“Chi è di scena! Cento anni di spettacoli a Ostia antica (1922 – 2022)” è la grande mostra promossa dal Parco archeologico di Ostia antica che ripercorre la storia delle manifestazioni che si sono tenute,
e che ancora si svolgono, nel teatro romano dell’area archeologica. Aperta al pubblico dal 21 maggio al 23 ottobre 2022 e divisa in cinque sezioni, l’esposizione è curata da Alessandro D’Alessio, Nunzio Giustozzi e Alberto Tulli, con l’organizzazione di Electa.
L’idea della mostra nasce dalla ricorrenza dei cento anni dalle prime rappresentazioni teatrali. Nella primavera del 1922 veniva infatti messa in scena dai ragazzi delle scuole elementari di Ostia, nel teatro romano non ancora ricostruito, l’Aulularia di Plauto. Quella rappresentazione fu il banco di prova per l’introduzione di una forma teatrale più impegnativa e organizzata, per la quale si rese necessario operare una profonda trasformazione dell’edificio. La mostra – attraverso materiali d’archivio, molti dei quali inediti, e un suggestivo montaggio video di fotografie e filmati d’epoca – traccia per la prima volta filologicamente la lunga storia di arti dello spettacolo che hanno dato lustro all’antico spazio scenico. Storia approfondita dal volume riccamente illustrato edito da Electa, con contributi che ricostruiscono anche le vicende legate agli scavi e ai restauri promossi in particolare da Guido Calza, permettendo al monumento di recuperare la sua antica funzione teatrale. Monumento che, entro fine anno, sarà oggetto di un intervento di restauro e rifunzionalizzazione sull’intera struttura.
“Di tutto ciò, o di una sua discreta parte, abbiamo voluto render conto, per la prima volta in assoluto, nei fornici orientali del monumento, dove il visitatore può ammirare immagini, filmati, manifesti, maquettes e bozzetti di scenografie o costumi, abiti di scena e diversi altri documenti che raccontano, forse più e meglio di tante parole, la fortunata vicenda del teatro di Ostia in età contemporanea”, dice Alessandro D’Alessio, direttore del Parco archeologico di Ostia antica. “Non una mostra archeologica dunque, eppur in certo qual modo una mostra di storia dell’archeologia, se è vero che l’utilizzo che ancora oggi noi facciamo dell’edificio, oltre a quello puramente scientifico, conservativo e didattico-esplicativo, scaturì dalla lungimirante visione di un archeologo”.
I numerosi materiali provengono dagli archivi non solo del Parco archeologico di Ostia antica, ma anche della Biblioteca Museo Teatrale SIAE, dell’INDA, dell’Archivio Luce Cinecittà e degli artisti, tra cui l’Archivio dell’Opera di Duilio Cambellotti – il quale firmò parecchi lavori come costumista e scenografo contribuendo non poco alla fortuna della programmazione – e da numerose collezioni private come la Collezione Andrea SironiStrauβwald. E proprio da un manifesto del 1949 di Mario Sironi è tratta l’immagine coordinata della mostra, realizzata dallo studio Leonardo Sonnoli (Leonardo Sonnoli, Irene Bacchi). Il tutto è esposto all’interno dei fornici del teatro stesso, in quattro moduli disegnati site-specific dallo studio Stefano Boeri Architetti.
PERCORSO MOSTRA
SEZIONE I
1927 Sette a Tebe / Antigone / Le nuvole
1928 Giulio Cesare
Alla lungimiranza dell’archeologo Guido Calza si deve la coraggiosa restituzione dell’edificio teatrale alla sua vocazione originaria in sintonia con l’attività dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico che stava riportando in auge in quegli anni le rappresentazioni classiche. Da Siracusa provenivano gli spettacoli inaugurali del 24 giugno 1927: I sette a Tebe di Eschilo, alternato ad Antigone di Sofocle e a Le nuvole di Aristofane. Fu Duilio Cambellotti a disegnare il manifesto e le scenografie. Foto storiche, bozzetti e maquettes ne evocano l’atmosfera sospesa: prismi come gole spalancate di draghi; su dall’alto sogguardavano le deità protettrici, impassibili, ricche di colori e d’oro mentre tutto il resto era addensato d’oscurità. Per una tragedia moderna di stampo ideologico, il Giulio Cesare di Enrico Corradini andato in scena la prima volta al Teatro Antico di Taormina e poi a Ostia nel giugno 1928, Cambellotti avrebbe concepito una potente identità visiva con l’irrevocabile passo del dittatore, i raffinati costumi all’antica dei protagonisti e i “raggruppamenti”: tavole pittoriche ricche di lumeggiature ed effetti chiaroscurali che scandivano i vari piani dell’azione e i momenti del dialogo anche attraverso una decisa connotazione di volti e gesti, da cinema.
SEZIONE II
1938 Aulularia / I Menecmi
1947 Gli uccelli
Un amletico attore intento a indossare maschere comiche e tragiche campeggia al centro della locandina creata da Duilio Cambellotti per le commedie plautine del 1938, Aulularia e I Menecmi, ambientate tra case, tetti e giardini in miniatura desunti dagli affreschi pompeiani, vivacemente colorati e resi plastici con materiali poveri come in un presepio napoletano. In più punti le scenografie erano sopravanzate dalle figure di mattatori del calibro di Luigi Almirante che col suo bizzarro falsetto e nella mimica eguagliava gli espressivi studi di fisionomie dello stesso Cambellotti. Spettacoli accattivanti da meritare persino insolite riprese aeree che trovarono larga eco sulle riviste nazionali ed estere contribuendo al lancio dell’immagine di Ostia antica nel mondo. Si imponevano all’attenzione anche per la presenza di “danze classiche” quale indispensabile accompagnamento dell’azione scenica con gruppi coreutici all’avanguardia nel panorama europeo dell’epoca: come quello di Tusnelda Risso Strub nei Menecmi, di Ada Franellich negli Uccelli del 1947. Per la commedia di Aristofane Cambellotti ideò un’architettura arborea fittizia che appare oggi, nel suo minimalismo, di una modernità sconvolgente. Era fatta solo di elementi naturali, aerei, fortemente evocatori di pace, come gli sgargianti costumi di fustagno del coro nella foggia di volatili.
SEZIONE III
1949 Medea / Il ciclope
Nel comporre il manifesto delle rappresentazioni euripidee del 1949 Mario Sironi evoca archeologicamente l’ancestrale dramma di Medea, mutuando dalla paratassi della ceramica del geometrico figure, vernici e segni stilizzati nei moduli di una pittura che già guarda alla svolta materica dei primi anni cinquanta. Su una scenografia essenziale, in dialogo straniante con i ruderi e l’ambiente naturale – lo rivela una serie di fotografie con i protagonisti in pose recitanti – l’artista si dimostra consapevole dell’importanza dei costumi nella caratterizzazione degli interpreti. Clou dell’esposizione è una nutrita congerie di rigorosi figurini, pressoché inediti, in cui Sironi rivisita corpetti, chitoni e pepli attenendosi alle parti strutturali, in un repertorio di linee semplici, spesse e marcate, di bande a colori “neoplastiche” sdipanato sui corpi in sintonia con le ricerche non più figurative dell’epoca. Una sola, iconica caverna domina la scena del Ciclope, maestosa montagna di rude cartone segnato da graffiti, oscuro fondale per i movimenti dei personaggi: Ulisse ha dipinte solo le ossa del costato; Sileno barba e peli ovunque, grottesco con quell’enorme pancia; caliginose calzamaglie indossa il gruppo animalesco coreografato dalla Chladek; Polifemo in pelliccia, clava e maschera tribale come uno scafandro, così simile ai Mamuthones del carnevale sardo.
SEZIONE IV
1922… “L’evocazione rapida di un sogno”
Primavera 1922. I bambini delle elementari di Ostia recitano l’Aulularia di Plauto. Una serie di fotografie ritrovate tra le carte di Guido Calza, il copione “adattato”, un tema e tante testimonianze documentano questo primo, sperimentale tentativo di moderno “teatro all’aperto”: un semplice fondale dipinto come scenografia, autorità e invitati con il parasole plaudenti su una cavea che era ancora un pendio erboso. Mentre gli scavi di Ostia antica stavano diventando set fotografico per leggiadre danzatrici in abiti grecizzanti, era stato gettato il seme della lunga e feconda storia di rappresentazioni classiche, dal 1927 al 1969 organizzate con qualche soluzione di continuità dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico, e non solo, come rivela la cronologia visiva di 100 stagioni. Una ricca rassegna stampa, fotografie di scena, brevi filmati d’epoca fanno rivivere gli spettacoli di sempre più vario genere, svelando anche il dietro le quinte e gettando una luce vera sull’eterogeneo pubblico fatto di celebrità e di gente comune giunta in trenino ad affollare le serate estive. Una ribalta che ha visto negli anni avvicendarsi registi e attori, coreografi e ballerini, scenografi e costumisti tra i migliori nomi del panorama italiano e internazionale. Senza dimenticare la musica pop, rock ed elettronica cui il Teatro Romano di Ostia antica, sotto le stelle, ha regalato un’insolita, magica atmosfera per emozioni indimenticabili, tra cui, a titolo d’esempio, Jethro Tull, Patty Smith, Vinicio Capossela.
Tra le foto di scena in mostra quella di Nuvole del 1955 con Arnoldo Foà e Olga Villi nell’Alcesti del 1956. Ancora Arnoldo Foà, con Valeria Moriconi, in una scena della commedia Pene d’amor perdute di William Shakespeare nel 1961, e nell’Anfitrione del 1962.
SEZIONE V
Gli interventi di restauro e rifunzionalizzazione del Teatro Romano di Ostia (1913, 1926-28, 1938-39)
“Ma la rappresentazione fatta ieri a Ostia ha dimostrato anche un’altra cosa. Ha dimostrato che bisogna in ogni modo incoraggiare – dal Governo, dal pubblico, dai giornali – l’opera di coloro che con assidua intelligente fatica, si studiano di rimettere in valore le nostre glorie passate, perché sieno di ammaestramento e di stimolo alla infiacchita generazione presente”. (Plauto sulle scene del Teatro di Ostia dopo diciotto secoli, “Il Giornale d’Italia”, 11 maggio 1922). Ben rende, questa citazione da un articolo non firmato (perché probabilmente scritto da Arturo Calza, padre dell’ispettore archeologo degli Scavi di Ostia), l’intenzione di Guido Calza di riadattare il teatro ad accogliere il pubblico delle rappresentazioni che vi si dovevano di lì in avanti svolgere. Così come appare illuminante, nella sua attualità, il riferimento alla “rimessa in valore” del patrimonio antico per finalità educative e di pungolo ai giovani. Già Vaglieri nel 1913, pur senza intraprendere un’anastilosi vera e propria, aveva fatto reintegrare la sommità delle coperture delle tabernae dell’edificio, a scongiurare il crollo delle murature liberate dalla terra che per secoli le aveva sepolte. Nel 1922, dunque, la cavea si presentava ancora come un catino sistemato a prato, scomodo e pericoloso, tanto che le recite di quell’anno fornirono a Calza l’ulteriore giustificazione per procedere alla sua ricostruzione. Terminata nel 1928, la nuova gradinata offriva ora un perfetto parterre, per così dire, agli spettatori che sempre più numerosi avevano preso ad assistere agli spettacoli qui organizzati dall’INDA. È comunque solo nel 1938-39, in occasione dei preparativi per la mai tenutasi Esposizione Universale di Roma del 1942 e in linea con le bombastiche modalità ideologiche del tempo, che il teatro di Ostia assume l’aspetto che tuttora lo contraddistingue, tramite la ricostruzione di alcune arcate del prospetto esterno, dell’ingresso centrale e delle tabernae poste ai lati di questo. In mostra alcune foto storiche dall’Archivio fotografico del Parco archeologico di Ostia antica ripercorrono le trasformazioni e gli interventi di quegli anni: il teatro al termine degli scavi di Dante Vaglieri (1913); la ricostruzione della cavea (1926-28) quasi ultimata con il primo meniano pressoché completo e le volte di sostegno del secondo meniano gettate, mentre di lì a poco verranno posizionati i gradini del secondo ordine; la ricostruzione dell’ingresso principale (13 aprile 1939). In questa sezione sono visibili decorazioni marmoree a muro già così allestite sulle pareti del fornice.
Titolo
Chi è di scena! Cento anni di spettacoli a Ostia antica (1922 – 2022)
Sede
Roma, Parco archeologico di Ostia antica v.le dei Romagnoli 717
ostiaantica.beniculturali.it
Date al pubblico
21 maggio – 23 ottobre 2022
A cura di
Alessandro D’Alessio, Nunzio Giustozzi, Alberto Tulli
Promosso da
Parco archeologico di Ostia antica
ostiaantica.beniculturali.it
Organizzazione e catalogo
Electa
Orari
Dal martedì alla domenica:
8.30 – 19.00 fino al 30 settembre 2022 (ultimo ingresso ore 18.00)
8.30 – 18.30 dal 1 al 23 ottobre 2022 (ultimo ingresso ore 17.30)
Chiuso il lunedì
Biglietti
Intero € 14
Ridotto € 2,00
Per acquisto online + € 2
Uffici stampa
Electa – Gabriella Gatto
Parco archeologico di Ostia antica – Cristiano Brughitta
Ufficio comunicazione
Parco archeologico di Ostia antica
Marina Lo Blundo – Valeria Puccio
Fonte: Ufficio stampa Electa – Gabriella Gatto