Ancora una volta l'Istituto di Cultura Giapponese regala ai romani, una mostra che permette una conoscenza maggiore dell'arte giapponese: My Grandmothers di Miwa Yanagi.
Miwa Yanagi è una artista conosciuta in ambito internazionale, ha esposto in personali e collettive sia in Europa che negli Stati Uniti e quest'anno è stata la rappresentante dell'arte nipponica alla Biennale di Venezia.
Come molte altre esposizioni allestite all'Istituto di Cultura Giapponese, anche questa si distingue, oltre che per l'ambiente e l'atmosfera suggestiva che accoglie il visitatore, soprattutto, per le opere e i significati che si possono leggere in esse.
In mostra è presentato parte di un lavoro, cominciato dall'artista nel 1999, intitolato Grand Mothers. Sino ad oggi conta 26 opere, a Roma ne sono esposte cinque. Sono immagini digitali di grande formato, arricchite da effetti speciali e tecniche prese in prestito dal cinema. Affianco ad ogni immagine ci sono dei commenti, che guidano verso la comprensione di ognuna di essa.
Alcune sono raffigurazioni più pacate, altre invece, colpiscono come uno schiaffo in pieno volto. Questo per la loro forza espressiva e pechè sono in grado di catalizzare l'attenzione del visitatore che è posto a farsi domande e a meditare. Il comune denominatore è l'indagine del rapporto che vi è tra donne giovani e donne anziane. Queste ultime, sembrano della maschere deformate dal passare degli anni.
In realtà, quello che vediamo è una finzione, perchè sono delle ragazze giovani, travestite da "nonne". E' questa la ricerca artistica della Yanagi. Ha chiesto a delle modelle, dai venti ai trentanni, di immaginarsi tra cinquantanni. Sulla base delle loro risposte ha lavorato alle opere servendosi, di trucco, fotografia e computer grafica.
La prima raffigurazione è Geisha del 2002. Vi sono quattro
donne "anziane". Due sono vestite da Geisha, mentre le altre sono impegnate a
prepararle. Affianco alla fotografia, è
scritto quale è il compito ed il dovere della Geisha: impegnarsi ogni giorno nelle arti,
rispettare le regole, non fare differenze tra clienti abituali e non,
accogliere sempre il cliente in maniera unica e irripetibile, non fare prediche
al cliente, decidere la propria età di giorno in giorno, se ci si applica, non
si perde la grazia, solo gioie niente dolori, vivere una vita comoda è tutto. I
punti suddetti devono essere osservati con mutualità, nel rispetto
dell'armonia. Questa è una raffigurazione pacata ed
affascinante, debitrice della tradizione giapponese.
Dal passato si balza con forza al mondo moderno che viene interpretato in
modo fortemente negativo.
Siamo di fronte alla seconda opera Hiroko
del 2001. Ad accoglierci uno scenario del tutto diverso, una stanza d'albergo. Protagoniste sono due
donne, una anziana e l'altra giovane mostrata di spalle.
Affianco il commento che accompagna l'immagine aiuta a comprenderne il
significato. In realtà esso è superfluo perché l'immagine è mostrata con grande schiettezza.
Le fotografie delle Yanagi hanno un
dialogo costante con la società in cui vive.
La modernità del Giappone, è mostrato con un realismo pessimistico. Qui
l'artista fa una ricerca sugli effetti che il consumismo ha negli atteggiamenti
della donna giapponese.
Passiamo alla terza opera Mika del 2001.
Lo scenario è completamente diverso, sembra
di essere in una visione o in un sogno. Una anziana è in mezzo al mare, in
piedi su uno scoglio, completamente vestita di bianco. L'aspetto è quello
di una divinità portatrice di saggezza.
È circondata da un gruppo di donne sue
adepte, che giocano nell'acqua. Stridente è il contrasto coloristico tra il
grigiore del paesaggio e il rosso degli abiti delle ragazze.
Un popolo di sole donne, in cui si
avverte negativamente che è accaduto qualche cosa, ma portatore di un messaggio di speranza, nella volontà dell'anziana di
ripopolare il mondo.
Arriviamo alla penultima opera carica di cinismo e di decadenza. AI
del 2004 una anziana intenta a leggere le mani a delle bambine, che
l'attendono in fila. Alcune hanno il viso spaventato e preoccupato. Qui il
testo è chiarificatore, la donna cerca una sua "erede" che dovrà seguire le sue
orme. È visibilmente annoiata e seccata nel
leggere i futuri "vuoti" di queste bimbe ancora ignare di quello che accadrà.
L'esposizione termina con una raffigurazione carica di malinconia, che è a
mio parere, la più affascinante, di tutta l'esposizione.
Si intitola Estelle ed è stata
realizzata nel 2003. In una soffitta troviamo una donna dai lunghi
capelli bianchi, circondata da centinaia di cartoline. È intenta a sfogliarne
alcune, leggiamo un messaggio "vi amo
ci rivedremo presto".
Una vita che si sta spegnendo, un addio che ha il sapore di un arrivederci.
È in questa ultima opera che si coglie
il filo conduttore della serie di Grand Mothers, la morte.
L'artista si confronta in tutte le opere con questo grande tema, nel
tentativo di trovare il vero significato alla vita.
Le donne giovani che si immaginano tra
cinquant'anni non fanno altro che proiettarsi su come sarà la loro fine, alcune
ne danno un'immagine pessimistica, altre invece più onirica, la modella di
Estelle però ne ha dato la più commovente.
La mostra termina qui, con un amaro in bocca e un lieve senso di angoscia,
ma soprattutto con una domanda: " Io come
mi vedo tra cinquant'anni?", forse
più simile ad Estelle.
MY
GRANDMOTHERS
di Miwa Yanagi
1 ottobre – 20 novembre 200
Orari mostra: lun-ven 9-12.30/13.30-18.30 merc fino alle 17.30 sab 9.30-13
La
mostra è introdotta da conferenza di Filippo Maggia giovedì 1 ottobre
2009 ore 18.00
Istituto Giapponese di Cultura via Antonio Gramsci 74 00197 Roma
tel 06 3224754 / 94 www.jfroma.it ingresso libero