Chi si aspettava il solito revisionismo tanto in auge ultimamente, rimarrà deluso. La mostra al Casino di Principi di villa Torlonia, fra i tanti obiettivi, sembra avere anche quello di mostrare come il ventennio fascista poco abbia influito sulla visione degli artisti romani, e in particolare di coloro che si riunirono nella celeberrima Scuola.
L’allestimento si snoda fra le sale della palazzina rispettando tre sezioni: quella dedicata al “piccolo mondo” dell’autore, intitolata “L’artista e lo studio”, quella che segue le tracce del rapporto fra gli artisti e la loro città d’elezione, dal significativo titolo “La città dell’anima” e la terza, “Il corpo”, specchio di un’indagine che ha da sempre accompagnato l’arte e che è stato indubbiamente centrale anche nel lavoro di molti degli artisti esposti.
Artisti ricchi di individualità ma senza individualismi, questi, alla ricerca costante di un registro espressivo che racconti il vissuto senza perdere di vista la dimensione del narrare collettivo. Presupposto inevitabile se si lavora in una città dove è il “pulviscolo di umanità” a fornire i colori necessari alla tavolozza affinché esista il quadro. Colori decisi a stagliarsi il più possibile netti sotto il bigio cupo e opprimente fornito dal periodo storico di quell’epoca, soprattutto nella Capitale.
Una Roma brumosa, livida, secca, quindi. Ma pur sempre Roma. Con quel tratto nostalgico, riflessivo che contraddistingue le opere del gruppo, pur nella loro evidente diversità. E gli autoritratti – altro leit motiv della mostra, come si è detto -, a far da contraltare ai monumenti dando voce al vissuto intimo degli artisti, rappresentato a volte anche dal loro studio di pittori e scultori o dalle nature morte che richiamano comunque un minimalismo di delicata intimità.
E poi i corpi. Che perdono la loro retorica imperialista per diventare strumento quasi funzionale, se non ai movimenti fisici, sicuramente a quelli dell’anima, testimoniando delle diverse visioni e “proiezioni”, volendole chiamare così, senza però perdere quel tratto estetico e rappresentativo che ne ha siglato per secoli il ruolo di soggetto privilegiato.
Last but not least, la mostra ha anche il pregio di esporre al pubblico opere inedite o che da tempo non venivano proposte, fra cui sono da citare uno straordinariamente poetico Interno con natura morta di Francalancia e la struggente Fucilazione di Renato Guttuso.
Scritto da VS