Autore: Donata Zocche
“L’alba sta arrivando. La nottata di lavoro è finita. E come ogni mattina penso se sia giusto morire qua o vivere da un’altra parte.” E’ questa la domanda che riecheggia tra le pagine di Un posto anche per me, l’ultimo romanzo di Francesco Abate edito da Einaudi. Parole semplici, ma capaci di dare voce a un’anima straziata, ben nascosta in un corpo strabordante. Come quella del protagonista Peppino, troppo tonto per essere preso in considerazione, troppo grasso per non essere notato.
“Milena è nata in un nido, come gli uccelli. Il nido non stava su un ramo, e non si poteva vedere il cielo.” Il nido di Milena non è come quelli dove portiamo i nostri bambini, è il nido di Rebibbia, in cui vivono i figli delle detenute. La scrittrice Rosella Postorino vi ha ambientato il suo ultimo romanzo, Il corpo docile, edito da Einaudi, un libro che sembra inciso, non semplicemente scritto. Ogni parola è un’ arma affilata che scava nei sentimenti e nella carne, perché, come recita il titolo, è il corpo ad essere protagonista. Idolatrato dalla nostra…
C’è un oceano tra Germano ed Emilio, e non solo in senso geografico. Uno abita a Roma e l’altro a Pittsburgh, ma se non si vedono dal funerale del padre, avvenuto quattro anni prima, è perché non è bastata la sua morte a seppellire tutta la loro rabbia e il loro dolore. Tra i due fratelli, la figura di quest’uomo, che ha tradito e abbandonato, ma era dotato di fascino, è più viva che mai.
“Chissà se nella vita avremmo potuto essere anche un’altra cosa.” Bastano queste parole a fare di Dentro, brillante esordio letterario di Sandro Bonvissuto pubblicato da Einaudi, un libro nostro, perché ognuno di noi se l’è chiesto, almeno una volta. E’ dentro il protagonista da adulto, finito in carcere, senza spazio neanche per poter guardare, dove esiste solo il nulla, come il muro davanti, che “non è una cosa che fa male; è un’idea che fa male. Ti distrugge senza nemmeno sfiorarti.”
Chiunque conosce la scrittura di Emanuele Trevi, sa come riesce a trasportare chi legge in viaggi che altrimenti sarebbe difficile intraprendere. E’ così anche nel suo racconto Senza verso. Un’estate a Roma, Editori Laterza, ambientato nella torrida estate del 2003. Mentre chi può fugge dalla capitale arroventata per cercare un po’ di refrigerio, lo scrittore si aggira per le strade della città e nei suoi sotterranei.
Un cadavere viene ritrovato a Villa Ada. Appartiene al poeta Vasco Sprache, personaggio alquanto particolare, che viveva nel parco quasi come un barbone, attaccando le sue poesie agli alberi. A fare la scoperta è un conoscente dello Sprache, poeta egli stesso, e in odore di Nobel. Potrebbe essere la rivalità tra i due, il movente dell’omicidio? Verosimilmente sì, tanto che il candidato al prestigioso premio si rivela il primo indiziato.
Che dire quando a un colloquio di lavoro, per avere qualche possibilità in più, si nasconde la propria laurea a pieni voti? Eppure è quello che ha imparato a fare Gillo, il protagonista de Le vite sghembe, romanzo d’esordio di Francesco Zanarini edito da Ensemble. E il tutto non per un posto di lavoro, ma per un posto da precario. “E’ il male del XXI secolo”, denuncia l’autore, “un virus che si evolve e muta rapidamente”. L’epidemia, come si sa, è di vaste proporzioni, ma ogni cifra di quel numero che sta crescendo a dismisura, è una persona, spesso giovane.…
Esistono esperienze che nessuno vorrebbe mai affrontare, difficili già dal nome, come il Linfoma di Hodgkin, una forma tumorale che colpisce il sistema linfatico. Esistono poi persone, che dopo una diagnosi impietosa, cicli di chemio e ricadute, trovano la forza di rialzarsi, e anche di guardare indietro, per tendere una mano a chi ha ancora tanta strada da fare. Insieme hanno fondato il gruppo Facebook Sconfiggiamo il Linfoma di Hodgkin, dove chi è malato, chi è guarito, ma anche familiari e amici, si incontrano in forma più che virtuale, virtuosa.
Nessuno sa di noi recita il titolo dell’ultimo romanzo di Simona Sparaco, edito da Giunti. Davvero nessuno, perché la scrittrice romana affronta un tema tabù, quello dell’aborto terapeutico. Lo fa svincolata da ogni preconcetto, con una sensibilità rara, capace di cogliere lo sgomento, i dubbi e le speranze della coppia protagonista.
Roberto Milano ha una laurea e quattro lavori precari. Per pagare affitto e bollette fa la comparsa nei film porno, il barista, dà ripetizioni a un ragazzino “stronzetto” e consegna pizze a domicilio. E’, come si dice, un giovane come tanti, il protagonista del romanzo Dimmi che c’entra l’uovo di Fabio Napoli, edito da Del Vecchio, definizione in cui si legge l’indifferenza, e forse anche il disprezzo, verso una generazione a cui sono stati lasciati i rifiuti di chi li ha preceduti: un tempo in cui sono stati aboliti i sogni, un mondo di sicura incertezza.