Linfoamici art

Primo Raduno LinfoAmici

Linfoamici artCerte vittorie hanno un valore particolare. Specialmente se arrivano dopo aver combattuto a lungo e duramente. Specialmente se il nemico incute paura già dal nome: linfoma di Hodgkin.
Le battaglie sono sfiancanti: chemioterapia, radioterapia, trapianto di midollo osseo. Solitamente durano anni, e lasciano il segno nel corpo, ma anche nell'anima. Solo chi ci è passato può capire davvero.

E' per questo che da qualche anno è nato su Facebook il gruppo Sconfiggiamo il linfoma di Hodgkin, dove chi sta combattendo può condividere la propria esperienza con qualcun altro che sta facendo lo stesso, e dove sconfitte, guarigioni e ricadute non sono mai vissute da soli.

Verrebbe da pensare che una volta guariti si abbia solo voglia di dimenticare. Invece, dopo il loro incontro virtuale, quattro fuori dal comune hanno deciso di mettere la propria esperienza al sevizio degli altri. Si chiamano Elena Carlini (autrice del toccante romanzo autobiografico Le mie perle di plastica), Giulia Chellini, Rossella Piccini e Tiziana Mendolia.
Insieme hanno organizzato il Primo Raduno LinfoAmici, che si terrà a Roma il 26 maggio alle ore 16 a piazza Navona, con l'intento di aumentare la sensibilizzazione su una malattia verso la quale esistono ancora tanti pregiudizi.
“Il cancro non è contagioso, l'amore sì” è lo slogan della manifestazione, che ha luogo con il patrocinio di AIL (Associazione Italiana Leucemie, Linfomi e Mielomi) e ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo).
Il Raduno LinfoAmici promette di ripetersi ogni anno, fino a quando, in un futuro che speriamo sia il più vicino possibile, il nemico non farà più paura.

Come siete entrate a far parte del gruppo di Facebook dei LinfoAmici?
Giulia Chellini: Credo che ogni linfoAmico presente nel gruppo si sia ritrovato a farne parte spinto dalla necessità di condividere il suo percorso e la sua lotta con qualcuno che potesse capire fino in fondo il suo stato d'animo, i suoi timori e le sue preoccupazioni.
Tra LinfoAmici ci si sostiene a vicenda: è questo l'obiettivo del gruppo. Da noi si trovano affetto, comprensione, si discute delle proprie terapie, ci si confronta sui propri percorsi. C'è chi è più forte e interviene là dove vede che qualcuno cede al panico o alla preoccupazione; ci si scambia consigli, dai rimedi per il bruciore alla gola post-radio alle informazioni sulle terapie e trapianto. Ci si incoraggia nei momenti di sconforto quando inevitabilmente ci si chiede “Perché proprio a me?”, si gioisce per l'annuncio di esiti negativi o per la fine delle terapie, si sprona chi ha perso la fiducia, ci si addolora quando qualcuno non ce la fa e si cerca di trovare la grinta di andare avanti per rispetto di chi non può più combattere.
Sembrerà strano però nel gruppo c'è anche chi ha vinto già la sua battaglia ma non può rimanere indifferente verso chi ancora è nel pieno della guerra!  

Ad un certo punto avete deciso di non essere più solo un gruppo di Facebook, ma di organizzare un evento pubblico a Roma, il Primo Raduno LinfoAmici. Perché?
Tutte: Prima di tutto per conoscerci. Nel gruppo abbiamo stretto legami di amicizia così forti che ci sembra di essere amici da sempre, anche se non ci siamo mai visti.
E poi per coinvolgere nel nostro mondo anche chi ha avuto la fortuna di non dover vivere una cosa del genere. Abbiamo moltissimo da dire agli “altri”, moltissimo da raccontare e abbiamo bisogno che questa malattia non sia solo un nome un po' strano per una malattia sconosciuta, ma sia un avversario comune, da sconfiggere tutti insieme.
La cosa peggiore è la solitudine. Per una strana vergogna o per chissà quale altro motivo, molti malati di cancro non raccontano a nessuno la propria sofferenza e affrontano tutto da soli.
Noi vogliamo che nessuno, mai più nessuno debba essere solo.
L'iniziativa principale sono i “Free Hugs”, gli abbracci! Saremo noi malati, con le mascherine sul volto, ad abbracciare i passanti.
In questo modo speriamo di superare la naturale diffidenza che abbiamo sempre letto negli occhi degli altri che ci vedevano pelati e con le mascherine in faccia!
“Il cancro non è contagioso, l'amore si!” questo vogliamo dire a tutti!
Il raduno si terrà a Piazza Navona a Roma il 26 maggio alle ore 16.

Il vostro striscione dice “Il cancro non è contagioso”. Quali sono ancora i maggiori pregiudizi sulla malattia?
Tiziana Mendolia: Si dice che il pregiudizio sia figlio dell'ignoranza. Io credo invece sia tutta questione di pigrizia. Se non hai voglia di chiedere, molte cose non le capirai mai.
Così accade che un malato di cancro parli di trapianto di midollo osseo ad un amico che con la testa fa segno di aver capito, mentre in realtà sta immaginando chissà quali torture fisiche …
Succede anche di fare delle terapie che provocano il crollo delle difese immunitarie e di esser quindi costretti ad indossare una mascherina per proteggersi da germi e batteri quando si sale su un tram o si entra in un negozio. In questo caso gli sguardi che si provocano nella gente vanno dal pietoso al terrorizzato.
Il culmine del pregiudizio lo si raggiunge quasi sempre al momento della diagnosi, quando comunichi la malattia ad un amico, un familiare o un semplice conoscente, perché solitamente, da quel momento in poi, vedranno in te un morto che cammina.
Questo è il re dei pregiudizi, ma fortunatamente la scienza e il progresso in campo medico stanno pian piano abbattendolo …
Lo striscione cui fa riferimento dà voce al disagio che alcuni linfoAmici hanno vissuto nel corso della lotta contro “il grande C”.
Purtroppo se non hai una personalità forte, se non riesci a farti “accettare” dagli altri anche nella nuova versione pelata e smunta e se le persone di cui abitualmente ti circondi hanno un cervello delle dimensioni di un cecio, è possibile che tu venga accantonato, evitato, ignorato, catalogato come mai veramente esistito. Al pari di un malato di colera, peste e lebbra.

Come si può sostenere la vostra battaglia concretamente? E' possibile fare delle donazioni?
Tutte: Periodicamente le associazioni AIL (Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma), ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo) e AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) scendono in piazza con le loro manifestazioni per la raccolta di fondi per sostenere la ricerca e contribuire al miglioramento dell'assistenza ai malati e alle loro famiglie. Si può partecipare anche attraverso donazioni libere (AIL ONLUS c/c n ° 400543111 IBAN IT14M0200805280000400543111; AIRC c/c n ° 1030151 IBAN IT87E0103001656 000001030151; ADMO c/c n ° 20524173 IBAN IT09V030 6909546000020524173) oppure donando il 5×1000 (C.F. AIL 80102390582 – C.F. ADMO 97102080153 – C.F. AIRC 80051890152).
Non dimentichiamo che uno dei modi più importanti per sostenerci concretamente è la donazione di midollo osseo, un semplice gesto che può salvare una vita (per informazioni www.admo.it)

Essere colpiti dal linfoma di Hodgkin, specie se in giovane età, o addirittura da bambini, significa affrontare battaglie durissime: chemioterapia, radioterapia, trapianto di midollo. Adesso state organizzando il Primo Raduno LinfoAmici, altri penserebbero di aver lottato abbastanza, di voler dimenticare. Perché combattere ancora?
Elena Carlini: Perchè chi ha vissuto una cosa del genere è abituato a combattere. Contro la paura, contro la diffidenza altrui, contro l'incomprensione, contro una vita che ci ha traditi. Contro la solitudine, soprattutto.
Quando ero nel pieno delle terapie, mi sono accorta che avevo bisogno delle persone che erano già guarite. Di parlare con loro, di guardare il loro viso sano, i loro capelli, il loro sorriso, per credere davvero che ce l'avrei fatta anche io. E quando sono entrata nel gruppo ho capito che tantissimi, come me, avevano bisogno delle stesse cose, delle testimonianze reali di persone che ce l'avevano fatta. Questo, per un malato di cancro, vale più delle rassicurazioni dei dottori, più di qualsiasi statistica di guarigione. Ho sempre pensato che, quando fossi guarita, avrei voluto essere anche io una testimonianza per tutti quelli che, dopo il momento terribile della diagnosi, si sentono soli e hanno paura di non farcela. Non sono mai uscita dal gruppo, resto con i miei LinfoAmici anche se in tanti mi dicono di dimenticare, di ricominciare da capo, di non pensarci più. Non posso, non possiamo, è un nostro preciso dovere dire a tutti che non sono soli, e che da questa malattia tremenda si può guarire, si può guarire davvero.  

Se vi girate indietro cosa vedete? Se guardate avanti cosa sperate?
Rossella Piccini: Io in realtà non sono la diretta interessata, ma la mamma di un ragazzino che al momento della diagnosi aveva 12 anni. Mio figlio, purtroppo, fa parte di quella piccola percentuale di casi non facili e la nostra battaglia va avanti da ben 3 anni. La diagnosi di una malattia importante ti sconvolge la vita, ancor di più se riguarda tuo figlio, ma ti rendi conto che, se vuoi andare avanti, devi rialzarti e combattere con tutte le tue forze, anche con quelle che non credevi di avere. Sono stati anni molto difficili, anni di isolamento quasi totale dal mondo reale, motivo per cui ti ritrovi davanti ad un pc a cercare qualcuno che sappia capirti e, all'occasione, confortarti. Anni in cui, oltre all'enorme problema della malattia, ti ritrovi ad affrontare una seri e di problemi “minori”(economici,di coppia, di relazione con gli altri, solo per fare un esempio), ma che pesano come macigni e non vengono quasi mai capiti dalla società in cui vivi. Dietro di me vedo solo anni bui, davanti ancora non so cosa mi aspetta, ma so per certo che, grazie a queste meravigliose persone “virtuali” troverò la forza per continuare a combattere. La malattia di mio figlio ha sicuramente cambiato il mio modo di vedere la vita, ed ora vorrei dare un senso a questa “mia” battaglia per la vita. Sarebbe molto bello se in futuro chi si trova in queste situazioni avesse la “vera” solidarietà a portata di mano. Affinché questo avvenga c'è bisogno di informazione, molta. E sta a noi, che abbiamo toccato con mano tanta diffidenza, iniziare a divulgarla. Abbiamo però bisogno di aiuto. Senza contare che, oltre agli ammalati, ne beneficeranno anche i “sani”. Diventeranno delle persone migliori senza bisogno di vivere queste tragedie.

Nella foto: Prof. Chiara Messina, responsabile dei trapianti pediatrici di midollo, Dott. Alessandra Todesco, referente dei linfomi di Hodgkin pediatrici, Prof. Giuseppe Basso, direttore oncoematologia pediatrica di Padova, Rossella Piccini, mamma di Giacomo, Barbara Formentin, mamma di Marta, e Antonella Baccega, anche lei mamma.

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