Con il tour di Arrivederci Mostro, ha deciso di cominciare per la prima volta dalla capitale e non ha fatto poi così male dato che la prima data è risultata sold out nel giro di pochi giorni e ne hanno stabilita subito anche un’altra. Ed è così che Ligabue il 9 e 10 luglio scorsi ha entusiasmato il popolo dello Stadio Olimpico, sfiorando le 60 mila persone a sera.
L’amatissimo cantautore di Correggio si è calato nell’estate romana salutando la città con uno schermo alle spalle del palco dove correvano le scritte Ciao Roma. Il grido di gioia e di accoglienza dei suoi fan – alcuni dei quali si trovavano accampati fuori dallo stadio dalle prime ore dell’alba – e poi ecco lui, in forma smagliante e con quell’aria sbarazzina e rockettara che gli è sempre appartenuta e che oggi, appena varcata la soglia dei cinquant’anni, gli si addice più che mai.
Ma prima di salire sul palco, il suo manager e amico Claudio Maioli intona Tacabanda e inaugura le danze con una sorta di rito propiziatorio, sotto forma di divertente show.
In scaletta la maggior parte delle canzoni dell’album Arrivederci Mostro e alcuni immancabili successi del passato. Un’accoglienza molto calorosa quella all’Olimpico che lo fa sentire subito a casa propria.
Tanto per cominciare tre nuovi brani, per assaporare la serata ed entrare nel nuovo mondo di Liga; e poi l’annuncio: “dalla prima canzone dell’ultimo album, passo alla prima canzone del mio primo album”, e via con Balliamo sul mondo a scaldare gli animi e a mandare in fibrillazione i fan più sfegatati. Ancora più scalpore per Bambolina e Barracuda, altro celebre pezzo degli esordi, e le emozioni e i ricordi scivolano via che è una bellezza. E poi arriva il momento di Certe Notti, dove l’autore si esibisce su una pedana rialzata al centro del prato, nel bel mezzo del pubblico. E lo stadio impazzisce. Procede l’alternarsi di canzoni vecchie e nuove, tra queste Quando canterai la tua canzone, La linea sottile, Nel tempo, Atto di fede, La verità è una scelta e Un colpo all’anima cantata all’unisono. E ancora, come un tuffo nel passato, Piccola stella senza cielo, accompagnata da uno schermo buio illuminato solo da piccole luci che, come piccole stelle, illuminano i fan nel prato. E qui non servono molte parole per descriverne l’emozione che dai primi accordi risale su.
Entusiasma con Questa è la mia vita, e lascia a bocca aperta quando prende una fan e la trascina sul palco insieme a lui; commuove con Ho perso le parole, scatena con Urlando contro il cielo, quando tutto lo stadio si unisce in un unico abbraccio. Incita a non arrendersi mai con Il giorno di dolore che uno ha e lancia una protesta sul tema dell’acqua con A che ora è la fine del mondo, facendo scorrere sullo schermo la scritta “E tu sei pronto a pagare per l’acqua?”.
Ma non finisce qui, perché dopo Libera nos a malo prosegue in direzione delle sue pietre miliari con Marlon Brando è sempre lui e Tra palco e realtà; e per il gran finale sfodera un brano recente, Buonanotte all’Italia, che un po’ intristisce ma fa riflettere sui grandi del passato grazie alle immagini che passano alle spalle del cantante. Da Mike Buongiorno a Totò, da Falcone e Borsellino a Vittorio De Sica, da Corrado a Zavattini, per coinvolgere il popolo di Ligabue sulla preziosa memoria della tradizione italiana.
Inutile dire che la scenografia ha contribuito a incrementare le emozioni, con le sue luci e i suoi effetti speciali e a creare un vero e proprio spettacolo memorabile in tutti i suoi aspetti. Peccato che sia durato solo due ore e che siano scivolate così in fretta.
Coriandoli, stelle filanti, istantanee della serata che ritraevano il pubblico e che qualche secondo dopo si trovavano sullo schermo. Questo e ancora altro per la tappa iniziale di Ligabue che, come al solito, non ci delude mai. E anche un suo invito finale rivolto ai giovani a non perdere le speranze e a credere in un futuro migliore.