succeduti gli sguardi al mondo orientale con Hiroshige e all’America con Hopper, torniamo a Roma e alle arti che vi fiorirono nel ‘700. Secolo delle grandi scoperte archeologiche, nel ‘700 il fascino dell’antico coinvolge infatti artisti, letterati, studiosi e collezionisti internazionali e il richiamo suscitato dai reperti archeologici dell’Urbe – autentici o riprodotti – genera una vera e propria . La mostra racconta dunque di Roma quale modello culturale universale, con le sue meraviglie, i suoi monumenti e i suoi primi musei. Grazie a questa mostra alcuni capolavori fuoriusciti dall’Italia nel Settecento, per arricchire le collezioni delle antichità più prestigiose dell’epoca, rientrano per la prima volta dall’estero, per offrire al visitatore l’opportunità di osservare l’entità dei modelli figurativi classici, permettendogli di rivivere il fascino di una città che nel XVIII secolo, grazie alla ricchezza del suo patrimonio artistico e monumentale, assunse un primato indiscusso nel contesto europeo.”

LA MOSTRA
A cura di Carolina Brook e Valter Curzi, l’evento riunisce opere d’arte e reperti archeologici nell’intento di mettere a fuoco il principale fattore della fama internazionale di Roma nel Settecento: l’Antichità classica, modello di riferimento per le arti, l’erudizione e il gusto, che dalla capitale pontificia si diffuse in tutta Europa.

A tal fine è stato selezionato un nucleo straordinario di 140 opere, tra sculture, dipinti e raffinati oggetti d’arte decorativa, per il quale sono state chiamate a raccolta importanti istituzioni museali italiane e straniere: oltre ai maggiori Musei romani, le Gallerie nazionali di Parma, Torino e Firenze, il Museo canoviano di Possagno, il Museo del Prado, il Palazzo Reale e il Museo Archeologico di Madrid, il Louvre, il Victoria & Albert Museum di Londra, il Museo Acheologico di Dresda, l’Hermitage di San Pietroburgo e le Accademie reali di Londra e Madrid.

Capolavori antichi e opere moderne sono posti a confronto nell’idea di restituire al visitatore la suggestiva competizione che animò le Arti nella Roma del Settecento. Di particolare suggestione risultano le sculture antiche presenti in mostra, quali l’Apollo Citaredo e l’Erma di Pericle dai Musei Vaticani, la Flora e l’Eros Capitolini, la Musa e la Testa di Serapide dal Prado, l’Athena Lemnia dal Kunstsammlungen di Dresda e la Minerva d’Orsay, eccezionalmente prestata dal Louvre, raffinato esempio di restauro con integrazioni settecentesche.

La fortuna dell’Antico nel Settecento è altresì documentata dai più importanti artisti del tempo che nell’Antico hanno trovato un motivo privilegiato d’ispirazione: Antonio Canova, con le sculture Venere e Adone – dal Museo e Gipsoteca di Possagno – e Amore Alato noto come Amorino Yussupov dall’Hermitage di San Pietroburgo; Jacques Louis David, con l’esemplare nudo accademico di Ettore, realizzato a Roma e ora conservato nel Musée Fabre di Montpellier; Anton Raphael Mengs, con il Parnaso dell’Hermitage e il notissimo “falso antico” Giove bacia Ganimede della Galleria di Palazzo Barberini; e ancora, Giovanni Battista Piranesi, presentato in un’inedita veste di mercante di antichità, a cui rinvia il monumentale Vaso, sempre dall’Hermitage, acquistato dall’Imperatrice di Russia Caterina II, da ammirare accanto ai raffinati manufatti Volpato e Wedgwood, tanto ricercati dai viaggiatori del tempo.

Esposte anche opere di Carlo Albacini, Pompeo Batoni, Louis Clérisseau, Benigne Gagneraux, Jean Antoine Houdon, Angelica Kauffmann, Vincenzo Pacetti, Giovanni Paolo Panini, Giacomo Quarenghi, Hubert Robert, Cristoforo Unterperger, Luigi Valadier, Gaspar Van Wittel, Anton Von Maron.

Novità assoluta della mostra è inoltre la suggestiva ricostruzione virtuale dei perduti interni della Domus Aurea, ideata da Stefano Borghini e Raffaele Carlani.

Negli anni compresi tra il 1758 e il 1769, grazie a papa Clemente XIII, si svolsero i primi scavi sistematici nella fastosa residenza di Nerone, già meta di incursioni nel Rinascimento, ma sterrata per la prima volta solo nel XVIII secolo, quando si mostrò a pieno nel lusso dei suoi ornamenti. Sulla base dei disegni e delle incisioni acquerellate tratte all’epoca dalle antiche decorazioni, la moderna tecnologia virtuale consente oggi di assistere allo stesso spettacolo che si presentò ai visitatori del Settecento. Il pubblico della mostra potrà così immergersi in uno scenario affascinante di affreschi, stucchi e mosaici ed entrare pienamente nella seducente atmosfera della riscoperta dell’Antico.

IL PERCORSO IN SETTE SEZIONI
Con un percorso articolato in sette sezioni, l’esposizione racconta il fascino della Roma settecentesca e il suo straordinario carattere cosmopolita: città ricca di monumenti e di rovine maestose e il cui interesse nel corso del Settecento è incrementato dell’attività di scavo, con sempre più frequenti e significativi ritrovamenti di antichità. Roma luogo della formazione accademica, modello per l’intera Europa, ma anche sede del mercato antiquario, in cui si muovono mercanti e studiosi, collezionisti e amatori, artisti e dilettanti, aristocratici e teste coronate.

Alle dimore nobiliari, in cui l’Antico rivive nelle ricche collezioni di statue e nella decorazione degli interni, rinnovati spesso secondo un gusto antiquario, si aggiunge il richiamo di nuovi musei, dove l’immersione nell’Antico risulta totalizzante, garantendo ai numerosi viaggiatori dell’epoca una delle esperienze più esaltanti nel corso del Grand Tour.

I SEZIONE Il gran delle rovine e il fascino della statuaria antica
La mostra si apre con una selezione di vedute di Roma antica, unita a un insieme di “capricci” che nell’assemblaggio fantasioso dei monumenti della classicità romana, diedero fama a un genere particolarmente apprezzato dai collezionisti di tutta Europa. Vi compaiono i nomi di alcuni dei più celebri pittori dell’epoca: da Gaspar van Wittel a Giovanni Paolo Panini, da Clérisseau a Hubert Robert. Insieme ai dipinti, una serie di copie settecentesche di celebri sculture antiche, quali la Flora Farnese, il Laocoonte o il Vaso Borghese, introduce il visitatore nella passione del sec. XVIII per le antichità, attraverso un itinerario che unisce al gran teatro delle rovine, le testimonianze figurative di un passato evocato e rimpianto.

II SEZIONE La “resurrezione” dell’Antico: scavare e conservare
La grande stagione degli scavi romani del Settecento, che ha determinato l’origine della disciplina archeologica, è rievocata attraverso alcuni dei più importanti cantieri e rinvenimenti di pitture e sculture.
All’entità del patrimonio emerso corrisponde la necessità di luoghi espositivi, quali Villa Albani e i Musei Capitolini e Vaticani, di cui la sezione racconta la nascita attraverso dipinti, disegni, incisioni e sculture.
Fra le opere di maggior rilievo sono presenti la Flora e l’Eros Capitolini, la prima rinvenuta a Tivoli nel 1744 e il secondo proveniente dall’importante collezione di Ippolito d’Este, l’Erma di Pericle dei Musei Vaticani, a cui Vincenzo Monti dedicò un celebre sonetto, e la preziosa serie di incisioni acquerellate (conservate alla British School at Rome e all’Accademia Reale San Fernando di Madrid) che riproducono le coloratissime decorazioni parietali, ormai perdute, della Domus di Villa Negroni e della Domus Aurea. Gli interni di quest’ultima sono da ammirare nel video con la ricostruzione virtuale della lussuosa dimora.

III SEZIONE Restaurare, reinventare, falsificare e vendere l’Antico
Molte delle statue antiche romane, esposte nei musei di tutto il mondo, sono il risultato di radicali interventi di restauro settecenteschi. Nella Roma dell’epoca, infatti, il restauro dei reperti veniva affidato a celebri scultori che integravano e non di rado reinventavano i soggetti delle statue. Per esempio, la fortuna dell’iconografia di Apollo è documentata nella sezione attraverso varie sculture, come la Statua di Pothos restaurata come Apollo Citaredo, dei Musei Vaticani, e manufatti di diversa destinazione e funzione, fra i quali il celebre Vaso con Apollo e le Muse di Wedgwood, del Victoria & Albert Museum.
Caro ai collezionisti dell’epoca anche il soggetto di Minerva, qui rappresentato dalla straordinaria Minerva d’Orsay del Louvre, risultato dell’assemblaggio di parti di restauro in marmo bianco con un rarissimo reperto antico in onice dorato. Quest’ultima e le sculture del II secolo d.C. provenienti dai musei del Prado (Testa di Serapide, Busto di Ercole) e di Dresda (Busto di Marco Aurelio e Athena Lemnia) rendono noto, per altro, il fenomeno della dispersione delle collezioni gentilizie romane e della conseguente diaspora delle opere all’estero. Capolavori che, in occasione della mostra, rientrano eccezionalmente in Italia a oltre due secoli di distanza.
Interessante anche il fenomeno delle falsificazioni, sempre più diffuso con il proliferare dei ritrovamenti e il sempre maggiore interesse per l’arte classica. Da non perdere in tal senso l’affresco staccato con Giove bacia Ganimede di Palazzo Barberini, considerato addirittura dal Winckelmann come “il più bel dipinto dell’antichità” e realizzato invece da Mengs.

IV SEZIONE Il mercato dell’Antico: le botteghe di Bartolomeo Cavaceppi e Giovanni Battista Piranesi
Nella Roma del Settecento si ritrovano i collezionisti di antichità di tutta Europa. Agenti delle case regnanti, intermediari di diverse nazionalità, si rivolgono a botteghe specializzate nel restauro e nella vendita di manufatti antichi.
La sezione documenta l’attività di due delle più celebri botteghe romane: quelle di Bartolomeo Cavaceppi e Giovanni Battista Piranesi, di cui si indaga per la prima volta l’attività mercantile. Di quest’ultimo, noto soprattutto come incisore, vengono esposti due straordinari vasi in marmo, frutto di un assemblaggio di frammenti antichi che l’artista collezionava in gran numero. Di Cavaceppi la sezione presenta invece un nucleo poco conosciuto di terracotte, tratte da celebri opere antiche, che illustrano la ricchezza di modelli, pronti ad essere replicati nella sua bottega.

V SEZIONE Formarsi sull’Antico: il magistero delle Accademie
La quinta sezione illustra la formazione artistica e il diffondersi del modello didattico romano, grazie al riconoscimento europeo del primato dell’Antico. Si trova qui riunita una preziosa selezione di gessi tratti da note statue antiche e donati dal pittore Mengs all’Accademia Reale San Fernando di Madrid, con finalità didattiche, e soprattutto la famosa Accademia maschile detta Ettore realizzata nel 1778 da David (Musée Fabre, Montpellier), che documenta lo studio del nudo maschile a Roma, imprescindibile nell’esercitazione accademica del tempo.

VI SEZIONE Abitare l’Antico: il gusto e la decorazione degli interni
La sezione intende rievocare come il culto dell’Antico abbia interessato il gusto del tempo, al punto da condizionare la produzione di manufatti destinati all’arredo e agli oggetti di uso quotidiano.
Si trova qui il magnifico Dessert realizzato da Luigi Valadier nel 1778 e acquistato in seguito da Carlo IV di Spagna. Un oggetto, tanto raro quanto prezioso: un centrotavola, di grandi dimensioni (3 metri di lunghezza) in marmi antichi e pietre dure, decorato con riproduzioni di edifici classici, che il celebre scultore e orafo romano inventò per una clientela con disponibilità economiche eccezionali.
Nella sezione inoltre vengono esposti altri raffinati manufatti, di Meissen, di Sèvres,di Doccia, Volpato, oltre che progetti inediti della bottega di Valadier, destinati all’addobbo della tavola, così come all’arredo degli ambienti.

VII SEZIONE Gli artisti nella sfida con l’Antico
L’ultima sezione della mostra raccoglie una selezione di dipinti e sculture dei più celebri artisti che guardarono all’Antico per trarne ispirazione.
Dipinti di Pompeo Batoni, Angelica Kauffmann, Domenico Corvi, e Anton Von Maron si accompagnano alle sculture di Houdon, Valadier, Pacetti, Hewetson e Collino.
Chiude la mostra, con i due capolavori Venere e Adone, dalla Gipsoteca di Possagno, e Amore Alato, dall’Hermitage, colui che veniva significativamente ricordato all’epoca come il più grande “emolo di Fidia”: Antonio Canova.

Comitato scientifico
Emmanuele Francesco Maria Emanuele (Fondazione Roma); Carolina Brook (Università di Pisa); Angela Cipriani (Roma, Accademia Naz. di San Luca); Valter Curzi (Università di Roma ‘La Sapienza’); Michela di Macco (Università di Roma ‘La Sapienza’); Anna Lo Bianco (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini); Antonio Paolucci (Città del Vaticano, Musei Vaticani) Claudio Parise Presicce (Roma, Musei Capitolini); Orietta Rossi Pinelli (Università di Roma ‘La Sapienza’) Giandomenico Spinola (Città del Vaticano, Musei Vaticani) Ranieri Varese (Università di Ferrara)

Infoline > 06 95557514

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