La più grande icona rock al femminile o, per meglio dire, la “sacerdotessa del rock”. Patti Smith è un vero e proprio mito vivente per tutta una serie di ragioni, che vanno dal suo essere importante esponente della cultura femminile, alle sue opere poetiche, fino ad arrivare all’attivismo. Una voce, la sua, veramente inconfondibile ed una carica sul palco che ha dello struggente.
Patti Smith ha proposto un nuovo modo di fare rock ed il suo essere donna ha, senza dubbio, avuto un suo peso non indifferente. Prima della “sacerdotessa” c’era stata un’altra donna, Janis Joplin, a proporre rock con grande energia e calore, tuttavia il suo triste epilogo ha stroncato una carriera, che poteva essere ancor più bella. La Smith, invece, ha superato momenti parecchio difficili come, ad esempio, la morte del marito e di alcuni amici, eventi accaduti nei primi anni ’90. Questa donna continua a proporre la sua musica, a pubblicare album nuovi ed a fare concerti. La “sacerdotessa” è sempre qui, come testimonia la sua ultima fatica discografica “Banga”.
Patricia Lee Smith nasce nel 1946 a Chicago e la passione per l’arte emerge quasi immediatamente. Reading, qualche esibizione e nel 1975 pubblica il suo primo lavoro, forse il più celebre, “Horses”. Si tratta di un album energico, fresco, intenso, merito anche del produttore, non proprio un nome sconosciuto, John Cale, ex Velvet Underground ed apprezzato polistrumentista. Molti lo considerano un precursore addirittura del punk, ma ciò che emerge è la personalità dell’artista e la sua forza poetica. La carica rock andrà avanti anche con gli altri due fortunatissimi album, “Radio Ethiopia” (1976) ed “Easter” (1978). E poi i titoli della canzoni, parecchio azzeccati. Ricordiamo, ad esempio: “Redondo Beach”, “Free Money”, “Gloria”, “Pissing in a River”, “Rock N Roll Nigger” e “Because the Night”. L’ultimo dei brani qui elencati è, forse, quello suo più trasmesso dalle radio, anche se il merito di averlo scritto è di un altro straordinario personaggio del rock mondiale, Bruce Springsteen. La Smith riceve anche ottimi consensi dalla critica e questo accadrà sempre nel corso della sua lunga carriera. I motivi vanno ricercati nel suo rock all’avanguardia (per l’epoca) e, soprattutto, per i testi profondi, poetici e lontani dalla banalità. La “sacerdotessa” non ha mai nascosto il suo amore per la poesia francese, in particolare per il poeta “veggente”, Arthur Rimbaud. Come il geniale poeta di Charleville, anche Patti Smith avrà sempre un rapporto amore/odio per la religione, basti ricordare la frase, “la musica è riconciliazione con Dio”, contenuta nelle note del quarto album, “Wave” (1979).
Dopo una lunga pausa pubblica, nel 1988, “Dream of Life”, che contiene uno dei singoli di maggior successo della sua carriera, ossia “People Have the Power”, un vero e proprio inno alla democrazia. Successivamente, registrerà altri album che, tuttavia, non riusciranno mai ad ottenere lo stesso consenso di quelli degli anni ’70. Gli anni passano anche per lei, ma ciò non vuol dire addio al palco ed al contatto col pubblico. Non smetterà, infatti, di intraprendere tour mondiali o di collaborare con altri artisti (ricordiamo la sua partecipazione all’album del 1996, “New Adventures in Hi-Fi”, dei R.E.M., guidati dall’amico Michael Stipe).
L’ultimo album di inediti risale, invece, a giugno 2012 e si intitola “Banga”. Siamo lontani dalle sonorità rock dei primi lavori, ma la carica poetica rimane intatta. Ci sono diversi omaggi, ad esempio quelli al cantautore canadese Neil Young, ed all’attore americano Johnny Depp. Per non parlare poi dei tantissimi musicisti che hanno collaborato alla realizzazione dell’album (Lenny Kaye, Tom Verlaine, Jack Petruzzelli, ecc…). Tanti hanno definito “Banga”, come il miglior lavoro della Smith dopo “Dream of Life”. Un gradito ritorno, quindi, anche dal punto di vista live; questo perché l’artista americana è pronta per un nuovo tour. Patti Smith arriverà nella Capitale, il 20 luglio 2012 (ore 21), nell’ambito della rassegna “Luglio suona bene”, in corso all’Auditorium Parco della Musica. C’è attesa nell’ascoltare dal vivo brani recenti come “Amerigo” (riferimenti al celebre esploratore Amerigo Vespucci), “This Is The Girl” (dedicata alla scomparsa di Amy Winhehouse) e “Nine” (per l’amico Johnny Depp). Non mancheranno certamente i classici, che hanno fatto di Patti Smith la “sacerdotessa del rock”.
Che senso può avere, oggi, una figura come quella della Smith? Questa donna sembra distante da qualsiasi contesto contemporaneo e fuori dai crudi meccanismi dell’industria discografica, così piena di compromessi e legata agli spietati meccanismi del marketing.
Patti Smith, è bene ricordarlo, ha una missione da portare avanti. Come la sacerdotessa Pizia, anche lei deve continuare a pronunciare gli oracoli, in nome di quella divinità troppo spesso collocata in un angolo, la poesia. Il mondo ha bisogno di poesia e Patti Smith è qui per ricordarcelo ancora.
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