Un varietà per tutta la famiglia. Non si tratta, però, di un programma televisivo, bensì di un concerto rock o, meglio ancora, punk rock. Bambini, genitori, ragazzini, giovani sui trent’anni: questo è stato il pubblico presente al concerto dei Green Day, mercoledì 5 giugno, nell’ambito di Postepay Rock in Roma 2013 all’Ippodromo delle Capannelle. Probabilmente ciò non sarebbe avvenuto ai tempi di “Dookie”, l’album più celebre della prima parte della loro carriera, quando erano considerati tra i massimi esponenti del nuovo punk assieme ai The Offspring. Del resto, la band di Billie Joe Armstrong si è evoluta negli anni e, con loro, è cresciuto (e si è soprattutto ampliato) il suo pubblico. Il concerto romano non aveva nulla di attitudine punk, ma non c’è molto di cui stupirsi, perché i Green Day da tanti anni sono usciti dall’underground musicale, hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo e, in particolare, il loro sound è mutato profondamente. Niente di particolare, insomma, tutto ampiamente prevedibile.
Tante le persone che hanno deciso di recarsi a questo concerto, ma anche questo era immaginabile, dato che il gruppo mancava dalla Capitale dai tempi del tour di “Warning”, quindi per l’esattezza ben 13 anni! Nel frattempo i Green Day sono tornati al grande successo con “American Idiot”, ribadito (pur se in tono leggermente minore) col successivo “21st Century Breakdown”. Poi, diciamolo francamente, in tanti temevano l’ennesimo forfait, dopo quello avvenuto lo scorso settembre a Bologna, causa malore di Billie Joe (c’è da aggiungere pure l’annullamento del loro show, dovuto al maltempo, all’edizione 2010 dell’Heineken Jammin’ Festival). Invece, per fortuna nulla di tutto questo e, aggiungiamo, pure il tempo è stato clemente, dato che in mattinata il cielo della Capitale era tutt’altro che sgombro di nuvole. Ogni cosa è andata, dunque, per il verso giusto e mancava solo un tassello, ossia la prestazione dei Nostri.
Dopo l’esibizione degli All Time Low (un prevedibile punk rock sulla scia dei Blink-182 e Sum 41), capaci comunque di scaldare a dovere il pubblico, ecco il momento dei Green Day che son saliti sul palco con dieci minuti d’anticipo. Dopo l’intro, si parte con “99 Revolutions”, tratto da “¡Tré!”, ultimo capitolo della recente Trilogia. La band, si nota, è in forma ed anche Billie Joe, reduce da un periodo di rehab, sembra in ottima condizione. Si prosegue con una “Know Your Enemy” protratta all’infinito, tra cori ed incitamenti al pubblico. Forse l’unico appunto allo show degli statunitensi, è proprio questo continuo dilatamento dei brani che, dopo un po’, appare ripetitivo e scontato. Certo, non suonano di certo poco, perché la durata del concerto supera le due ore e tanti, alla fine, risultano comunque essere i pezzi in scaletta. Già, ma la scaletta? Ottima, anche se mancano all’appello due singoli di enorme successo come “Wake Me Up When September Ends” e “21 Guns”. A risultare sacrificato risulterà “21st Century Breakdown”, presente solo con un brano, mentre a fare la parte del leone sarà la Trilogia ed “American Idiot”. I fans di vecchia data, o comunque coloro che apprezzano di più il lato punk del gruppo, possono comunque ritenersi soddisfati, in quanto pure “Dookie” è stato saccheggiato a dovere. Non sono mancati i brani che li hanno catapultati al successo, quindi la celeberrima “Basket Case”, l’immancabile “Longview”, la tanto acclamata “She” e la divertente “When I Come Around”. Da sottolineare poi alcune chicche rappresentate da “Going to Pasalacqua”, che risale al primo loro album “39/Smooth” e “Nice Guys Finish Last” (da “Nimrod”), che da un po’ non includevano in scaletta. Il finale, invece, è nel segno dell’atmosfera, grazie a “Brutal Love” e l’inevitabile “Good Riddance (Time of Your Life)”, che suggellano un concerto perfetto sotto gran parte dei punti di vista. Sarebbe stato inutile, perciò, attendersi qualcosa di diverso. Il passato punk non è stato rinnegato, gli ultimi brani hanno trovato ampio spazio e, soprattutto, la band ha dimostrato di esserci con la mente e col corpo.
Un varietà, dicevamo, uno spettacolo che ha mostrato come si possa partire dalle cantine, proporre punk sui palchi di mezzo mondo, arrivare a vendere una valanga di dischi ed entrare così nelle case di tantissime famiglie.
I puristi (musicali e non) di certo non apprezzeranno, ma spesso c’è bisogno del varietà in televisione, come pure nella musica e, perché no, anche nella vita.
Setlist:
Intro
99 Revolutions
Know Your Enemy
Stay the Night
Stop When the Red Lights Flash
Letterbomb
Oh Love
Holiday
Boulevard of Broken Dreams
Stray Heart
Nice Guys Finish Last
Waiting
Missing You
Burnout
Hitchin’ a Ride
Welcome to Paradise
Longview
Going to Pasalacqua
Knowledge (Operation Ivy cover)
St. Jimmy
When I Come Around
Basket Case
She
King for a Day
Shout / Teenage Kicks / Always Look on the Bright Side of Life / (I Can’t Get No) Satisfaction / Hey Jude
X-Kid
Minority
American Idiot
Jesus of Suburbia
Brutal Love
Good Riddance (Time of Your Life)