Si può risalire a prima del Big Bang e forse c’è un periodo precedente. Il Big Bang, perciò, non corrisponderebbe più alla formazione dell’universo. Si può affermare questo, unendo la relatività generale con alcune teorie provenienti dalla meccanica quantistica. Tutto è comunque da verificare in qualche modo, ma le nuove teorie procedono verso l’eliminazione dei limiti temporali.
E’ stato probabilmente questo il fulcro della Lectio Magistralis di Jean-Pierre Luminet, astrofisico e scrittore francese, che ha inaugurato la prima giornata del Festival delle Scienze 2012, presso l’Auditorium Parco della Musica.
I confini temporali non sono stati al centro soltanto dell’intervento di Luminet, perché tutto il Festival è dedicato proprio al concetto di “tempo”, un tema basilare in tutta la storia dell’umanità. Si intrecciano, infatti, una serie di discipline, che vanno dalla fisica, alla filosofia, dall’astronomia fino alla letteratura. Tante sono poi le domande che si possono fare riguardo proprio all’idea del “tempo” e tutto ciò che a esso gira attorno. Si può dire qualcosa riguardo alla sua origine? Vi era un “tempo” prima del celebre Big Bang? E’ da considerarsi, a tutti gli effetti, infinito? Si può, magari, viaggiare nel tempo? I quesiti non sono, chiaramente, soltanto questi e non è un caso che, nel corso dei secoli, il “tempo” abbia attirato l’attenzione di filosofi e scienziati diversissimi tra loro.
Luminet ha sempre affrontato tematiche simili nelle sue opere, basti pensare soltanto ad alcuni loro titoli, ad esempio, “La segreta geometria del cosmo” (Raffaello Cortina Editore, 2004) e “Finito o infinito? Limiti ed enigmi dell’universo (Raffaello Cortina, 2006). Al centro dei suoi scritti, in particolare nel suo ultimo libro intitolato “La parrucca di Newton” (La Lepre Edizioni, 2011), c’è un personaggio che ha messo al centro della sua vita il concetto di temporalità. Per Isaac Newton il tempo e lo spazio sono assoluti e preesistono, dunque, a qualsiasi percezione di oggetti e cose in movimento. Spazio e tempo, allora, non dipendono dalla capacità di noi tutti di cogliere il moto, bensì elementi primordiali, anche rispetto alla creazione dell’universo. Certo, “La parrucca di Newton” mette in risalto anche altri aspetti, forse poco noti, della personalità di questo immenso fisico e matematico inglese. Si parla del suo carattere, delle sue stranezze, delle sue manie. Veniamo a scoprire l’invidia che provava nei confronti dei suoi colleghi, il suo essere maniacale, fin troppo preciso. Non aveva un buon rapporto con l’universo femminile e ciò lo qualificherebbe addirittura come misogino. Inoltre, in rilievo ci sono i litigi con altri grandi pensatori dell’epoca, come il filosofo tedesco Leibniz, o lo scienziato inglese Robert Hooke. Insomma, un buon modo per avvicinarsi ad una complessa personalità come quella di Newton.
Una cosa comunque la si può immediatamente notare, ed è il forte connubio fra scienza e filosofia. E’ lo stesso Luminet che, all’inizio della Lectio Magistralis, citerà diverse frasi dei grandi pensatori del passato. Si inizia da uno dei filosofi più “oscuri” dell’antichità, ossia Eraclito: “Nessuno può fare il bagno due volte nello stesso fiume, perché non sarà più lo stesso fiume e non sarà più la stessa persona.” Per il pensatore greco c’è analogia tra il fiume ed il tempo, mentre per Platone la temporalità è “l’immagine mobile dell’eternità”. Si continua poi con Agostino d’Ippona, il grande Padre della Chiesa. Costui considera il tempo come qualcosa creata direttamente da Dio insieme all’universo ma, allo stesso tempo, misteriosa. Celebre è una sua affermazione a riguardo: “Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so.” Tuttavia, sarà proprio Newton a portare un grande contributo a questa riflessione perché, per lui, il tempo è da considerarsi, al pari dello spazio, “sensorium Dei”, ovvero senso di Dio. Il tempo, dunque, risulta essere immutabile, uguale a se stesso. Non può comunque mancare, in questa Lectio Magistarlis, un riferimento ad un altro genio della fisica, Albert Einstein. Per lo studioso tedesco, la materia, lo spazio ed il tempo sono mescolati. Il tempo, quindi, non è da considerarsi assoluto, ma dipende dalla velocità e dello spazio che si vuole prendere in considerazione. Sarebbe più giusto, allora, parlare di spaziotempo, perché i due elementi sono strettamente collegati.
Luminet poi si soffermerà anche sui buchi neri, che creano distorsione di spazio e tempo. Il loro campo gravitazionale dividerebbe, se così si può dire, lo spaziotempo in varie parti scisse tra loro, mediante un orizzonte degli eventi, altro concetto della relatività generale.
Infine, l’astrofisico francese parlerà di alcune recenti teorie, che indicherebbero l’esistenza di un periodo precedente al Big Bang. Un’altra domanda, tuttavia, si impone. Esiste, dunque, la fine del tempo? Misure attuali sembrerebbero avvalorare l’ipotesi che non può esserci, in realtà, una fine del tempo. Tutte questioni che avrebbero meritato uno spazio maggiore, ma la Sala Petrassi non può essere occupata in eterno…
Il perno della prima giornata del Festival è stato, senza dubbio, uno spettacolo, qualcosa di completamente diverso da una conferenza o Lectio Magistralis. Alla fine, non poteva essere altrimenti, considerando il protagonista del reading musicale che si è tenuto in una Sala Sinopoli colma di gente. Stefano Benni ha divertito tutti col suo spettacolo, leggero ma non troppo, “Che ore sono”. L’autore di “Baol” e “La compagnia dei Celestini”, ha voluto affrontare a suo modo il leitmotiv del festival. I monologhi, o meglio letture di racconti, hanno così avuto come tema principale quello del “tempo”, nelle varie sue accezioni. I protagonisti delle sue storie sono individui alla ricerca spasmodica del significato reale del “tempo”, o comunque finiranno per imbattersi, loro malgrado, nelle conseguenze della temporalità, del trascorrere inesorabile del tempo. Le letture di Benni sono intervallate dalla musica raffinata, ma mai invadente, eseguita al pianoforte da Umberto Petrin.
Per meglio definire lo spettacolo dello scrittore, non c’è modo migliore che riportare il suo modo di intendere il tempo, così come viene riportata nell’intervista apparsa su Leggo, il 19 gennaio: “Io vivo il tempo della letteratura che è ciclico, in cui gli orologi non esistono, si possono fermare, accelerare e far tornare indietro.”
Tra un po’ di sana ironia, qualche accenno alla satira ed alcuni motivi di riflessione, del resto sempre presenti nei suoi romanzi e poesie, termina lo spettacolo di Benni. Il pubblico abbandona contento l’Auditorium e tutti sembrano appagati da una prima giornata nel segno di proposte variegate, momenti più seri e altri di svago. E non poteva essere altrimenti, anche perché il concetto di “tempo” non è precisamente facile da delineare e ha da sempre interessato una vasta schiera di personaggi più o meno noti. Il suo è, dunque, un continuo intrecciarsi di motivi, storie, teorie e riflessioni. Cos’è veramente il tempo? Nessuno è riuscito, e forse nessuno riuscirà mai, a rispondere a questa, seppur lecita, domanda. Un po’, alla fine, come il senso vero della nostra vita, un reale enigma senza soluzioni semplici. Il Festival delle Scienze, allora, non può dare risposte definitive ma, e non è cosa da poco, può fare riflettere e anche divertire; un po’ com’è riuscito a fare Stefano Benni.